E se oscurassimo il Sole contro il riscaldamento globale?

La geoingegneria solare propone di riempire l'atmosfera di polveri per schermare i raggi solari, ma non sembra una grande idea

(Dan Kitwood/Getty Images)
(Dan Kitwood/Getty Images)

Nel 1991 il vulcano Pinatubo nelle Filippine produsse una gigantesca eruzione, la seconda più grande del XX secolo, rilasciando nell’atmosfera una grande quantità di fumo e polveri, con conseguenze per l’intero Pianeta. I gas e le polveri oscurarono il cielo: ostacolando in parte i raggi solari fecero diminuire per qualche settimana la temperatura globale di circa mezzo grado Celsius. Secondo i sostenitori della “geoingegneria solare” potremmo ottenere un effetto simile artificialmente, riducendo le conseguenze del riscaldamento globale. La proposta circola da anni e ha sempre ricevuto critiche, soprattutto per la sua scarsa praticità, ma ora una nuova ricerca scientifica ipotizza che a certe condizioni potrebbe funzionare, e con meno effetti negativi secondari rispetto a quanto prospettato finora.

Tenere sotto controllo il riscaldamento globale è la più grande sfida che l’umanità abbia davanti. Le alte quantità di anidride carbonica (CO2) prodotte dalle attività umane hanno contribuito a fare aumentare il cosiddetto “effetto serra”, che impedisce alla Terra di disperdere a sufficienza il calore oltre l’atmosfera, dove la CO2 e altri gas fanno da ostacolo. Con l’Accordo di Parigi, il patto internazionale sul clima più importante degli ultimi anni, i governi del mondo si sono impegnati a mantenere al di sotto dei 2 °C l’aumento della temperatura, rispetto ai livelli pre-industriali, e con un obiettivo ottimale di non superare gli 1,5 °C. I termini dell’Accordo sono stati giudicati troppo ottimistici, considerato che la temperatura globale media è già aumentata di circa 1 °C rispetto ai livelli pre-industriali e che le emissioni di CO2 stanno continuando ad aumentare.

Agli attuali ritmi, la sola riduzione delle emissioni di CO2 potrebbe non essere sufficiente per evitare alcuni effetti del riscaldamento globale, come eventi atmosferici molto più estremi, con prolungati periodi di siccità alternati a grandi alluvioni. Senza mettere in dubbio la necessità di ridurre il più possibile la produzione di nuova CO2, alcuni hanno iniziato a esplorare strade complementari per affrontare il problema in modo più creativo. Ci sono aziende, per esempio, che hanno iniziato a sperimentare sistemi per sottrarre CO2 dall’atmosfera e riciclarla in vario modo, per la produzione di nuovi carburanti, oppure per pomparla sottoterra. Altri, molto più ambiziosi, pensano che si potrebbe ridurre il problema del riscaldamento globale imitando gli effetti delle grandi eruzioni vulcaniche, come quella del 1991 nelle Filippine.

L’idea è di per sé semplice da raccontare, ma molto difficile da mettere nella pratica: disperdere nella stratosfera (il secondo dei cinque strati in cui è convenzionalmente suddivisa l’atmosfera) una grande quantità di polveri per aumentare l’aerosol atmosferico, cioè l’insieme delle particelle e dei corpuscoli che sono sospesi nell’atmosfera. Questa specie di tenda polverosa filtrerebbe parte dei raggi solari, consentendo alla Terra di scaldarsi meno, riducendo quindi il problema della dispersione del suo calore ostacolato dall’effetto serra.

La geoingegneria solare è considerata da molti una proposta balzana, mentre da altri è osteggiata per i potenziali rischi che si porta dietro. Oscurare in parte il Sole potrebbe causare imprevisti periodi di siccità, influire negativamente sui venti in quota e sulle dinamiche che portano alla formazione delle nuvole. Si potrebbero inoltre causare ulteriori diseguaglianze tra i paesi più ricchi, e che hanno quindi più risorse per affrontare i cambiamenti del clima, e quelli più poveri con meno possibilità di controbilanciarne gli effetti.

A oggi nessuno ha sperimentato sul campo su larga scala la produzione di maggiori aerosol atmosferici per oscurare il Sole, ma sono comunque stati prodotti diversi modelli matematici per stimarne costi e benefici nelle simulazioni al computer. Finora si era arrivati a conclusioni piuttosto simili tra loro: gli effetti indesiderati sarebbero talmente tanti da rendere non praticabile questo sistema. Un nuovo studio – realizzato da ricercatori di Harvard, Princeton e MIT – pubblicato sulla rivista scientifica Nature Climate Change sostiene che con il giusto bilanciamento di aerosol si potrebbero ottenere effetti positivi, senza brutte sorprese.

I ricercatori spiegano che tutto risiede nel quanta geoingegneria solare viene utilizzata: l’obiettivo deve essere ridurre di circa la metà l’attuale riscaldamento globale. Per stabilirlo, hanno messo a punto una simulazione al computer ipotizzando livelli di CO2 nell’atmosfera doppi rispetto a quelli dell’epoca pre-industriale, quindi in uno scenario più pessimistico dell’attuale in cui siamo intorno a 1,4 volte. Secondo il loro modello, la giusta quantità di aerosol aggiuntivi potrebbe aiutare la Terra a raffreddarsi e a ridurre fenomeni atmosferici estremi. I benefici sarebbero inoltre diffusi omogeneamente sul Pianeta, e riguarderebbero quindi sia i paesi più ricchi sia quelli poveri e in via di sviluppo.


I risultati sono stati accolti con interesse e sono in effetti incoraggianti, ma è ancora presto per trarne conclusioni che ci rendano ottimisti. Lo studio ha preso in considerazione uno scenario ideale, considerato che secondo le proiezioni più affidabili agli attuali ritmi i livelli di CO2 saranno molto più alti entro la metà del secolo. La ricerca ha inoltre preso in considerazione i soli effetti, senza valutare le difficoltà tecniche da superare per produrre sistemi che rilascino aerosol ad alta quota nella stratosfera.

Nello studio non sono inoltre considerati gli effetti di una maggiore concentrazione di aerosol atmosferisci, perché i ricercatori hanno solamente valutato che cosa accadrebbe alla Terra se si riducesse la quantità di energia che riceve dal Sole. Gli aerosol potrebbero modificare la circolazione atmosferica, con effetti difficili da prevedere.

La possibilità di ricorrere alla geoingegneria solare è stata valutata per la prima volta in modo esteso negli ultimi giorni a Nairobi, in Kenya, dove si è tenuta l’Assemblea sull’ambiente delle Nazioni Unite, che si riunisce ogni due anni per fare il punto su vari aspetti della tutela della Terra e dei suoi ecosistemi. I delegati hanno discusso per diverse ore una proposta presentata dalla Svizzera per valutare pro e contro della geoingegneria solare, ma alla fine l’iniziativa è stata scartata.

Durante l’Assemblea, Arabia Saudita e Stati Uniti si sono opposti alla proposta, chiedendo che il tema fosse affrontato dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), che ha in programma la pubblicazione di un nuovo rapporto sul clima nel 2021. L’IPCC si occupa però di verificare e proporre ai governi le conclusioni scientifiche più rilevanti sul riscaldamento globale, non di valutare specifiche tecnologie e i modi in cui queste dovrebbero essere regolamentate. L’Assemblea poteva essere l’occasione per avviare un dibattito e fare in modo che la comunità internazionale si dotasse di regole comuni in vista di eventuali sperimentazioni della geoingegneria solare, che potrebbero avere conseguenze inattese per alcuni paesi nel caso un governo decidesse di adottarle unilateralmente.

A oggi non esistono comunque ricerche a sufficienza, né strumentazioni adeguate, per mettere in pratica il parziale oscuramento del Sole contro il riscaldamento globale. L’opinione diffusa tra gli scienziati è che i governi e la comunità internazionale dovrebbero concentrare gli sforzi nell’approvazione di leggi, investimenti e soluzioni per ridurre le loro emissioni di anidride carbonica e non peggiorare ulteriormente una situazione ormai già compromessa.