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  • Venerdì 15 febbraio 2019

Se vivete o lavorate fuori dall’eurozona ma dentro l’UE, c’è una buona notizia per voi

Una nuova legge europea ridurrà le commissioni per ritirare soldi o mandare un bonifico verso l'eurozona

(Arne Dedert/picture-alliance/dpa/AP Images)
(Arne Dedert/picture-alliance/dpa/AP Images)

Giovedì il Parlamento Europeo ha approvato la riduzione delle commissioni per i pagamenti transfrontalieri tra i paesi che adottano l’euro e quelli che invece adottano ancora la loro valuta nazionale. La proposta è stata adottata con 532 voti a favore e 22 contrari e ora dovrà essere negoziata con il Consiglio dell’Unione Europea, con cui però è già stata informalmente concordata. L’eurodeputata Eva Maydell, relatrice della proposta, ha detto che questa misura «è la seconda piccola rivoluzione europea dopo l’abolizione del roaming».

Dall’introduzione dell’euro nel 1999, l’Unione ha avviato diverse iniziative per ridurre il costo delle transazioni transfrontaliere, che anche tra i paesi che adottano l’euro hanno costi superiori rispetto alle transizioni che avvengono all’interno dei confini nazionali. Nel 2012 per esempio venne introdotta la SEPA, cioè l’area unica per i pagamenti in euro, per cui effettuare un pagamento elettronico tra due città italiane o tra una città italiana e una francese ha lo stesso costo. Tuttavia i pagamenti che prevedono anche una conversione in euro – effettuati quindi da o verso i paesi che non appartengono all’Eurozona – sono ancora soggetti a tasse elevate. Inoltre, se la propria moneta non è l’euro e si effettua un pagamento con la propria carta o si manda un bonifico o si fa un prelievo in un paese dell’Eurozona, è quasi impossibile sapere esattamente quale sarà il costo della transazione.

«I 150 milioni di cittadini europei e i 6 milioni di imprese che vivono e operano nei paesi al di fuori della Zona euro pagano oneri molto più elevati per il trasferimento di denaro in euro rispetto ai cittadini e alle aziende dell’Eurozona», ha detto Maydell. Con le nuove misure ora si risparmieranno «più di 1 miliardo di euro all’anno».

Le nuove misure eviteranno che i consumatori che vivono nei paesi dove ancora non è stato adottato l’euro come moneta paghino dei costi elevati per le conversioni della valuta. Nel 2017, per esempio, per convertire 100 euro in lev, la moneta della Bulgaria, il costo era di circa 20 euro, mentre per convertirli in sterline la spesa era di circa 10 euro. In futuro, queste commissioni dovranno essere equiparate a quelle in vigore per i pagamenti effettuati con la moneta locale, quindi abbassate sensibilmente.

Con la nuova legge, inoltre, a ogni transazione i consumatori dovranno essere informati prima di effettuare il pagamento dell’importo da pagare alle banche per la conversione degli euro nella loro valuta locale e viceversa. Per rendere i costi di conversione trasparenti, gli oneri di conversione verranno espressi utilizzando un tasso di riferimento della BCE più gli oneri aggiuntivi fissati individualmente dalle banche che effettueranno il servizio.

L’euro oggi è la moneta unica per 340 milioni di europei, ed è utilizzata da 175 milioni di persone fuori dalla zona euro. Dei 28 paesi dell’Unione Europea, però, solo 19 a oggi fanno parte dell’Eurozona: nei trattati è previsto che tutti i paesi che fanno parte del blocco arrivino prima o poi ad adottare l’euro come moneta, rispettando alcuni parametri macroeconomici. A parte Danimarca e Regno Unito – che però a breve non farà più parte dell’Unione – che hanno ottenuto l’esenzione dall’obbligo di aderire all’euro, gli altri paesi che ancora usano la propria valuta nazionale sono la Svezia, la Bulgaria, la Romania, l’Ungheria, la Polonia, la Repubblica Ceca e la Croazia.

Le nuove misure dovrebbero essere approvate in via definitiva entro la fine della legislatura ed entrare in vigore entro la fine del 2019.