“Dio è morto”, la canzone di Guccini: il testo e la storia

La canta stasera Ligabue in omaggio a Francesco Guccini, che la scrisse nel 1965

(ALESSIA PARADISI/ANSA/JI)
(ALESSIA PARADISI/ANSA/JI)

Dio è morto è una canzone di Francesco Guccini che stasera al Festival di Sanremo 2019 ha cantato Luciano Ligabue, uno degli ospiti. Ligabue ha presentato il suo nuovo disco, Start, e ha fatto un omaggio a Francesco Guccini, di cui ha più volte manifestato grande stima e con cui ha lavorato (Guccini ha anche recitato in uno dei suoi film).
Dio è morto, una canzone scritta da Guccini nel 1965: è una canzone di protesta, che parla dei cambiamenti in corso nella società del tempo, del senso di sfiducia in tutto quello che fino a quel momento non era mai stato messo in discussione.
Il testo è ispirato all’Urlo di Allen Ginsberg. L’inizio della canzone di Guccini, infatti, è molto simile all’incipit dell’opera di Ginsberg.
Nel 1967 ne furono registrate due versioni: una dei Nomadi e una cantata da Caterina Caselli (con alcune piccole varianti nel testo).
Il testo di Guccini non contiene elementi contro la religione, al contrario; nonostante questo, la canzone ebbe problemi di censura, e se ne discusse moltissimo. La Rai lo classificò come blasfemo, per il contenuto e per il titolo stesso, e non decise di non mandarla in onda (Radio Vaticana, bizzarramente, invece la trasmetteva).

Questo è il testo integrale:

Ho visto 
La gente della mia età andare via 
Lungo le strade che non portano mai a niente
Cercare il sogno che conduce alla pazzia 
Nella ricerca di qualcosa che non trovano 
Nel mondo che hanno già, dentro alle notti che dal vino son bagnate 
Lungo le strade da pastiglie trasformate
Dentro le nuvole di fumo del mondo fatto di città
Essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà 
E un dio che è morto
Ai bordi delle strade, dio è morto
Nelle auto prese a rate, dio è morto
Nei miti dell’estate, dio è morto
Mi han detto 
Che questa mia generazione ormai non crede 
In ciò che spesso han mascherato con la fede 
Nei miti eterni della patria o dell’eroe 
Perché è venuto ormai il momento di negare 
Tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura
Una politica che è solo far carriera
Il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto
L’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto 
E un dio che è morto
Nei campi di sterminio, dio è morto
Coi miti della razza, dio è morto 
Con gli odi di partito, dio è morto
Ma penso 
Che questa mia generazione è preparata 
A un mondo nuovo e a una speranza appena nata
Ad un futuro che ha già in mano
A una rivolta senza armi
Perché noi tutti ormai sappiamo 
Che se dio muore è per tre giorni e poi risorge
In ciò che noi crediamo, dio è risorto
In ciò che noi vogliamo, dio è risorto
Nel mondo che faremo, dio è risorto