Il latte che non è latte

Le bevande a base di cocco, soia, mandorla (etc) inquinano molto ma molto meno del latte, anche se non possono essere chiamate "latte"

(Chris Urso/Tampa Bay Times via ZUMA Wire/ ANSA)
(Chris Urso/Tampa Bay Times via ZUMA Wire/ ANSA)

Negli ultimi anni il mercato alimentare si è popolato di alternative vegetali al latte di mucca, che erroneamente vengono chiamate comunque “latte” (una sentenza della Corte di Giustizia europea dice che solo i prodotti di derivazione animale possono essere chiamati “latte”). Sempre più persone infatti scelgono le bevande a base di cocco, soia, mandorla, avena o riso come alternativa più salutare – nel caso di intolleranze o allergie – ed etica al latte vaccino.

Queste bevande sono consumate in particolare da chi ha sviluppato un’intolleranza al lattosio oppure segue una dieta vegana e non mangia prodotti di derivazione animale. Come spiega BBC, però, c’è un’altra ragione per preferire queste bevande al latte di mucca: uno studio dell’università di Oxford ha mostrato che le emissioni di anidride carbonica (CO2) – il principale gas serra responsabile del riscaldamento globale e immesso in grandi quantità nell’atmosfera soprattutto con le attività umane – sono fino a tre volte superiori nella produzione di latte di mucca che nella produzione dei sostitutivi di origine vegetale, e che in generale la produzione di queste bevande è ecologicamente più sostenibile.

Anche se spesso viene dato per scontato, una delle principali cause dell’inquinamento e del riscaldamento globale è l’industria alimentare, che contribuisce a circa un quarto delle emissioni di anidride carbonica e gas serra. Di questo quarto, la maggior parte è causata dalla produzione di carne e di altri derivati animali, come latte e latticini. L’impatto ambientale della produzione di latte è molto elevato sia per quanto riguarda le emissioni di CO2 che lo sfruttamento del terreno e il consumo di acqua. Produrre un bicchiere di latte richiede 650 metri quadrati di terreno, circa 10 volte di più di quanti ne servano per produrne, per esempio, uno di “latte” di avena. Consumare un bicchiere di latte al giorno per un anno emette anidride carbonica tanto quanto guidare un’automobile a benzina per 941 chilometri e per produrlo sono necessari 125 litri di acqua (per un bicchiere di latte di mandorla ne servono 74 litri, per uno di “latte” di riso 54). Preferire una di queste bevande significa ridurre il consumo annuale di acqua di almeno ventimila litri.

In termini di valori nutritivi, però, le bevande di origine naturale variano molto in base alla loro produzione, e per alcune fasi della crescita in particolare è preferibile continuare a consumare il latte di mucca (a meno che non ci siano controindicazioni di natura medica). In ogni caso è sempre meglio consultare un pediatra esperto di alimentazione vegetariana e vegana per evitare una dieta squilibrata nei primi anni di crescita dei bambini.

In media, un bicchiere di latte intero contiene all’incirca otto grammi di proteine e circa un terzo del calcio che si dovrebbe assumere quotidianamente; inoltre è ricco di potassio, vitamina B12, A e D. Il “latte” di soia contiene più o meno le stesse proteine del latte di mucca ma è povero di calcio, che può essere aggiunto in fase di produzione con degli additivi. Gli esperti, però, non sono concordi sul fatto che gli additivi vengano poi assorbiti dal corpo umano durante il consumo, come succede per le proteine e il calcio naturalmente presenti nel latte vaccino. Le mandorle e altre noci da cui si ricava una bevanda simile al latte, come la macadamia, sono naturalmente ricche di proteine e calcio, che però vengono persi nel processo di estrazione e produzione del latte. Grassi e zuccheri sono solitamente molto alti nelle bevande di origine vegetale, ma variano comunque da prodotto a prodotto.

Alcuni produttori aggiungono anche la gomma di guar e polisaccaridi come la carragenina per rendere la loro bevanda più cremosa e simile al latte di mucca. Alcuni di questi additivi possono contenere allergeni e non sono indicati per il consumo dei bambini. In questo caso, BBC consiglia ai suoi lettori di diventare esperti “lettori di etichette” per trovare il prodotto che più soddisfa le proprie esigenze.