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  • Domenica 16 dicembre 2018

Dove ci si fa “giustizia” da soli

In America Latina – la regione più violenta del mondo – c'è sempre meno fiducia nella polizia e nella giustizia, e ogni giorno avvengono pestaggi e linciaggi truculenti

Un uomo legato a un albero in una piazza di Espigao d'Oeste, nello stato brasiliano di Roraima, prelevato dalla polizia dopo un tentativo di linciaggio, 10 aprile 2004 (Photo/Carlos A.Tesch, Agencia O Globo)
Un uomo legato a un albero in una piazza di Espigao d'Oeste, nello stato brasiliano di Roraima, prelevato dalla polizia dopo un tentativo di linciaggio, 10 aprile 2004 (Photo/Carlos A.Tesch, Agencia O Globo)

L’America Latina è la regione più violenta al mondo, con i più alti indici di omicidi e impunità. Ogni giorno vengono uccise circa 400 persone – un terzo di tutte quelle uccise nel mondo – e in meno del 20 per cento dei casi viene trovato il colpevole. Le violenze non sono legate solo alle attività delle bande criminali ma anche alla scarsissima fiducia verso la polizia e i tribunali, che ha provocato la diffusione dei linciaggi pubblici. Negli ultimi anni è successo più volte che terribili storie di linciaggi finissero sulle prime pagine dei giornali della regione, finora però le autorità non sono riuscite a limitare il fenomeno.

Solitamente, ha raccontato un articolo del Wall Street Journal, i linciaggi pubblici in America Latina (ma non solo) funzionano così: un gruppo di amici, parenti o vicini di casa che assistono a un crimine o ne vengono informati da messaggi su WhatsApp vanno a caccia del presunto colpevole, lo portano in un luogo pubblico, lo torturano e poi lo uccidono con qualsiasi oggetto a portata di mano che possa essere usato come arma. La polizia non viene chiamata quasi mai e il linciaggio viene visto come il sistema più rapido e sicuro per punire il presunto colpevole di un furto, un omicidio o uno stupro.

Il paese latinoamericano in cui sono più diffusi i linciaggi è il Brasile, dove ogni giorno si registra un caso diverso. Molte delle storie raccontate dalle televisioni e dai giornali locali sono terribili e impressionanti.

A maggio scorso, per esempio, durante una festa in un parco di Brasilia, la capitale del Brasile, un gruppo di una ventina di adolescenti picchiò e uccise un 16enne di nome Victor accusato di avere rubato un iPhone a una ragazza. La folla attorno alla ragazza incolpò Victor senza alcuna prova. Lo spinse per terra e iniziò a picchiarlo. Poco dopo si aggiunsero alle violenze altri adolescenti che credettero – di nuovo senza alcuna prova – che Victor avesse rubato gli occhiali da sole a uno di loro. Secondo la ricostruzione della polizia, una ragazza colpì Victor ripetutamente tra le costole con un cacciavite, prima che un uomo lo accoltellasse al cuore. Nessuno, durante il pestaggio, verificò se Victor avesse addosso gli oggetti rubati. Nessuna delle cento persone che assisterono all’assalto intervenne per fermare la folla. A mesi dal linciaggio di Victor, ha raccontato il Wall Street Journal, suo padre, Iris de Melo, è ancora sotto shock: «Nemmeno un animale farebbe una cosa del genere a un essere della sua specie».

Il linciaggio più famoso compiuto in Brasile, uno dei pochi in cui furono individuati i responsabili, risale al 2014. Un giorno di maggio Fabiane Maria de Jesus, madre di due bambini, stava camminando su una spiaggia di Guarujá, una meta turistica molto popolare, quando una folla di persone si avvicinò accusandola di avere rapito dei bambini. Da qualche giorno circolava un post su Facebook secondo cui una donna bionda che aveva con sé un libro satanico era responsabile della sparizione di alcuni bambini della zona: Fabiane Maria de Jesus era bionda e nel momento dell’attacco aveva in mano una Bibbia. Circa 100 persone iniziarono a picchiarla, mentre un altro migliaio si fermò a guardare senza intervenire: de Jesus morì poco dopo. Cinque uomini furono condannati per l’attacco e un deputato locale si impegnò a proporre una legge per introdurre pene più gravi per i responsabili dei linciaggi. Sono passati quattro anni da allora: la legge è stata proposta ma il Parlamento brasiliano non l’ha ancora votata, e i linciaggi sono continuati.

Secondo i dati raccolti dal sociologo brasiliano José de Souza Martins, principale e più citato esperto di linciaggi in Brasile, negli ultimi 60 anni circa un milione e mezzo di brasiliani ha preso parte a linciaggi.

I linciaggi, comunque, non sono un fenomeno solo brasiliano. Ad aprile gli abitanti di un piccolo paese dell’Amazzonia peruviana hanno accusato un turista canadese dell’omicidio di uno sciamano locale: gli hanno messo un cappio attorno al collo, lo hanno trascinato per strada per diversi metri e poi lo hanno ucciso. Ad agosto in Messico un ragazzo di 21 anni e suo zio sono stati accusati di avere rapito dei bambini: un video mostra come i due siano stati ricoperti di benzina da una folla inferocita e siano stati bruciati vivi. Uno dei linciaggi più strani e impressionanti degli ultimi anni fu compiuto in Bolivia la notte di Capodanno del 2016, quando una donna e i suoi due figli furono accusati di avere rubato delle auto. I tre furono legati a un albero infestato di formiche di fuoco velenose, che morsero il collo della donna fino a provocarle la morte per soffocamento.

Tra i motivi che spiegano l’alto numero di linciaggi ci sono una diffusa cultura della violenza, soprattutto nelle zone più periferiche e povere delle grandi città latinoamericane, e una scarsissima fiducia nella risposta della polizia e del sistema giudiziario. La Corte Suprema brasiliana, per esempio, deve ancora esprimersi come tribunale di ultimo grado su 44mila casi risalenti al 1969. Secondo Gema Santamaría, esperta e consigliera dell’ONU sulla questione, in una società ossessionata dalla violenza i linciaggi sono «atti catartici destinati a ristabilire l’ordine», che però producono solo più ingiustizie e insicurezze, visto che i responsabili delle violenze non vanno quasi mai a processo. Un altro problema riguarda le scarse risorse delle polizie nazionali, che spesso non sono attrezzate per affrontare la delinquenza. Se si considera di nuovo il Brasile, si osserva una situazione di grave emergenza: tra il 2014 e il 2016 il paese attraversò una profonda recessione che lasciò molti stati brasiliani virtualmente in bancarotta, costringendo i governi a sospendere il pagamento degli stipendi dei poliziotti e a lasciarli senza le risorse minime per svolgere il loro lavoro, come le munizioni.

In Brasile questa idea di “farsi giustizia da sé” è oggi molto comune e secondo diversi osservatori avrebbe contribuito all’elezione a nuovo presidente di Jair Bolsonaro, politico di estrema destra che durante la campagna elettorale ha detto più volte che vorrebbe dare alla polizia la libertà di uccidere i sospetti criminali, che lui definisce «esseri umani non normali» che devono essere sterminati. Situazioni come quella brasiliana, anche se meno gravi, si sono sviluppate in altri paesi latinoamericani, con dinamiche simili, e al momento non sembrano esserci molti margini affinché la situazione cambi.

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