Il processo a Virginia Raggi finisce oggi

La sindaca di Roma è accusata di falso: se sarà condannata il regolamento del Movimento 5 Stelle la obbliga a dimettersi

(ANSA/ MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/ MASSIMO PERCOSSI)

Sabato 10 novembre il tribunale di Roma annuncerà la sentenza nel processo di primo grado per falso che coinvolge la sindaca di Roma, Virginia Raggi. Se dovesse essere condannata, Raggi rischia da uno a sei anni di prigione. Ma non è questo quello che potrebbe diventare il suo principale problema: secondo il codice etico del suo partito, il Movimento 5 Stelle, Raggi è tenuta a dimettersi in caso di condanna di primo grado. Diversi dirigenti del Movimento, come il capo politico Luigi Di Maio e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, hanno lasciato intendere nel corso degli ultimi giorni che in caso di condanna non sarà fatta alcuna eccezione per la sindaca.

Le dimissioni del sindaco non sarebbero un problema piccolo. Farebbero cadere automaticamente il consiglio comunale e il governo dovrebbe nominare un commissario con il compito di guidare la città fino alle elezioni che sarebbero probabilmente fissate per l’inizio dell’anno prossimo, al più tardi in coincidenza con le elezioni europee di maggio (come avvenne nell’ottobre del 2015 in seguito alle dimissioni del sindaco Ignazio Marino).

Il processo contro Raggi è iniziato lo scorso giugno con la formula del giudizio immediato richiesto dalla sindaca (il giudizio immediato serve essenzialmente ad accorciare i tempi del processo). Raggi è accusata dai magistrati di aver dichiarato il falso al responsabile anticorruzione del comune di Roma in occasione del trasferimento di un dirigente ad un altro incarico. Il dirigente in questione si chiama Renato Marra e venne trasferito dalla polizia municipale alla direzione del Dipartimento turismo, con un conseguente cospicuo aumento di stipendio. All’epoca, il braccio destro e principale consigliere della sindaca era il fratello di Renato, Raffale Marra, successivamente accusato di corruzione e arrestato per una vicenda precedente che non ha a che fare con la sindaca Raggi.

Secondo i magistrati, Raffaele Marra fece pressioni sulla sindaca affinché questa trasferisse il fratello Renato all’incarico più remunerativo. Visto che la sindaca dichiarò ufficialmente al responsabile dell’anticorruzione di aver nominato Marra in “autonomia” la sindaca, secondo i magistrati, avrebbe commesso il reato di “falso”. Inizialmente la sindaca era accusata anche di abuso d’ufficio perché avrebbe commesso irregolarità nella nomina di Marra, accusa successivamente archiviata.

In sostanza, i magistrati accusano Marra di aver in qualche misura imposto la nomina del fratello alla sindaca che quindi non avrebbe agito in piena autonomia, pur dichiarando di averlo fatto e compiendo così il reato di falso. Raggi ha risposto alle accuse confermando di aver agito in autonomia e dichiarando che Marra collaborò al processo di nomina del fratello soltanto perché firmare i relativi documenti faceva parte del ruolo che all’epoca ricopriva in comune (quello di capo del personale).

Per queste ragioni, la procura si è concentrata nel cercare dimostrare l’esistenza di un rapporto di subalternità della sindaca nei confronti del capo del personale Marra. Proprio in questo senso è andata l’ultima testimonianza prima della sentenza, ascoltata oggi dai giudici del tribunale di Roma. A essere interrogata è stata Carla Romana Raineri, giudice della Corte d’Appello di Milano all’epoca capo di gabinetto del comune. Fu proprio Romana Ranieri a presentare l’esposto contro Marra e Raggi che ha dato inizio al processo che si concluderà domani. Questa mattina, davanti ai giudici, l’ex capo di gabinetto ha raccontato: «Marra aveva un fortissimo ascendente su Raggi. Lo chiamavano Rasputin, laddove la sindaca era paragonabile alla zarina. Chiunque si fosse messo di traverso avrebbe fatto una pessima fine».

Raineri, Marra e Raggi lavorarono insieme soltanto per alcune settimane nell’estate del 2016, poco dopo la vittoria di Raggi alle elezioni comunali che si tennero nel giugno di quell’anno. Dopo una serie di scontri con il capo del personale – chiese anche a Raggi di cacciare Marra – Raineri si dimise il 31 agosto, insieme all’assessore al bilancio Marcello Minenna e ad altri dirigenti del comune.