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Soldati delle Forze Democratiche Siriane vicino a Hassakeh, a nord di Hajin. (DELIL SOULEIMAN/AFP/Getty Images)

Inizia la battaglia per riconquistare l’ultima città controllata dall’ISIS

È la città siriana di Hajin, dove la ritirata non è possibile e sono intrappolati migliaia di civili: e in ogni caso, dopo non sarà finita

Le Forze democratiche siriane (SDF), una coalizione di arabi e soprattutto di curdi appoggiata dagli Stati Uniti, hanno cominciato lunedì un’offensiva per riprendere la città di Hajin, nella Siria orientale, considerata l’ultima vera roccaforte dello Stato Islamico (o ISIS). Sarà una battaglia lunga e importante, e potrebbe essere l’ultima per riconquistare una città dallo Stato Islamico. Se si concluderà con un successo della coalizione, significherà che l’ISIS avrà perso uno degli ultimi territori, se non l’ultimo, su cui esercita un vero controllo: ma questo non significa che l’organizzazione terroristica sia quasi sconfitta, avvertono gli esperti.

Hajin è una città di circa 60mila abitanti nella valle del fiume Eufrate, e si stima che i miliziani da quelle parti siano tra i 1.500 e i 2.500. Le Forze Democratiche Siriane hanno attaccato Hajin dopo aver liberato dalla presenza dell’ISIS le aree a nord e a sud della città negli ultimi quattro mesi. Gli Stati Uniti forniranno il supporto aereo. Ci si aspetta che la battaglia duri diversi mesi, e questo potrebbe sembrare strano se si pensa che altre città più grandi furono riconquistate nel giro di qualche giorno. Ma a Hajin sono rimasti i miliziani più «irriducibili», ha spiegato al New York Times un colonnello americano portavoce dell’operazione militare: «quelli che non hanno un posto dove andare». In passato, i miliziani dell’ISIS organizzarono delle ritirate strategiche, per conservare i propri uomini e collocarli altrove: questa volta, la ritirata non è possibile.

L’ISIS per questo ha intrappolato la popolazione civile nella città con posti di blocco e cecchini, sapendo che questo ostacolerà l’offensiva della coalizione, che vuole ridurre al minimo le vittime civili. Le immagini aeree mostrano che i miliziani hanno piazzato mine antiuomo intorno alla città, e costruito diversi tunnel che collegano vari punti della città, e che nascondono denaro e munizioni.

Due soldatesse delle Forze Democratiche Siriane vicino a Hassakeh, a nord di Hajin. (DELIL SOULEIMAN/AFP/Getty Images)

Quando lo Stato Islamico era un vero stato, controllava un vasto territorio tra Iraq e Siria. Nell’estate del 2014, aveva il controllo su una popolazione di circa 12 milioni di persone, da cui riscuoteva le tasse e a cui forniva i servizi pubblici. Stipendiava i suoi funzionari e i suoi soldati, aveva i propri uffici, e funzionava come un vero governo, disponendo anche di ampie risorse per sviluppare nuovi armamenti e per estendere il proprio programma di reclutamento online.

Oggi la situazione è molto cambiata: secondo l’esercito americano, l’ISIS controlla un territorio pari all’1 per cento di quello un tempo governato tra Iraq e Siria, nel quale la città di Hajin è l’unica vera roccaforte. Ci sono ancora delle zone perlopiù desertiche nelle quali sono stanziati altri miliziani dell’ISIS, a est e a nord ovest di Hajin, che però non sono davvero governati dall’organizzazione.

Questo però non significa che l’ISIS non sia più una minaccia. Oltre ad aver aumentato la propria presenza in Asia e in Africa, continua a contare su migliaia di miliziani: secondo le stime del Dipartimento della Difesa americano e dell’ONU sono tra i 20 e i 30mila tra Siria e Iraq, cioè più o meno quanti ne aveva nel 2014. Oltre a questi, ce ne sono altre migliaia sparsi nel mondo. Anche la CIA ha una stima simile, anche se secondo il New York Times i funzionari del Pentagono e della Casa Bianca sostengono che il numero vero sia di molto inferiore. Ma uno studio di prossima pubblicazione del Center for Strategic and International Studies conferma le stime più alte, indicando in 25mila i miliziani dell’ISIS.

Queste valutazioni hanno contribuito a far cambiare idea all’amministrazione Trump, che fino a pochi mesi fa voleva il ritiro delle truppe statunitensi dalla Siria. A fine agosto è stato diffuso un messaggio audio del leader dello Stato Islamico Abu Bakr al Baghdadi, che aveva così smentito le solite voci che lo davano per morto. La localizzazione di al Baghdadi non è nota, ma si pensa che ad Hajin si siano rifugiati alcuni dei capi dell’ISIS.

La situazione attuale in Iraq e in Siria: l’ISIS, indicato con il grigio scuro, controlla ancora due aree vicino al confine tra Iraq e Siria, ma rispetto a due anni fa ha perso più del 90 per cento dei suoi territori. In rosso sono indicate le forze governative siriane e i suoi alleati, e le forze irachene; in giallo i curdi, in verde i ribelli (Liveuamap)

Anche se lo Stato Islamico non è più uno stato ma qualcosa di più simile a una rete clandestina di gruppi estremisti e jihadisti, che combattono usando tecniche terroristiche e di insurgency, e anche e se il progetto del califfato sembra definitivamente fallito, l’organizzazione terroristica è ancora una grande minaccia. Esiste dal 2003, ma ha controllato porzioni significative di territorio soltanto per quattro anni: secondo gli esperti, quindi, l’ISIS tornerà a essere quello che era prima di cambiare nome e autoproclamare il califfato. Nei suoi primi dieci anni di vita, quando non controllava nessuna città importante, l’ISIS ha compiuto moltissimi attentati uccidendo migliaia di persone tra civili e soldati. In passato, poi, si è già dimostrato capace di riprendersi da gravi sconfitte: nel 2011 era arrivato ad avere circa 700 miliziani secondo le principali stime.

L’esperta di terrorismo islamico Rukmini Callimachi ha spiegato che la potenza dell’ISIS si calcola in base a tre fattori: l’estensione del territorio controllato, il numero di miliziani e la frequenza degli attacchi. Anche se il primo valore scende a zero, gli altri sono ancora alti: oltre ai miliziani sparsi tra Iraq e Siria, il gruppo è ancora capace di ispirare attacchi nei paesi arabi e occidentali. In Iraq, sette mesi dopo che il governo aveva annunciato la sua completa sconfitta, l’ISIS ha sorpreso gli osservatori per la velocità con cui è tornato a dimostrare la sua presenza.

Nelle ultime settimane ha compiuto attacchi soprattutto nelle zone irachene dove il governo fatica a imporre il proprio controllo, e in particolare nel triangolo di territori che si estende tra le province di Diyala, Kirkuk e Salahuddin. Decine di persone, tra cui funzionari governativi locali e capi villaggi, sono stati sequestrati e uccisi da combattenti affiliati allo Stato Islamico, e molte infrastrutture sono state distrutte.

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