L’ONU non ha dichiarato nessuna guerra ai prodotti italiani

E i responsabili della diffusione della notizia infondata – commentata con sdegno da politici e associazioni di categoria – sono i giornali

Da un paio di giorni diversi giornali italiani parlano con preoccupazione e allarmismo di una presunta campagna dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’agenzia dell’ONU che si occupa di salute, contro “parmigiano, prosciutto crudo, olio e altre eccellenze italiane”, per usare le loro parole. L’OMS, hanno riportato questi giornali, avrebbe paragonato questi prodotti all’alcol e al fumo, e starebbe pensando a tassazioni speciali e all’imposizione di etichette simili a quelle delle sigarette. Non c’è niente che sostenga questa teoria, e l’OMS ha smentito la notizia, che però nel frattempo era stata riportata dai principali giornali italiani con sensazionalismo e toni polemici, e commentata da ministri, politici e associazioni di categoria: che di fatto hanno protestato e annunciato barricate per una notizia che non sembra avere nessun tipo di fondamento.

La polemica è cominciata per via di un articolo del Sole 24 Ore pubblicato in prima pagina martedì, intitolato: “Onu, agroalimentare sotto accusa. «Parmigiano e olio come il fumo»”. Nel pezzo non c’è nessuna indicazione sulla provenienza del virgolettato. L’articolo comincia dicendo che «il parmigiano reggiano, il Prosciutto di Parma, ma anche la pizza, il vino e l’olio d’oliva. Tutti rischiano di fare la fine delle sigarette: tassati, e con tanto di immagini raccapriccianti sulle confezioni per ricordare che “nuocciono gravemente alla salute”». Secondo l’articolo, queste possibilità sarebbero in discussione all’OMS in vista di un’assemblea dell’ONU – in programma a New York per il prossimo settembre – sulle malattie non trasmissibili.

Non è chiaro dove il Sole 24 Ore abbia preso queste informazioni, visto che non cita fonti all’interno dell’OMS né fa riferimento ad atti ufficiali. In molti, approfondendo, hanno concluso che alla base dell’articolo ci fosse un documento chiamato Time to Deliver, pubblicato online lo scorso giugno e contenente le raccomandazioni e le indicazioni di una commissione speciale in vista dell’assemblea di settembre. Il documento, però, non contiene nessun riferimento al Parmigiano reggiano, al prosciutto crudo o a qualsiasi altro prodotto agroalimentare italiano, né tantomeno vengono suggerite tasse o “immagini raccapriccianti”.

Ci sono un paio di passaggi che potrebbero essere quelli da cui è partita la polemica, ma dicono cose molto diverse da quelle riportate dai giornali italiani. A pagina 23 (PDF), si consiglia in modo vago ai governi nazionali di collaborare coi produttori di «bevande non alcoliche e cibo» per quanto riguarda «l’etichettatura e la regolamentazione della commercializzazione» di quei prodotti. Il documento dice poi che i governi dovrebbero «limitare la commercializzazione di prodotti non salutari (quelli contenenti una quantità eccessiva di zuccheri, sale, grassi saturi e trans) ai bambini». In un ultimo punto, la commissione dell’OMS dice che «incentivi e disincentivi fiscali dovrebbero essere presi in considerazione per incentivare stili di vita salutari, promuovendo il consumo di prodotti sani e limitando la commercializzazione, la disponibilità e il consumo di prodotti non salutari». In una nota, poi, si parla vagamente della possibilità di migliorare le indicazioni sulle etichette per indicare la quantità di sale nei prodotti. Il documento non paragona nessun alimento al fumo né menziona mai i prodotti italiani (come qualsiasi altro tipo di prodotto specifico).

Nonostante questo, l’articolo del Sole 24 Ore – che è ancora online e non è stato corretto né modificato – è stato ripreso senza alcuna verifica da molti altri giornali, a partire dal Corriere della Sera (“Onu contro il parmigiano: troppi grassi e sale”), che cita vagamente il documento dell’OMS e poi attribuisce le informazioni sui prodotti italiani al Sole 24 Ore, riproponendo la teoria delle etichette speciali.

Lo stesso articolo, diversi paragrafi più in basso, riporta però la smentita di Francesco Branca, direttore del dipartimento di nutrizione dell’OMS, all’ANSA: «Le notizie di bollini neri dell’OMS su tale o tale alimento non sono corrette», ha detto Branca, aggiungendo che «l‘OMS non criminalizza determinati alimenti ma raccomanda politiche che promuovano un consumo parsimonioso degli alimenti che hanno alti contenuti di sodio, zuccheri o grassi saturi». Branca ha detto che tra le misure suggerite (suggerite) potrebbe (potrebbe) esserci «un’etichettatura dei prodotti in grado di fornire chiare informazioni sul loro contenuto», aggiungendo che «anche le politiche dei prezzi possono essere utili: in particolare, se prodotti non sani sono disponibili a prezzi bassi è più alta la probabilità che il loro consumo aumenti». Contattata dal Post, l’OMS ha confermato la versione di Branca. Non si raccomandano “etichette raccapriccianti” né tassazioni speciali; e in ogni caso non ci sarà nessuna imposizione. Nessuna guerra all’agroalimentare italiano, in pratica.

Molti altri giornali hanno riportato la notizia, in alcuni casi citando nel testo la smentita ma dando conto della presunta battaglia dell’OMS contro i prodotti italiani nel titolo: tra gli altri ci sono stati Repubblica (“Lotta Onu a grassi e sale: “Nuociono gravemente alla salute”. Ma nessuna etichetta per il parmigiano”), Il Fatto Quotidiano (“Parmigiano e prosciutto, polemica per le etichette chieste dall’Onu. Retromarcia: no voto, è dichiarazione politica (per ora)”), il Giornale (“«Il parmigiano come il fumo» L’assurda crociata dell’Oms che penalizza il made in Italy”) e Messaggero (“Guerra Onu a grassi e sale: «Parmigiano e prosciutto come il fumo, serve l’etichetta»”). Gli stessi articoli, in diversi casi, spiegano che anche nel caso in cui l’OMS volesse davvero “dichiarare guerra al Parmigiano”, potrebbe soltanto suggerire delle misure ai governi: non ha nessun potere di imporre tassazioni o etichettature speciali, insomma.

Su Twitter, il giornalista di La7 Luca Telese ha aggiunto un ulteriore dettaglio, secondo cui l’ONU vorrebbe «imporre una tassa del 20% su olio, grana, parmigiano e prosciutto». Il tweet è stato retwittato oltre 600 volte: Telese ha spiegato di avere usato come fonte il Sole, dove però non si parla di questa tassa (o meglio: se ne parla come ipotesi avanzata in uno studio scientifico, e non come proposta dell’OMS).

L’articolo del Corriere è stato ripreso dal ministro dell’Interno Matteo Salvini sulla sua pagina Facebook, dove ha scritto: «All’Onu sono matti, giù le mani dai prodotti italiani». Anche il ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio ha commentato allarmato la notizia, dicendo che «Se così fosse siamo alla pazzia pura. Ritengono che facciano bene alla salute prodotti come la Coca Cola o altri perché light e poi ci condannano il Parmigiano o altri prodotti dell’enogastronomia italiana. Su questo faremo una battaglia molto dura».

Altre proteste intorno alla notizia, già smentita, sono arrivate da Coldiretti, da vari senatori (tra gli altri Giancarlo Serafini di Forza Italia, vicepresidente della Commissione Agricoltura, e Lucia Borgonzoni della Lega), dall’Associazione industriali delle carni e dei salumi, dal presidente di Federalimentare Luigi Scordamaglia.

 

Aggiornamento: venerdì sera il Sole 24 Ore ha pubblicato sul suo sito un nuovo articolo di spiegazioni su cosa avesse indotto alle conclusioni dell’articolo in questione. La sintesi più esauriente è questa.

Per riassumere, a beneficio di chi ci ha accusato di aver propalato fake news: è ovvio che l’Onu non cita espressamente nei suoi documenti i prodotti italiani nè dice che sono come il fumo. Il fatto vero è che, per composizione e proprietà nutritive, molti nostri prodotti rischiano di rientrare nel perimetro dei «non salutari» e, quindi, da penalizzare. Come già avviene in alcuni paesi elogiati dall’Oms o comunque menzionati tra i cibi da ridurre nelle tabelle nutrizionali degli uffici regionali dell’Organizzazione di Ginevra.

Il nuovo articolo è stato commentato dal sito Valigia Blu, che – come il Post e il Foglio – aveva contestato il fondamento della notizia.