L’app che non vi vuole

A parte quelli di voi che sono molto belli, molto famosi e molto interessanti, ma forse non basta nemmeno questo: è la "Tinder degli Illuminati" e si chiama Raya

Raya è un’app per incontri con circa diecimila iscritti e almeno centomila persone in attesa di entrare, molte delle quali saranno probabilmente rifiutate. Esiste dal 2015 e si descrive come «l’app di una esclusiva comunità online per organizzare appuntamenti, conoscere persone e farsi nuovi amici». Negli ultimi anni se ne è parlato spesso come della “Tinder degli Illuminati“, ma Billboard ha scritto che «assomiglia a una società segreta, più che a Tinder».

Per entrare in Raya bisogna essere molto belli, molto famosi, molto seguiti su Instagram o molto interessanti per quello che si è o si fa nella vita. Una sola di queste cose spesso non basta, perché per entrare bisogna passare una difficile selezione. Tra gli iscritti a Raya ci sono attori, sportivi e musicisti, ma anche modelli, influencer e dirigenti di importanti aziende californiane. Come su Tinder, affinché due persone interagiscano serve che entrambe siano d’accordo.

Ci sono poche informazioni su Raya. Agli iscritti è impedito rivelare cose sull’app – la punizione è la rimozione del prezioso account – ed è nell’interesse dei proprietari lasciare un alone di mistero e elitismo attorno all’app. Così come successe per il Fight Club – che aveva come prima e seconda regola il “non parlare mai del Fight Club”, e a ogni incontro arrivava gente nuova – anche di Raya si è iniziato a parlare proprio perché se ne parlava poco. Di recente ne hanno scritto il New York Times e TechCrunch, uno dei più importanti siti di tecnologia al mondo. Entrambi gli articoli, rispettivamente di Kevin Roose e Josh Constine, hanno raccontato com’è fatta l’app, disponibile solo per dispositivi Apple, e chi la gestisce.

Esistono altre app simili a Raya, che selezionano gli utenti in base a certi parametri di bellezza, ricchezza o intelligenza: Beautiful People, Sparkology, Mensa Match, The League (la più grande, che non è forse un gran record per un’app che punta sull’esclusività) e Luxy, che si descrive come una “Tinder senza i poveri“. Raya però non si basa su un solo parametro: non basta avere una Lamborghini, non basta fare il modello o la modella. Inoltre, secondo il New York Times, «potrebbe essere la prima app ad aver creato con successo un’atmosfera di intimità e fiducia senza rivelare quasi niente di sé».

Nel febbraio 2015 Raya fu promossa come un’app di incontri – etero o omosessuali – per “persone nell’industria creativa”. Dal gennaio 2017 ha aggiunto la sezione “Work” e parla di sé come di un’app di incontri di ogni tipo, anche di lavoro. Iniziò a farsi notare da un pubblico più grande di quello dei suoi potenziali membri a fine 2016, quando comprò Chime, un’app di video-messaggi sviluppata da Jared Morgenstern, un ex dipendente di Facebook. Da allora Raya ha aggiunto la possibilità di localizzare su una mappa gli altri iscritti che hanno acconsentito a farsi localizzare (a Manhattan funziona meglio che a Voghera) e la possibilità, un po’ come su Tinder, di pagare un extra per mandare una richiesta diretta a un altro membro.

(TechCrunch)

Il nome “Raya” deriva dalla parola ebraica che significa “amico”. La società ha sede a Los Angeles, in California, e ha 13 dipendenti a tempo pieno. Raya ha un costo decisamente abbordabile, nonostante l’esclusività del servizio: 7,99 dollari al mese e 2,99 dollari per ogni richiesta di contatto diretto (quello che su Tinder è il Super Like). La società non dice quanti soldi spende o guadagna, ma ha detto al New York Times che, dopo gli investimenti dei primi anni, prevede di andare in attivo entro il 2018. Ha aggiunto che potrebbe iniziare a guadagnare soldi organizzando feste, incontri ed eventi riservati ai suoi membri.

Tutti quelli che in Raya non ci sono ma vorrebbero entrare possono andare sul sito, scaricare l’app e inserire le informazioni richieste. Il sito spiega che le richieste sono elaborate da un algoritmo e da un’analisi fatta da alcuni utenti già iscritti, che possono votare se accettare o no un nuovo membro. Gli utenti che fanno da selezionatori sono 500 e il New York Times ha scritto che fanno parte di un “comitato segreto”. Tra i fattori presi in considerazione dall’algoritmo ci sono il numero di follower che un richiedente ha su Instagram, gli utenti di Raya che già conosce e altre “qualità” valutate dai membri dell’app. Di recente l’app ha introdotto il friend pass: la possibilità per chi è già iscritto di scegliere un solo non-iscritto da raccomandare. Il friend pass permette però di superare la coda di persone in attesa e farsi valutare subito, ma non è detto che poi si venga ammessi.

Una volta nel sito, le regole sono semplici: bisogna evitare di infastidire o turbare altri utenti ed è vietato fare e diffondere screenshot di conversazioni o profili di altri iscritti. Stassi Schroeder, una conduttrice americana con oltre un milione di follower su Instagram, disse di essere stata rimossa dal sito dopo aver pubblicamente detto di aver conversato in Raya insieme al nuotatore Ryan Lochte, vincitore di sei ori olimpici. Raya dice però che in genere tutti gli utenti si comportano bene e che solo in un caso su 11mila ci sono persone che richiamano l’attenzione dell’app sul comportamento scorretto che qualcuno tiene dopo un match (un incontro).

Kevin Roose, il giornalista del New York Times, ha scritto di avere richiesto diverse volte di parlare con i capi di Raya. A un certo punto fu contattato da Daniel Gendelman, 34 anni, che gli disse di essere il fondatore dell’app e lo invitò per un caffè a Venice Beach, Los Angeles. Gendelman disse a Roose che si era deciso a raccontare un po’ di cose sulla società per correggere informazioni non veritiere circolate negli anni sul suo progetto. Aggiunse di aver avuto l’idea per Raya nel 2013, quando era in Israele per una pausa di riflessione dopo il fallimento della sua precedente startup, Yello. Disse di aver pensato al fatto che più qualcuno era famoso, più era problematico andare su Tinder. Decise quindi di «provare a risolvere il grande problema di un piccolo gruppo di persone».

Roose ha scritto che Gendelman vede Raya come «una specie di Davos digitale»; Gendelman gli raccontò di credere che l’app «possa permettere a qualcuno di fare l’incontro che gli cambia la vita». Gendelman precisò anche che l’app non è pensata «per far trovare un appuntamento alla gente del jet-set», che rifiuta «molte persone che hanno uno yacht o un aereo privato» e che «avere tanti follower su Instagram non è un pre-requisito e nemmeno essere belli in modo assurdo».

Grazie all’incontro con Gendelman, Roose poté avere un’iscrizione omaggio a Raya, per capire il funzionamento. Dovette però promettere di non rivelare i nomi dei membri. Roose accettò, ma nel suo articolo c’è un link a un articolo del sito Nylon che cita, tra i membri di Raya: Cara Delevingne, Sharon Stone, Ruby Rose, Alexander Wang, Moby, Elijah Wood e Zach Braff. Altri siti dicono che in Raya ci sarebbero anche Lewis Hamilton, Demi Lovato, Amy Schumer, Skrillex, calciatori del Chelsea, scienziati della NASA, poeti e poetesse, modelli e modelle di costumi da bagno di Sports Illustrated.

Roose ha scritto che dopo aver creato il proprio profilo – una galleria di proprie immagini che scorrono con in sottofondo una canzone a scelta – si imbatté in «un musicista di primo livello, diversi personaggi tv, un noto comico, due giocatori di football e un importante dirigente di una società della Silicon Valley». Ma ha scritto di aver visto anche molte persone non famose e che ognuno era «o una persona molto bella o una di quelle persone che attraggono le persone molto belle». Ha scritto che il messaggio di presentazioni di un noto regista è «Dirigo cose» e che una nota attrice televisiva ha scritto di sé: «Mi piacciono i carboidrati». Ha scritto che dopo alcune settimane di utilizzo gli era venuta «una gran voglia di andare in palestra e iniziare a usare creme per la pelle».

Roose ha anche parlato di un aspirante membro che ha provato a pagare fino a 10mila per entrare in Raya e di alcune persone che invece sono riuscite a entrarci. Per esempio Terence Telle, «che ha la tartaruga perfetta e una meravigliosa mascella» e su Tinder ha detto di aver avuto problemi perché la gente non credeva che fosse davvero lui quello in foto. Ha detto di essersi trovato molto meglio in Raya – «ho avuto match con tante modelle e anche con una persona famosa» – ma di aver smesso di usare l’app dopo aver iniziato una relazione con una ragazza. Céline Bossart, giornalista-sommelier, ha detto che «Raya mantiene la sua reputazione» e che «le persone sono in genere educate, di classe»: «Non ho mai trovato qualcuno che fosse davvero stronzo», ha detto.

https://www.instagram.com/p/BgwIGWuB8oP/?hl=en&taken-by=terencetelle

Raya sembra quindi poter dare quello che promette. Il problema è che un’app elitaria non può crescere troppo, altrimenti perde la sua principale forza attrattiva. Come ha scritto Roose, «Gendelman è nella rara posizione di guidare un social network che, per avere successo, non deve crescere».

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