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  • Domenica 3 giugno 2018

Il cimitero di Arlington è pieno

Il più famoso cimitero militare del mondo accoglie ogni anno 7mila nuove salme, e si sta pensando come ridurle: ma non è facile

Una carrozza trasporta la salma di un militare morto in Afghanistan, nel 2010. (AP Photo/Kevin Wolf)
Una carrozza trasporta la salma di un militare morto in Afghanistan, nel 2010. (AP Photo/Kevin Wolf)

Il cimitero nazionale di Arlington è il più grande e famoso cimitero militare degli Stati Uniti: si trova in Virginia, sull’altra sponda del fiume Potomac rispetto a Washington D.C., esattamente davanti al Lincoln Memorial. Esiste dai tempi della guerra di secessione e sorse in origine a fianco della casa di Robert Edward Lee, lo storico generale sudista. Ha una superficie di circa 2,5 chilometri quadrati e oggi ospita circa 420mila tombe, per la grande maggioranza uguali: lapidi bianche, spoglie e sobrie. Il cimitero di Arlington è un’istituzione ed è il posto dove vogliono farsi seppellire moltissimi militari americani, ma ha un problema: è troppo pieno.

(AP Photo/Jacquelyn Martin)

Ogni anno, infatti, vengono sepolti ad Arlington circa 7mila nuovi soldati, o loro familiari. Di questo passo entro 25 anni tutto il terreno disponibile sarà occupato, mettendo fine a una delle più sentite tradizioni dell’esercito degli Stati Uniti. Per questo si sta discutendo di come fare: cambiare i criteri per poter essere seppelliti ad Arlington, oppure continuare con gli attuali e allestire nel frattempo un nuovo cimitero. Quello di Arlington, ovviamente, non è l’unico cimitero militare negli Stati Uniti: ce ne sono 135 soltanto tra quelli gestiti direttamente dal Dipartimento per i Reduci di guerra, anche se meno famosi. Arlington è oggi una specie di museo – ci sono anche le tombe dei Kennedy – visitato anche da turisti e da chi in generale non ha legami con l’esercito.

Il dibattito sui criteri per essere sepolti ad Arlington è un po’ spinoso, perché coinvolge i principi fondamentali sui quali fu fondato, e che lo hanno reso quello che è oggi: e cioè che tutti i soldati sepolti sono uguali, e hanno pari dignità in quanto hanno servito il proprio paese. Attualmente, i criteri per esservi sepolti sono già più restrittivi di quelli della maggior parte dei cimiteri militari americani, e lo sono ancora di più per le tombe nella terra, rispetto a quelle nel grande colombario del cimitero. Ma possono comunque chiedere un posto ad Arlington una gran parte delle persone che hanno prestato servizio nell’esercito abbastanza a lungo da poter ottenere la pensione, da quelle ferite o morte in combattimento, a quelle premiate per il valore e ai prigionieri di guerra, alle loro mogli, mariti o figli.

Il funerale di un colonnello nel 2012. (AP Photo/Evan Vucci)

La proposta più radicale è restringere ulteriormente questi criteri, così che possano essere sepolti ad Arlington soltanto i soldati morti in servizio, oppure quelli che hanno ricevuto la Medaglia d’Onore, il più alto riconoscimento militare. In questo modo ad Arlington verrebbero sepolti ogni anno meno soldati di quanti oggi ne vengano sepolti in una settimana. Per provare a risolvere il problema, l’esercito sta conducendo dei sondaggi sul destino di Arlington: andranno avanti tutta l’estate, e saranno poi elaborati in una serie di suggerimenti.

(AP Photo/Manuel Balce Ceneta)

Quando il cimitero di Arlington esisteva da poco, non era un posto molto ambito, anzi: ci venivano sepolti i soldati di quelle famiglie che non potevano permettersi di riportare a casa la salma. Fu fondato quando i cimiteri di Washington non bastarono più per le migliaia di morti della guerra di secessione, vicino alla casa del generale Lee, che avendo scelto di combattere con l’esercito Confederato era considerato un traditore. Le cose cambiarono quando importanti e amati ufficiali dell’esercito unionista decisero di farsi seppellire lì, in mezzo ai loro soldati. Dopo la Prima guerra mondiale, poi, fu eretta una grande tomba per i militi ignoti, che praticamente ogni anno viene visitata dal presidente degli Stati Uniti.

L’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama ad Arlington, nel 2011. (AP Photo/Carolyn Kaster, File)

Oggi, tra quelli sepolti ad Arlington, ci sono il primo esploratore che mappò il Grand Canyon, la prima persona morta in un incidente aereo, il primo astronauta morto durante un viaggio spaziale, il medico che inventò il vaccino per la polio, e altri soldati diventati illustri per vari motivi, ma che per la maggior parte, se le nuove regole entrassero in vigore, non potrebbero più essere sepolti lì. E poi ci sono due presidenti, William Howard Taft e John F. Kennedy, oltre che i suoi due fratelli e senatori Robert ed Edward.

John Towles, un dirigente dell’associazione dei Veterani delle Guerre all’Estero, ha spiegato al New York Times di essere contrario alle nuove restrizioni, perché vanno contro quanto promesso a generazioni intere di veterani. «Lasciamo che Arlington si riempia di persone che hanno servito il proprio paese. Possiamo creare un nuovo cimitero nel frattempo, e sarà altrettanto speciale».

Le tombe di Arlington addobbate con delle ghirlande in occasione di una giornata speciale in memoria dei veterani, inaugurata nel 1992 proprio ad Arlington. (AP Photo/Jose Luis Magana)

Già da tempo Arlington ha preso alcune decisioni per occupare meno spazio: i familiari, per esempio, non sono più sepolti uno accanto all’altro ma in una stessa tomba, più profonda. Le sezioni con le ceneri dei corpi cremati ora hanno lapidi più ravvicinate.

Secondo i primi sondaggi, l’opinione pubblica è favorevole a dare la priorità ai soldati morti in combattimento o a quelli premiati per il valore. Ma, ha spiegato il New York Times, in questo modo sarebbero esclusi alcuni soldati ora sepolti ad Arlington che innegabilmente se lo sono meritati. Tipo Joseph McLachlan, un colonnello e pilota che combatté nello sbarco in Normandia, e il cui aereo fu abbattuto. Ferito, si mise in salvo attraversando le linee nemiche, e dopo la guerra partecipò ad oltre 100 missioni. Ricevette varie medaglie ma non quella d’Onore, e morì nel 2005. «Il mio Joe era un uomo straordinario. Molto coraggioso, molto gentile. Non sono sicura sia giusto escludere persone come lui. Erano sotto al fuoco nemico, anche se sono sopravvissuti. Essere sepolto qui, con i suoi amici, era molto importante per lui. È davvero un dilemma», ha detto al New York Times sua moglie Nadine McLachlan.