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  • Domenica 20 maggio 2018

La storia infinita dei denti di Adolf Hitler

Un nuovo studio sostiene che quelli conservati a Mosca siano davvero i suoi, mettendo fine a decenni di teorie del complotto: ma non è ancora finita

I presunti denti di Hitler conservati a Mosca, negli archivi di stato ("Le mystère de la mort d’Hitler")
I presunti denti di Hitler conservati a Mosca, negli archivi di stato ("Le mystère de la mort d’Hitler")

Su qualsiasi libro di storia che si studia a scuola c’è scritto che il dittatore tedesco Adolf Hitler si uccise il 30 aprile 1945, nel suo bunker di Berlino, insieme a sua moglie Eva Braun, per evitare che le truppe sovietiche che stavano per conquistare la capitale tedesca lo catturassero. Da allora, però, sono nate varie teorie cospirazioniste che lo mettevano in dubbio, perché i corpi di Hitler e Braun non furono trovati dalle truppe angloamericane al loro arrivo a Berlino: molte persone credono quindi che il dittatore fuggì in Sud America come altri gerarchi nazisti. Il 18 maggio, sulla rivista scientifica European Journal of Internal Medicine, è stato pubblicato un articolo che vorrebbe screditare queste teorie una volta per tutte: si basa sull’analisi di alcuni denti conservati a Mosca, che secondo lo studio appartenevano a Hitler e provano che il dittatore morì davvero nel 1945.

In Francia si parla di questa storia da alcuni mesi perché le ultime osservazioni sui presunti denti di Hitler, su cui si basa lo studio appena pubblicato, sono state fatte da un gruppo di medici legali francesi su iniziativa di un documentarista francese, Jean-Christophe Brisard. Brisard ha realizzato sia un documentario sulla storia, trasmesso alla fine di marzo su France 2, e sia un libro appena pubblicato anche in italiano.

La storia dei presunti denti di Hitler è molto lunga e confusa, e riguarda anche un pezzo di cranio di dubbia autenticità. Sappiamo che quando le truppe sovietiche arrivarono a Berlino, il 2 maggio 1945, tra le altre cose ricevettero il compito di trovare il cadavere di Hitler. Prima di morire il dittatore aveva dato l’ordine che i suoi resti fossero bruciati per evitare che diventassero un trofeo di guerra, ma secondo le principali ricostruzioni non furono completamente distrutti: ciò che resistette alle fiamme fu seppellito vicino al bunker.

Il 4 maggio i soldati russi trovarono quelli che probabilmente erano i resti di Hitler e Braun, su cui l’8 maggio fu effettuata una prima autopsia. Ciò che restava della mascella e della mandibola del presunto cadavere di Hitler fu spedito a Mosca perché si potesse fare un’identificazione con l’aiuto di Käthe Heusermann, l’assistente del dentista di Hitler, Hugo Blaschke, e dell’igienista Fritz Echtmann: la conclusione fu che si trattava proprio dei denti di Hitler. Il 30 maggio 1946 l’Unione Sovietica condusse un’operazione segreta a Berlino per verificare le indagini fatte un anno prima e poter confermare o meno l’ipotesi che Hitler si fosse suicidato ingerendo del cianuro.

È a questo punto della storia che compare un frammento di cranio con un foro di proiettile, che sarebbe stato ritrovato nello stesso punto in cui furono rinvenuti i presunti corpi di Hitler ed Eva Braun. La sua scoperta mise in discussione l’idea secondo cui Hitler si sarebbe suicidato con il cianuro: fu ipotizzato che il dittatore si sparò o si fece sparare perché il veleno non stava avendo effetto, o perché i suoi effetti erano molto dolorosi.

Il pezzo di cranio che secondo la Russia sarebbe appartenuto ad Adolf Hitler, fotografato in occasione di una mostra tenutasi a Mosca nel 2000: comprende una parte superiore dell’osso occipitale, quello sotto la nuca, e una parte posteriore delle ossa parietali, che stanno sopra (AP Photo/ Mikhail Metzel)

Quando le truppe angloamericane arrivarono a Berlino nel maggio del 1945, i russi negarono di aver trovato il cadavere di Hitler. Il dittatore sovietico Iosif Stalin disse al primo ministro britannico Winston Churchill che Hitler poteva anche essere fuggito in Argentina o in Giappone, e ordinò che i resti trovati dai soldati sovietici fossero tenuti nascosti. Per questo la Germania Ovest dichiarò morto Hitler solo nel 1956: a occuparsene fu un tribunale bavarese, che prese la decisione sulla base delle testimonianze di alcune persone vicine a Hitler che ne videro il cadavere dopo il suo suicidio. Lo scopo di dichiarare la morte del dittatore era anche quello di poter assegnare al Land della Baviera la proprietà sui diritti d’autore del Mein Kampf, il famoso manifesto di Hitler. Quei testimoni, ora tutti morti, diedero una versione dei fatti che sosterrebbe la tesi secondo cui Hitler si sparò o si fece sparare: dissero che il suo corpo fu trovato con un foro di proiettile sulla testa.

Nel frattempo i presunti resti di Hitler (denti e pezzo di cranio esclusi) furono seppelliti a Magdeburgo, nella Germania Est. Lì rimasero fino all’aprile 1970, quando i servizi segreti sovietici, il KGB, li distrussero in un’operazione speciale. La stessa cosa successe anche ai presunti resti di Eva Braun, di cui a Mosca è conservato solo un dente. Insieme al pezzo di cranio trovato nel 1946, è conservato nella sede dei servizi segreti russi, che da KGB sono diventati FSB. I presunti denti di Hitler, invece, si trovano appoggiati su un pezzo di ovatta in una scatola di cartone negli archivi di stato (in quella che secondo molti è una specie di beffa postuma al nemico sconfitto). Solo dopo la fine dell’Unione Sovietica, nel 1993, la Russia fece sapere di aver conservato parte dei presunti resti di Hitler. Da allora però non c’erano state analisi definitive su questi resti, perché la Russia aveva sempre negato i permessi per farle.

Alcuni dei denti di Hitler conservati a Mosca, in un tweet del medico legale francese Philippe Charlier:

Un permesso di studio sul pezzo di cranio di Hitler fu accordato nel 2009 all’archeologo americano Nick Bellantoni, che basandosi sull’osservazione delle ossa riteneva fosse appartenuto a una donna. Bellantoni raccolse un campione del cranio e lo fece esaminare dalla genetista dell’Università del Connecticut Linda Strausbaugh, che dopo un’analisi del DNA confermò la sua teoria. Il FSB reagì abbastanza male alla teoria di Bellantoni e Strausbaugh (che comunque non è mai stata esposta in un articolo scientifico, ma solo spiegata in un documentario di History Channel) e ribadì l’autenticità del pezzo di cranio, anche se non commissionò mai ulteriori analisi. In seguito, ha raccontato il documentarista Jean-Christophe Brisard, ci vollero due anni per convincere il FSB a permettere di analizzare nuovamente i presunti resti di Hitler.

Jean-Christophe Brisard racconta le sue ricerche in un’intervista in francese:

Brisard ha raccontato che una delle ragioni per cui è riuscito a convincere il FSB ad analizzare i presunti denti di Hitler è che si è avvalso della collaborazione di Philippe Charlier, medico legale e antropologo forense specializzato nelle morti di personaggi storici importanti e per questo noto a livello internazionale. Charlier e i suoi collaboratori, però, non hanno avuto accesso completo ai presunti resti di Hitler: li hanno solo potuti osservare, nel caso del cranio senza poterlo rimuovere da un contenitore trasparente.

Osservando il cranio, Charlier è giunto alla conclusione che il foro di proiettile sulla sua superficie è un foro di uscita e che potrebbe essere stato la causa della morte della persona a cui apparteneva il cranio, per via delle tracce che ha lasciato sulle ossa. Charlier non può essere sicuro che si tratti del cranio di Hitler, né che appartenesse alla stessa persona a cui appartenevano la mascella e la mandibola conservate negli archivi di stato russi (non sono state fatte analisi del DNA per confermarlo o smentirlo definitivamente), ma in un’intervista ha detto di essere scettico sulle analisi fatte nel 2009 da Bellantoni e Strausbaugh, quelle che sostenevano appartenesse a una donna.

Per quanto riguarda i resti della mascella e della mandibola, Charlier ha potuto fare alcune osservazioni in più, anche perché le ha analizzate al microscopio, avendo ricevuto per la prima volta il permesso dalla Russia. I denti veri e propri, ha scoperto, sono solo quattro: tutti gli altri erano stati sostituiti da protesi, alcune metalliche e alcune di ceramica, tenute insieme grazie a una serie di ponti. È già una prima prova a sostegno della teoria che si tratti dei denti di Hitler, dato che l’alternanza di denti veri e protesi coincide con quella delle radiografie ufficiali della testa del dittatore conservate negli Stati Uniti, oltre che con le testimonianze date da Blaschke ai servizi segreti americani e da Heusermann a quelli sovietici.

Oltre a fare analisi visive, Charlier ha rimosso dai denti dei piccoli frammenti di tartaro che ha poi fatto analizzare al laboratorio di fisica dello stato solido dell’Université Paris-Saclay. I componenti del tartaro mostravano tracce di una dieta vegetariana, un’altra informazione a sostegno della teoria secondo cui i denti sono quelli di Hitler, che non mangiava carne. La persona a cui appartenevano i denti, poi, aveva dei problemi di stomaco: anche questa sarebbe una prova per l’identificazione di Hitler, che soffriva di dolori cronici, forse causati da un’ulcera o da una gastrite, per cui prendeva vari farmaci.

Sulle protesi, Charlier ha trovato segni di usura e tracce di colore blu, di cui non è stato possibile determinare l’origine. Secondo lo scienziato, però, è possibile che siano dovute a una reazione tra il cianuro e il metallo delle protesi, oppure che si siano formate in qualche modo durante la cremazione del corpo. Nessuno fece mai delle analisi tossicologiche sui presunti resti di Hitler e Braun: l’ipotesi del suicidio col cianuro fu tenuta in considerazione dai sovietici solo perché vicino ai corpi furono trovati pezzi di ampolle di vetro e perché nella prima autopsia, in alcuni punti dei resti non bruciati degli stomaci e degli intestini, furono trovate zone nere che si potevano imputare all’azione del cianuro sui tessuti.

Infine, sul tartaro non sono state trovate tracce di antimonio, piombo e bario, metalli pesanti che si trovano nei residui dei colpi di arma da fuoco: non ci sono prove dunque che il proprietario dei denti si sparò in bocca. Secondo Charlier, tuttavia, la posizione del foro di uscita dal cranio – posto che cranio e denti appartenessero alla stessa persona – non esclude una diversa dinamica dello sparo, con la canna puntata sotto il mento, oppure sulla tempia destra.

Charlier è convinto che i denti siano quelli di Hitler perché c’è una corrispondenza con le radiografie della sua testa, e per questo sostiene che il suo studio provi definitivamente che il dittatore morì nel 1945 perché lo stato rovinato delle sue protesi dentarie, uguale a quello delle radiografie, indica che non avrebbero potuto essere usate ancora per molto tempo. La conclusione definitiva della storia, tuttavia, si potrà avere solo quando e se saranno fatti dei test del DNA sui resti.