Perché lo chiamano «contratto» di governo?

Invece di patto o alleanza? Proprio perché dà l'impressione che non ci sia nessun patto o alleanza, scrive Stefano Bartezzaghi su Repubblica

Foto Ufficio Stampa Quirinale/Paolo Giandotti/LaPresse
Foto Ufficio Stampa Quirinale/Paolo Giandotti/LaPresse

Qualche giorno fa su Repubblica Stefano Bartezzaghi si è chiesto come mai il Movimento 5 Stelle insista così tanto sull’idea di stipulare un «contratto» di governo, invece che parlare di un’alleanza o un patto, per esempio. Una delle ragioni di questa scelta linguistica, dice Bartezzaghi, è che con un «contratto» nessuna delle parti in causa rischia di compromettere la sua identità.

Patto, alleanza, intesa, coalizione, concordato, convenzione, transazione, trattato, concerto, pattuizione, agreement, soluzione, compromesso, accomodamento, aggiustamento, appianamento, conciliazione, sistemazione… Non c’è proprio nulla da fare. Di tutte le alternative che la lingua italiana propone per il lemma «accordo» il M5S insiste ad ammettere solo quella che, guarda caso, risulta più lontana dalla politica: «contratto».

È vero che il fortunato precedente berlusconiano del «Contratto con gli Italiani» non può farla dichiarare sgradita ai contraenti del Centrodestra; è parimenti vero che per il Grande Dizionario Italiano dei Sinonimi e dei Contrari

di Tullio De Mauro (grande in senso letterale: due volumi) «contratto» è il sinonimo di «accordo» che compare per primo fra tutti quelli elencati. Però, dài, «contratto»… La scelta lessicale è terribilmente in tono con quella certa atmosfera da franchising immobiliare che ha caratterizzato l’entrata in modalità-governo da parte degli esponenti principali del Movimento: quei completi blu, quelle camicie e cravatte celesti, quei sorrisetti a busto rigido dietro cui si indovinano corsi di comunicazione non verbale e sedute di autotraining di fronte allo specchio.

Per quanto un «contratto», prima o poi, vada «steso», il termine connota proprio rigidità: il nero su bianco (contro la volatilità delle dichiarazioni più solenni), l’impegno formale (contro la sparata a caso, feriale e da talk show), la professionalità esibita dell’approach e l’implicita, e vistosa, mancanza di fiducia nel rapporto.

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