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  • Lunedì 7 maggio 2018

Air France-KLM rischia grosso

L'amministratore delegato se n'è andato, gli scioperi continuano, il titolo è crollato in borsa, il governo dice che si rischia il fallimento

Un aereo della compagnia Air France all'aeroporto di Fortaleza, Brasile, 3 maggio 2018 (FABIO LIMA/AFP/Getty Images)
Un aereo della compagnia Air France all'aeroporto di Fortaleza, Brasile, 3 maggio 2018 (FABIO LIMA/AFP/Getty Images)

Air France-KLM, la compagnia aerea franco-olandese che è una delle maggiori in Europa per numero di passeggeri, è in grave crisi e rischia di fallire. Lo ha detto il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, su BFMTv: «Mi appello al senso di responsabilità di ciascuno, del personale di volo, del personale di terra e dei piloti che chiedono aumenti salariali ingiustificati. Siate responsabili. La sopravvivenza di Air France è in gioco». Gli scioperi iniziati a fine febbraio per rivendicare un aumento salariale, il voto negativo al referendum organizzato dall’amministratore delegato su un possibile compromesso, le sue conseguenti dimissioni e l’aumento dei prezzi del petrolio hanno peggiorato la situazione della compagnia. Il titolo di Air France è crollato del 41 per cento nel corso dell’ultimo anno ed è quasi raddoppiata la perdita del gruppo rispetto allo stesso periodo nel 2017.

Venerdì 5 maggio Jean-Marc Janaillac, amministratore delegato della holding Air France-KLM, ha annunciato le sue dimissioni, a meno di due anni dall’inizio del suo mandato e a un anno dalla scadenza ufficiale. Il giorno prima i dipendenti della compagnia avevano respinto una proposta di accordo che prevedeva un aumento dei loro stipendi del 7 per cento in quattro anni. Il 55 per cento del personale (la partecipazione è stata pari all’80 per cento) ha votato no all’accordo: la richiesta dei sindacati era un aumento immediato di almeno il 5 per cento. Jean-Marc Janaillac – che aveva spinto per la consultazione – si è dimesso dopo l’esito del referendum. Resterà in carica fino al 15 maggio, fino a quando cioè il consiglio di amministrazione si riunirà per trovare una soluzione transitoria. Janaillac ha definito gli ultimi conflitti «un enorme spreco» e ha precisato che gli unici che ne trarranno vantaggio saranno i concorrenti di Air France, che sono invece riusciti a superare il ciclo di scioperi e di proteste che hanno caratterizzato il settore aereo in Europa negli ultimi anni.

Negli ultimi anni hanno avuto problemi interni anche altre compagnie aeree come Lufthansa, British Airways o Ryanair, ma nessuna di loro ha vissuto una resistenza così tenace come quella dimostrata dai dipendenti di Air France. Bloomberg ha riassunto la situazione così: «È naturale che i lavoratori vogliano un aumento del 5 per cento nel 2018 dopo anni di restrizioni salariali. Ma Janaillac ha ragione sul fatto che Air France-KLM non possa ancora permettersi tale generosità». Jean-Marc Janaillac aveva più volte spiegato che senza un forte piano di rilancio e di sviluppo, Air France avrebbe fatto la fine di Alitalia.

Philippe Evain, il presidente del Sindacato nazionale dei piloti di linea (SNPL), ha però portato avanti una posizione intransigente, rifiutando qualsiasi compromesso e continuando a chiedere un immediato aumento di almeno il 5 per cento degli stipendi per compensare l’inflazione, dopo sei anni di blocco delle retribuzioni. Di fronte alle critiche è rimasto inflessibile anche quando Laurent Berger, segretario generale della CFDT – altro sindacato minore di Air France – lo ha definito un “lider maximo” che vuole trascinare l’azienda “verso il fondo”.

Diversi giornali francesi, tra cui Le Monde, sostengono che arrivati a questa fase del conflitto ci possano essere solo perdenti e sconfitti. Il referendum non aveva basi legali, non era cioè vincolante, e anche se il sì avesse prevalso non avrebbe automaticamente messo fine agli scioperi: «Il suo fallimento dimostra che è sempre rischioso aggirare i sindacati e interrompere il dialogo sociale, che rimane il metodo migliore per trovare un compromesso. L’incertezza sulla futura governance di Air France aggiunge un impasse sociale che è dannosa per l’azienda e per gli utenti». Anche per molti altri osservatori si è arrivati a una fase di stallo: non c’è più un amministratore delegato, non è stato raggiunto alcun compromesso, gli scioperi sono ancora in corso e i sindacati, forti del recente risultato della consultazione, saranno ancora meno propensi a fare delle concessioni.

Oggi, lunedì 7 maggio, è in programma il quattordicesimo giorno di sciopero (e un altro anche per domani, martedì 8 maggio). Nonostante questo la compagnia ha fatto sapere che sarà in grado di garantire il 99 per cento dei voli a lungo raggio, l’80 per cento dei voli a medio raggio in partenza e in arrivo all’aeroporto di Parigi Roissy-Charles de Gaulle e l’87 per cento dei voli a corto raggio di Orly. È il più basso tasso di annullamento di voli dall’inizio degli scioperi e risulta in calo, sempre secondo la società, anche il tasso stimato di adesione alla protesta. Gli scioperi di Air France sono però costati alla compagnia finora più di 300 milioni di euro.

La mobilitazione di Air France coincide con gli scioperi a intermittenza dei dipendenti pubblici e dei ferrovieri della Società nazionale delle ferrovie (SNCF, una delle principali aziende pubbliche del paese) contro una contestata riforma del settore presentata dal governo. Intervenendo sulla questione di Air France, il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ha spiegato che lo stato francese, che detiene il 14,3 per cento della società, non può essere coinvolto in un’operazione di salvataggio e ricapitalizzazione: «Air France sparirà se non farà gli sforzi necessari per essere competitiva». E ancora: «Siamo azionisti di minoranza, coloro che pensano che qualunque cosa accada lo stato verrà a salvare Air France e assorbire le perdite si sbagliano».