Storia di una malattia rara e di una coincidenza

Una delle poche persone al mondo a studiare il gene che causa una malattia rarissima ha avuto una bambina con quella malattia

Yuna Lee e sua madre Soo-Kyung Lee nel video sulla loro vita quotidiana fatto dal New York Times
Yuna Lee e sua madre Soo-Kyung Lee nel video sulla loro vita quotidiana fatto dal New York Times

Ci sono malattie genetiche molto rare e difficili da diagnosticare, e solo poche centinaia di persone in tutto il mondo le hanno: è il caso per esempio della sindrome del gene FOXG1, un disturbo dello sviluppo congenito senza cura che causa un grave ritardo mentale e che finora è stato diagnosticato a 355 persone. Il New York Times ha dedicato un articolo a una di queste persone, una bambina di otto anni di nome Yuna Lee, perché per un’incredibile coincidenza sua madre è una biologa specializzata in neurologia dello sviluppo che – anche prima di restare incinta di lei – studiava proprio FOXG1, anche se sugli animali.

Soo-Kyung Lee ha 42 anni, è sudcoreana di origine e lavora come ricercatrice alla Oregon Health and Science University, negli Stati Uniti, come anche il marito, Jae Lee. Yuna Lee è la sua figlia primogenita e alla nascita sembrava una bambina sana: molto presto però i suoi genitori si accorsero che non reagiva agli stimoli sonori, faceva fatica a inghiottire il latte, spesso lo vomitava, aveva convulsioni e piangeva molto. Un medico che la visitò osservò che la sua testa non stava crescendo in modo normale, ma per due anni i Lee non ebbero una diagnosi.

Solo nel 2012 scoprirono che uno dei geni FOXG1 di Yuna contiene una mutazione: gli manca un pezzetto, per la precisione il nucleotide 256 dell’86esimo dei suoi 489 amminoacidi. La scoperta fu possibile proprio grazie al lavoro di Soo-Kyung Lee: in primo luogo perché la mise in contatto con il neuroradiologo Jim Barkovich, il più stimato al mondo nel suo campo e il primo a ipotizzare correttamente la diagnosi di Yuna dopo aver confrontato le immagini del suo cervello con la letteratura scientifica. Poi perché le permise di fare un’analisi del DNA della figlia nel proprio laboratorio quando il neurologo che seguiva la bambina negò l’autorizzazione a farla, dato che in ogni caso non avrebbe permesso a Yuna di seguire una terapia.

Nel frattempo Soo-Kyung Lee era rimasta nuovamente incinta e questo le diede una motivazione ulteriore per verificare se il problema di Yuna fosse dovuto a FOXG1: la sua mutazione è casuale e non ereditaria, quindi se l’ipotesi di Barkovich fosse stata confermata Lee avrebbe potuto escludere, quasi con certezza, la possibilità che anche il suo secondo figlio avesse la malattia di Yuna.

Oggi Yuna Lee ha otto anni, ma dal punto di vista cognitivo è come una bambina di un anno e mezzo. Pesa 18 chili, quattro in meno di suo fratello Joon, che ha cinque anni. Non sa parlare, camminare o anche solo stare in piedi, e deve indossare sempre il pannolino. Frequenta una scuola elementare perché possa stare a contatto con altri bambini e usa un deambulatore speciale per spostarsi spingendosi con i piedi. I suoi genitori sperano che nel tempo le sue condizioni possano migliorare, sia grazie alla ricerca che all’assistenza che le viene fornita. Sono ottimisti perché a sei anni, dopo molti tentativi, Yuna Lee ha imparato a stare seduta da sola: Soo-Kyung e Jae Lee sono convinti che allo stesso modo la figlia possa imparare a fare altre cose. Per esempio ad avvertire chi si prende cura di lei di aver bagnato il pannolino, o a comunicare con gli occhi gli alimenti e i giocattoli che vorrebbe: per questo è seguita da una specialista delle patologie che influenzano linguaggio che sta cercando di insegnarle a fissare quello a cui è interessata. Per ora riesce a farlo per tre secondi al massimo, ma è già migliorata.

Prendersi cura di Yuna Lee è molto faticoso: a casa dei Lee c’è un’infermiera che li aiuta, mentre nella scuola che la bambina frequenta c’è un’insegnante di sostegno che la assiste. Nonostante questo la cura di Yuna ha fortemente provato Soo-Kyung Lee, che nel giugno del 2016 ha avuto un collasso: per settimane è dovuta rimanere allettata per un’infiammazione ai nervi che collegano le orecchie al cervello, una neurite vestibolare. Nonostante sia passato del tempo Lee non si è ancora del tutto ripresa: ha spesso vertigini e nausea, fa fatica a dormire e non riesce a lavorare guardando lo schermo di un computer per più di 25 minuti. È possibile che le sue condizioni non tornino più alla normalità, ma nonostante questo continua a lavorare e in particolare a fare ricerca su FOXG1: il suo obiettivo è capire come funziona.

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Il gene FOXG1 è stato scoperto nel 1995 da Alessandra Renieri, genetista dell’università di Siena. È il gene responsabile della produzione di una proteina – si chiama a sua volta FOXG1, ma gli scienziati lo scrivono in corsivo per distinguerla – che ha la funzione di attivare o disattivare altri geni coinvolti nello sviluppo del cervello. La sua presenza è necessaria per la formazione di alcune parti del cervello, per determinare il numero di neuroni prodotti e per l’organizzazione dell’intera corteccia cerebrale, la parte più esterna del cervello. A causa della mutazione di FOXG1 nella corteccia cerebrale di Yuna Lee la quantità di materia bianca, uno dei tessuti cerebrali, è minore rispetto alla norma e il corpo calloso, la lamina che separa e collega i due emisferi del cervello, è troppo sottile per svolgere bene le sue funzioni.

Ci sono ancora molte cose che non sappiamo su come funziona il gene FOXG1. Per ora quello che si sa è che nei topi in cui mancano entrambe le copie del gene – per chi non si intende di genetica: della maggior parte dei geni ci sono due copie – il cervello non si forma e probabilmente la stessa cosa vale per le persone: persone senza FOXG1 non possono nascere. Studiando il cervello dei topi Soo-Kyung Lee ha identificato due geni che interagiscono con FOXG1, cosa che ha aiutato a spiegare perché una mutazione su una delle sue copie limita la capacità del corpo calloso di far comunicare gli emisferi cerebrali.

Le mutazioni di FOXG1 sono state legate per la prima volta a patologie di ritardo mentale nel 2005. Inizialmente si parlava di “variante congenita della sindrome di Rett”, un’altra malattia genetica che hanno solo le donne, ma dal 2011 la sindrome del gene FOXG1 è considerata una patologia separata. In generale i sintomi sono un grave ritardo mentale, l’incapacità di controllare volontariamente il corpo e di imparare a stare seduti o a camminare senza assistenza, difficoltà a ingerire il cibo e a dormire, convulsioni, irritabilità, difficoltà a creare un contatto visivo e incapacità comunicative che hanno fatto inserire la sindrome all’interno dello spettro autistico.

Oggi malattie come la sindrome FOXG1 hanno più possibilità di essere diagnosticate, dato che il costo delle analisi del DNA si sta abbassando, ma le ricerche in materia fanno fatica a trovare dei finanziamenti dato che sono poche le persone che ne sono affette. Si stima che ogni anno in tutto il mondo nascano circa 400mila bambini con problemi neurologici causati da mutazioni genetiche casuali, ma per ciascuna di queste bisogna fare degli studi diversi. In tutto il mondo i genitori dei bambini affetti da malattie di questo tipo cercano di raccogliere fondi per far progredire la ricerca sulla specifica patologia che affligge i loro figli. Nel particolare caso della sindrome del gene FOXG1 a raccogliere fondi è la International FOXG1 Foundation e tra le persone che fanno ricerca, oltre alla stessa Soo-Kyung Lee, c’è sempre Alessandra Renieri dell’università di Siena: sta studiando come usare la tecnica CRISPR-Cas9 (chiamata anche semplicemente CRISPR) per provare a correggere le mutazioni di FOXG1.

Soo-Kyung Lee vorrebbe capire se persone come Yuna, con una delle due copie di FOXG1 completa e quindi con una produzione di FOXG1 dimezzata, potrebbero in qualche modo beneficiare di una terapia che facesse aumentare la produzione della proteina di cui si occupa il gene normale. È altamente improbabile che anche trovando una terapia di questo tipo i problemi dello sviluppo di Yuna Lee possano risolversi, perché non si può cambiare il modo in cui il suo cervello si è formato e sviluppato finora. Non si può escludere però che qualche miglioramento sia possibile.