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  • Venerdì 13 aprile 2018

Il rischio di una nuova grande guerra in Siria sta rientrando

Ora Trump sta cercando un modo per colpire Assad senza far arrabbiare troppo la Russia, che a sua volta sta abbassando i toni

Donald Trump (Drew Angerer/Getty Images)
Donald Trump (Drew Angerer/Getty Images)

Nelle ultime ore sembra che il rischio di una nuova grande guerra in Siria sia parzialmente rientrato. Dopo i toni molto bellicosi usati dal presidente statunitense Donald Trump contro il regime siriano e la Russia, che sembrava dovessero portare a uno scontro militare aperto, le recenti dichiarazioni di ministri e funzionari dei governi coinvolti hanno un po’ abbassato la tensione, anche se non si può dire che la crisi sia passata. Stati Uniti, Francia e Regno Unito hanno detto di voler ancora punire il regime siriano di Bashar al Assad per l’attacco chimico compiuto nella città di Douma, a est di Damasco, il 7 aprile scorso, nel quale sono state uccise decine di persone; l’impressione però è che ci si stia orientando verso attacchi mirati contro installazioni militari di Assad, limitati quanto serve per evitare una nuova escalation che potrebbe precipitare in un conflitto aperto tra Stati Uniti e Russia.

Il primo segnale che le cose stanno cambiando è arrivato con un tweet di Trump di giovedì mattina ora di Washington. Dopo avere minacciato apertamente di lanciare missili contro la Siria volendo colpire anche la Russia, Trump ha scritto: «Non ho mai detto che ci sarebbe stato un attacco in Siria. Potrebbe esserci molto presto oppure non così presto! In ogni caso gli Stati Uniti sotto la mia amministrazione hanno fatto un ottimo lavoro nel liberare la regione dall’ISIS. Dov’è il nostro “Grazie America”?». Non è chiaro il motivo per cui Trump abbia citato l’ISIS, che non c’entra nulla con l’attacco chimico a Douma e la minaccia successiva di ritorsione contro Assad.

Giovedì, inoltre, il segretario della Difesa americano Jim Mattis ha cercato di prendere tempo e ripensare la risposta militare degli Stati Uniti contro il regime di Assad. Il New York Times ha scritto che durante una riunione a porte chiuse alla Casa Bianca Mattis ha chiesto più prove che dimostrino che l’attacco chimico a Douma del 7 aprile sia stato effettivamente compiuto dal regime di Assad. Negli ultimi giorni Mattis ha pubblicamente detto che la ritorsione contro Assad dovrebbe essere proporzionata e bilanciata, di modo da evitare la minaccia di una guerra più ampia: «Stiamo cercando di fermare l’uccisione di persone innocenti, ma a livello strategico dobbiamo impedire che la situazione vada fuori controllo», ha detto Mattis.

Anche la Russia negli ultimi giorni ha abbassato molto i toni. Diversi analisti hanno sostenuto che l’obiettivo dei russi è assicurarsi che l’eventuale ritorsione militare contro Assad sia così limitata da non colpire i soldati russi in Siria e da mettere la Russia nelle condizioni di non dover rispondere a sua volta con un altro attacco: quindi evitare una escalation militare. Il vicepresidente dell’Accademia di scienze militari russa Sergei Modestov ha detto giovedì al quotidiano Rossiyskaya Gazeta di escludere qualsiasi scenario in cui gli Stati Uniti colpiscano volutamente un’installazione in Siria dove si trovano anche militari russi. Stati Uniti e Russia sono in contatto per discutere della questione e i russi potrebbero essere avvisati in anticipo di un’eventuale ritorsione militare americana, come era avvenuto l’unica altra volta che gli Stati Uniti aveva colpito installazioni militari di Assad, nell’aprile 2017.

Negli ultimi giorni l’amministrazione statunitense è rimasta in contatto costante con la prima ministra britannica Theresa May e con il presidente francese Emmanuel Macron, i quali hanno già espresso la volontà di partecipare a una qualche forma di ritorsione militare contro il regime di Assad. Durante un’intervista data giovedì alla televisione francese TF1, Macron ha detto: «Abbiamo prove che la scorsa settimana sono state usate anche armi chimiche – almeno il cloro – e che sono state usate dal regime di Bashar al Assad» (Macron non ha specificato di che prove stesse parlando). Per quanto riguarda il Regno Unito, non è chiaro se May deciderà di approvare un eventuale attacco aereo in Siria senza passare dal Parlamento, come invece avevano fatto in passato i suoi predecessori e come hanno chiesto sia i membri del Partito conservatore che quelli di opposizione.

Di certo invece non parteciperanno all’operazione militare la Germania, come ha confermato la sua cancelliera Angela Merkel, e l’Italia. Il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni ha detto di avere avuto diversi contatti internazionali sulla questione siriana e ha condannato le violazioni dei diritti umani e le violenze contro la popolazione civile compiute da Assad, ma ha aggiunto che l’Italia non sarà coinvolta nell’eventuale ritorsione militare.