Nessuno vincerà le elezioni

Sondaggi o non sondaggi, lo scenario più probabile è che il 5 marzo nessuna delle attuali alleanze avrà una maggioranza: e quindi?

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Secondo gli ultimi sondaggi pubblicati venerdì scorso prima dell’entrata in vigore del divieto di diffusione, nel Parlamento che sarà eletto il prossimo 4 marzo non ci sarà una chiara maggioranza. È un’ipotesi di cui i leader politici ovviamente preferiscono non parlare durante la campagna elettorale – in questi giorni sono tutti impegnati a dire che riusciranno a ottenere i voti per formare un governo – ma è decisamente l’ipotesi più probabile, mentre è molto improbabile a oggi che il 5 marzo ottenga la maggioranza uno qualsiasi degli schieramenti per cui voteranno gli elettori.

Se le cose andassero così, ci sono tre scenari principali che potrebbero verificarsi: alcuni passano per l’alleanza tra partiti che oggi sono avversari. Il primo scenario, un po’ più improbabile degli altri visti i precedenti e il buon senso, è quello che invece i leader politici invocano in caso di Parlamento bloccato: nuove elezioni. Il secondo: Partito Democratico, Forza Italia e altri partiti riescono ad allearsi e formare un governo. Il terzo: Movimento 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia riescono ad allearsi e formare un governo. Ovviamente non sono tutti e tre probabili allo stesso modo – serve che queste forze insieme abbiano i numeri per formare delle alleanze, prima ancora della volontà politica – ma prima di esaminare questi tre scenari nel dettaglio c’è bisogno di capire cosa significa, in pratica, avere un Parlamento senza maggioranza.

Cosa succede dopo il voto?
Se ci sarà effettivamente un Parlamento senza una maggioranza lo sapremo nel corso della notte tra il 4 e il 5 marzo, man mano che i risultati del voto diventeranno definitivi. Dopo le elezioni, almeno apparentemente, le cose si fermeranno per un paio di settimane: il tempo necessario affinché il nuovo Parlamento si insedi (bisogna aspettare che le Corti d’Appello proclamino gli eletti e svolgere tutta un’altra serie di incombenze burocratiche). Il primo giorno di riunione del Parlamento si formeranno i gruppi parlamentari sotto la presidenza dei due parlamentari più anziani di ciascuna Camera. Il giorno successivo cominceranno le procedure per eleggere i nuovi presidenti di Camera e Senato.

Sarà il primo momento delicato, poiché qui si vedranno per la prima volta alla prova le possibili intese che potrebbero far nascere un nuovo governo. Pochi giorni dopo questo passaggio inizieranno le consultazioni, il momento in cui il presidente della Repubblica riceve i rappresentanti dei vari gruppi parlamentari per capire se è possibile formare una maggioranza (nel 2013 le consultazioni cominciarono il 20 marzo, cinque giorni dopo l’insediamento delle Camera e quasi a un mese di distanza dal voto).

Le consultazioni
Le consultazioni sono una prassi, una tradizione che non si ritrova in alcuna legge. La Costituzione recita soltanto all’articolo 92 che il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio: chi nominare e come sceglierlo è lasciato completamente al suo arbitrio (per esempio non è obbligato a nominare il capo del partito che ha ottenuto più voti, né tantomeno un membro del Parlamento). Ovviamente, però, l’incaricato dal presidente della Repubblica dovrà in ogni caso ricevere la fiducia del Parlamento. Le consultazioni durano di solito un paio di giorni, al termine dei quali il presidente della Repubblica può fare tre cose.

La prima: affidare a qualcuno l’incarico di formare un governo. Quella persona se vuole può condurre delle sue consultazioni e poi, se pensa di poter avere la fiducia del Parlamento, deve presentare una lista di ministri al presidente della Repubblica, giurare insieme al suo nuovo governo ed entro dieci giorni presentarsi al Parlamento per ottenere la fiducia. Di solito il presidente della Repubblica affida un incarico quando dalle elezioni emerge un chiaro vincitore o quando dalle consultazioni emerge una chiara maggioranza.

La seconda: se non emerge una chiara maggioranza, il presidente è costretto a continuare le consultazioni direttamente oppure affidando a un altro leader politico un incarico “esplorativo”. A volte in questo caso il mandato esplorativo viene affidato a chi ricopre un incarico istituzionale, come il presidente del Senato. Se tutti i tentativi di formare un governo falliscono, il presidente della Repubblica ha una terza opzione: lo scioglimento delle Camere e la convocazione di nuove elezioni.

Tre scenari
Intorno al 20 marzo, quindi, si insedierà il nuovo Parlamento e pochi giorni dopo il presidente della Repubblica inizierà le consultazioni. Sergio Mattarella incontrerà uno dopo l’altro i leader di tutti i gruppi parlamentari, dal più piccolo al più grande, ascolterà quali sono le loro intenzioni e deciderà cosa fare. Gli scenari principali sono tre.

– Primo scenario: si torna a votare
Se i vari partiti manterranno anche con il presidente della Repubblica l’atteggiamento che hanno in campagna elettorale, è probabile che il primo giro di consultazioni vada a vuoto e Mattarella sia costretto a sciogliere le camere appena insediate e convocare nuove elezioni. In questo scenario il Movimento 5 Stelle potrebbe chiedere che gli venga affidata la formazione del governo, rivendicando di essere – come dovrebbe essere secondo i sondaggi – il primo gruppo al Parlamento, ma nessun’altra forza sarà disposta ad appoggiarli e quindi Mattarella non affiderà l’incarico a Luigi Di Maio.

Terminato il primo giro di consultazioni, però, Mattarella potrebbe decidere di prendere tempo, affidando un incarico esplorativo a una figura istituzionale come il presidente del Senato oppure a un’altra figura super partes. Oppure potrebbe decidere di tenere un secondo giro di consultazioni a distanza di pochi giorni. Giorgio Napolitano ha dimostrato che in questi momenti di difficoltà il presidente della Repubblica può mettere in atto soluzioni originali e creative.

Dopo il fallimento di Bersani nel 2013, per esempio, Napolitano nominò due commissioni di “saggi”, formate da esponenti dei principali schieramenti politici, con il compito di studiare possibili riforme costituzionali bipartisan. Questa soluzione, mai sperimentata prima, contribuì in qualche misura a creare il contesto parlamentare adatto alla formazione del governo di coalizione guidato da Enrico Letta. È probabile che Mattarella proverà in vari modi a fare pressioni verso il Parlamento e costringere le forze politiche a raggiungere un accordo: questa fase di trattative potrebbe durare settimane ed essere molto convulsa. Ma se le forze politiche decideranno di non collaborare, l’unica soluzione rimarrà lo scioglimento del Parlamento e nuove elezioni.

– Secondo scenario: la grande coalizione
Molti ritengono improbabile lo scioglimento delle Camere. Sostengono che è probabile che dopo il primo giro di consultazioni la pressione per formare un nuovo governo inizierà a farsi sempre più forte. Con ogni probabilità PD e Forza Italia all’inizio diranno di non aver alcuna intenzione di allearsi, ma con il passare dei giorni inizieranno a farsi sempre più pesanti i timori per la stabilità finanziaria del paese, le pressioni del presidente della Repubblica e la stanchezza di partiti e singoli parlamentari neoeletti di fronte all’ipotesi di una nuova campagna elettorale e nuove elezioni a breve termine.

Molto dipenderà comunque dai risultati del voto. Per formare un governo di grande coalizione serve un congruo numero di parlamentari disposti ad appoggiarlo. Significa che PD, Forza Italia e partiti centristi minori dovranno conquistare un numero di seggi sufficiente a formare una maggioranza. Se non ci riusciranno – risultato non improbabile, secondo i sondaggi – dovranno raccogliere abbastanza supporto tra i parlamentari degli altri partiti per riuscirci. E non è detto che ci riescano.

Il primo caso è quello più semplice: dopo un primo giro di consultazioni andate a vuoto, PD e Forza Italia iniziano a moderare il loro atteggiamento e una possibile maggioranza comincia a emergere. A quel punto, il presidente Mattarella potrebbe decidere di affidare l’incarico alla figura che più facilmente potrebbe mettere d’accordo queste forze: non un leader di primo piano, probabilmente, ma qualcuno in grado di mettere d’accordo partiti molto diversi. L’attuale presidente del Consiglio Paolo Gentiloni è considerato uno dei candidati migliori, ma non è detto che sarà il suo nome quello destinato ad emergere dalle trattative e molto dipenderà dai rapporti di forza usciti dal voto. La componente di centrodestra della futura maggioranza, per esempio, potrebbe chiedere un nome più neutrale per guidare il governo, o comunque un nome nuovo per poter rivendicare la discontinuità col passato davanti ai propri elettori.

A seconda dei numeri che usciranno dal voto, formare un governo di grande coalizione potrebbe essere una passeggiata oppure un’impresa. Il primo caso è quello in cui PD, Forza Italia e centristi raggiungono da soli una maggioranza. Se invece, come i sondaggi sembrano indicare, per formare una maggioranza ci sarà bisogno di andare a cercare i parlamentari uno per uno, l’unico modo di verificare la tenuta del governo sarebbe attendere l’esito del primo voto di fiducia, con tutte le incertezze che ne deriverebbero.

– Terzo scenario: il governo del Movimento 5 Stelle
Se in Parlamento dovessero mancare i numeri per formare una grande coalizione, è possibile (anche se improbabile) che ci siano quelli per formare una maggioranza con M5S, Lega e Fratelli d’Italia, tre partiti in sintonia su moltissimi temi. È difficile che un governo con un simile appoggio nasca già alle prime consultazioni: i tre partiti dovrebbero dire al presidente della Repubblica di essere pronti a governare insieme sin dal loro primo incontro. Sembra più probabile invece che si prenderanno del tempo in più per arrivare a questa conclusione.

In questo scenario, i rappresentanti di Lega e Fratelli d’Italia (ed eventualmente altre forze) assicurerebbero al presidente che appoggeranno un governo del Movimento 5 Stelle. Mattarella a quel punto affiderebbe l’incarico a Luigi Di Maio, che presenterebbe una lista di ministri ed entro dieci giorni si presenterebbe al Parlamento per chiedere la fiducia. L’alleanza con Lega e Fratelli d’Italia potrebbe prendere due forme diverse: potrebbero formare un governo insieme, dividendosi quindi posti e incarichi nei vari ministeri, oppure il M5S potrebbe formare un governo “monocolore” (cioè formato solo dai suoi esponenti) e ricevere l’appoggio esterno di Lega e Fratelli d’Italia, che si limiterebbero a votare i singoli provvedimenti e la fiducia ma senza partecipare al governo.

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