Il primo bambino trattato con terapia genica contro la leucemia in Italia

Il trattamento sfrutta il sistema immunitario per riconoscere le cellule tumorali e distruggerle: il bambino sta meglio ed è in remissione

Una cellula (linfocita) T modificata attraverso un recettore chimerico antigenico (Chimeric Antigen Receptor, CAR, a destra) reso evidente con la tecnica dell'immunofluorescenza: il recettore CAR è visualizzato in verde, la membrana cellulare in rosso e il nucleo in blu (Bambino Gesù)
Una cellula (linfocita) T modificata attraverso un recettore chimerico antigenico (Chimeric Antigen Receptor, CAR, a destra) reso evidente con la tecnica dell'immunofluorescenza: il recettore CAR è visualizzato in verde, la membrana cellulare in rosso e il nucleo in blu (Bambino Gesù)

Per la prima volta in Italia, un bambino affetto da leucemia linfoblastica acuta (LLA), una forma di tumore piuttosto aggressiva, è stato trattato con una terapia che sfrutta il sistema immunitario per riconoscere le cellule tumorali e distruggerle. L’importante risultato è stato raggiunto presso l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, grazie a uno studio accademico promosso dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), dal Ministero della Salute e dalla Regione Lazio. Passato un mese dal primo trattamento, il bambino sta bene ed è stato dimesso: anche se è presto per parlare di completa guarigione, i test non hanno rilevato la presenza di cellule tumorali nel suo midollo.

Il sistema adottato dal gruppo di ricerca del Bambino Gesù è simile a quello impiegato già da tempo in diversi paesi in giro per il mondo, e sperimentato per la prima volta nel 2012 negli Stati Uniti, su una bambina di 6 anni con LLA. Gli esiti positivi di quella sperimentazione hanno portato ad altre ricerche e ad affinare le terapie per questo tipo di cancro. La tecnica rientra nelle cosiddette “terapie geniche” (“immunoterapie”), ritenute le più promettenti nella ricerca contro numerosi tipi di cancro. Semplificando, da un campione di sangue del paziente si estraggono i linfociti T, particolari cellule del sistema immunitario, che vengono poi coltivati in laboratorio, dopodiché si utilizza un virus (privato delle sue parti pericolose) per trasportare all’interno dei linfociti T un gene con le istruzioni per identificare le cellule tumorali e distruggerle. Il preparato viene poi infuso nel paziente e si attende che il sistema immunitario provveda a contrastare la malattia.

Nell’estate dello scorso anno, la Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei farmaci e degli alimenti, ha approvato il Kymriah, la prima terapia genica contro la leucemia a essere approvata. Il sistema utilizzato al Bambino Gesù presenta qualche differenza, con l’impiego tra le altre cose di un gene che può essere attivato, dopo le infusioni, nel caso in cui i linfociti modificati non si comportino come previsto, con il rischio di creare danni nel paziente: l’attivazione blocca l’azione dei linfociti.

Il risultato ottenuto al Bambino Gesù è arrivato dopo tre anni di lavoro e sperimentazioni, nell’ambito di test accademici, che non hanno quindi previsto un coinvolgimento diretto di aziende farmaceutiche come nell’esperienza statunitense. La terapia è stata sviluppata interamente in Italia, sotto la guida di Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Terapia Cellulare e Genica del Bambino Gesù. La produzione del farmaco richiede circa due settimane di lavoro, cui si aggiunge una decina di giorni di verifiche per testarne la sicurezza prima che avvenga l’infusione.

Il bambino sottoposto alla terapia ha 4 anni ed è malato di LLA. Era stato trattato una prima volta con chemioterapici, ma aveva avuto poi una ricaduta che aveva reso necessario un trapianto di midollo osseo da un donatore esterno. Il trattamento non aveva però portato ai risultati sperati e una nuova chemioterapia non sarebbe stata risolutiva. Con l’infusione dei linfociti T modificati, ora il bambino sta meglio ed è stato dimesso dall’ospedale. I medici hanno spiegato che è in remissione e che sono quindi assenti cellule tumorali nel midollo.