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  • Giovedì 11 maggio 2017

L’altra finale tra Juventus e Real Madrid

Era il 1998, e la partita fu decisa da un contestato gol di Predrag Mijatović

Edgar Davids e Fernando Morientes durante la finale all'Amsterdam ArenA (Shaun Botterill/Allsport)
Edgar Davids e Fernando Morientes durante la finale all'Amsterdam ArenA (Shaun Botterill/Allsport)

La Juventus ha da sempre un rapporto complicato con le finali di Champions League. Quella che giocherà a Cardiff contro il Real Madrid il prossimo 3 giugno, sarà la sua nona finale della coppa più importante d’Europa, ma delle precedenti otto ne ha vinte solamente due. Dall’ultima edizione vinta, quella del 1996, ha avuto ben quattro occasioni per ripetersi ma ha sempre perso. Dal 1996 al 1998 avrebbe potuto vincerne addirittura tre di fila, e sarebbe stata un’impresa unica nella storia della competizione, ma ha vinto solo la prima, allo Stadio Olimpico di Roma contro l’Ajax. Per giunta, una delle due vinte, la prima, quella del 1985 in finale contro il Liverpool, viene ricordata principalmente per la strage che avvenne allo stadio in cui si giocò, l’Heysel di Bruxelles, dove il crollo di un muro sulle tribune e la calca provocata dalla pressione dei tifosi del Liverpool uccise 39 persone e fece oltre 600 feriti.

A Cardiff la Juventus ha quindi l’occasione per interrompere una serie di sconfitte che va avanti dal 1996, e da quattro finali di fila. Giocherà contro il Real Madrid di Zinedine Zidane, che nel 1998 fece parte della formazione della Juventus che perse la coppa proprio contro il Real Madrid. A distanza di vent’anni, si può dire che quella sconfitta per la Juventus segnò la fine del ciclo di una delle squadre italiane più forti e famose degli ultimi decenni, anche se il club, con Marcello Lippi alla guida, restò fra le più forti d’Europa ancora per molti anni. Per il Real Madrid, invece, segnò l’inizio dell’era dei galacticos, le squadre composte da campioni di livello mondiale che nei successivi quattro anni vinsero altre due Champions League.

Alla fine degli anni Novanta, infatti, il Real stava passando un periodo complicato. Negli anni precedenti aveva vinto comunque campionati e coppe nazionali – per un anno fu allenata anche da Fabio Capello – ma era da 32 anni che non vinceva la Champions League, un’enormità per le ambizioni di un club il cui obiettivo storico è sempre affermarsi in tutte le competizioni più prestigiose d’Europa.

“Se non avessimo vinto la Champions saremmo stati fuori dal torneo l’anno dopo, perché in Liga eravamo lontani dalle prime quattro. Tutta la nostra attenzione era concentrata su quella partita. Si è parlato a lungo e giustamente della Decima, ma riportare la coppa a casa dopo 32 anni è stato pazzesco. Non mi dimenticherò mai quei giorni favolosi. Il mio ricordo è limpidissimo, perché quelli sono giorni indimenticabili. La Settima è un simbolo del madridismo, un trofeo fondamentale. Era un’ossessione per tutti portarla a casa: il Real aveva vinto tante volte in passato, un dominio assoluto, e poi quel vuoto lungo 32 anni. Tutti i nostri pensieri erano per quella coppa e le feste furono favolose”. Nel Real Madrid del 1998, allenato dal tedesco Jupp Heynckes, giocava anche il difensore italiano Christian Panucci, uno dei titolari della finale giocata all’Amsterdam ArenA, nonché il primo italiano nella storia del Real.

Oltre a Panucci, nella formazione del Real Madrid molti altri giocatori avevano, e avranno negli anni futuri, molti intrecci con il calcio italiano. Due anni prima Roberto Carlos giocava in Serie A con l’Inter, che lo cedette non riuscendo incredibilmente a riconoscerne il talento. Il centrocampista argentino Fernando Redondo sarebbe stato comprato dal Milan due anni dopo, salvo poi non giocare quasi mai per seri problemi fisici. Clarence Seedorf era stato comprato nello stesso anno di Roberto Carlos, ma dalla Sampdoria, e nel 1999 sarebbe tornato in Italia per diventare poi uno dei giocatori stranieri più importanti nella storia della Serie A. E infine il serbo Predrag Mijatović, alla Fiorentina dal 1999 al 2002.

Juventus e Real Madrid si equivalevano, come si può giudicare ancora adesso guardando le formazioni. Da una parte Peruzzi, Torricelli, Montero, Di Livio, Inzaghi, Del Piero, Iuliano, Deschamps, Zidane, Pessotto e Davids. Dall’altra Illgner, Roberto Carlos, Fernando Hierro, Manuel Sanchis, Redondo, Raúl, Mijatović, Seedorf, Morientes, Panucci e Karembeu. In molti, tuttavia, sostenevano che la Juventus fosse una squadra molto più solida del Real. Nella finale, però, molti suoi calciatori non giocarono come avevano fatto per tutta la stagione e nelle partite precedenti. I giocatori del Real, inoltre, sembrarono molto più concentrati e motivati.

Mijatović fu il giocatore che decise la finale della Champions League 1998, con l’unico gol della partita. A venticinque minuti dalla fine, Roberto Carlos tirò al volo dal lato sinistro dell’area di rigore juventina. Il pallone fu intercettato da Mark Iuliano, ma con entrambi i piedi. La palla gli rimbalzò rapidamente fra un piede e l’altro e finì nelle vicinanze di Mijatović, che evitò l’uscita di Peruzzi, aggirandolo, per poi calciare a porta vuota.

A distanza di anni, il gol di Mijatović è ricordato soprattutto per le polemiche sulla sua regolarità. Dopo il gol nessun giocatore della Juventus protestò con gli arbitri, e nessuno alzò le mani per “chiamare” il fuorigioco. Dalle immagini della partita si nota però come Mijatović si trovasse oltre la linea dei difensori juventini inquadrati al momento del tiro di Roberto Carlos. All’epoca, inoltre, il regolamento non teneva conto delle deviazioni degli avversari nel giudicare in fuorigioco la posizione di un giocatore. Mijatović ha parlato spesso di quel gol e sostiene che sia stato regolare a tutti gli effetti, in quanto la sua posizione era tenuta in gioco da Gianluca Pessotto, rimasto indietro negli sviluppi dell’azione del gol e non inquadrato dalle telecamere.