Il primo banner nella storia del Web

"Hai mai cliccato con il tuo mouse proprio qui?"

Sono passati quasi trent’anni da quando Tim Berners-Lee formalizzò la sua proposta che portò all’invenzione del Web, per come lo conosciamo oggi. In tutto questo tempo ci sono stati progressi con pochi precedenti nella storia dell’elettronica (il passaggio dai computer agli smartphone, per citarne solo uno), eppure il modo di raccogliere denaro e finanziare le attività online è rimasto pressoché identico: la pubblicità. Ogni giorno aziende come Google e Facebook mostrano miliardi di annunci pubblicitari, trattenendo per sé una percentuale degli introiti e lasciando il resto ai siti che li pubblicano per mantenersi. Senza la pubblicità non esisterebbero il più grande motore di ricerca al mondo e il social network più usato, così come migliaia di siti d’informazione, compreso il Post. Banner e inserzioni pubblicitarie costellano le pagine, a volte in modo invadente, ma in pochi sanno come si iniziò a fare pubblicità online e soprattutto quale fu il primo banner pubblicitario nella storia del Web.

Tra esperti e storici c’è un consenso piuttosto ampio sul fatto che Prodigy, un’azienda statunitense all’epoca di proprietà di IBM e Sears, sia stata la prima a sperimentare la pubblicità online. Erano gli anni Ottanta e Internet era principalmente fatta di email e contenuti testuali; i siti per come li conosciamo oggi non esistevano. Prodigy promuoveva i prodotti di Sears, ma solo nel 1993 mise in vendita il primo annuncio pubblicitario cliccabile, che fu pubblicato da Global Network Navigator, uno dei primissimi siti commerciali del Web.

Il primo banner pubblicitario vero e proprio, con una immagine e paragonabile a quelli che vediamo ancora oggi, è identificato per convenzione con una pubblicità di AT&T, la grande compagnia telefonica statunitense. Fu pubblicato nel 1994 sul sito HotWired.com e aveva un claim molto diretto, con un invito a cliccarci sopra (non che si potesse fare granché, sui primi siti): “Hai mai cliccato con il tuo mouse proprio qui?”, con una freccia che indicava verso la parte destra del banner dove c’era la laconica scritta “Lo farai”.

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HotWired.com fu anche il primo sito a fornire stime su quanti clic ottenessero i banner, un dato importante per chi pagava la pubblicità e voleva sapere se la sua campagna stesse funzionando. Ancora oggi le statistiche sulle visualizzazioni e i clic sui banner sono fondamentali per stabilire prezzi, durata e copertura delle campagne promozionali. Secondo le stime dell’epoca, la pubblicità di AT&T ebbe un successo notevole: il 44 per cento degli utenti che la visualizzarono ci cliccarono sopra, una porzione enorme di utenti se confrontata con le percentuali odierne di clic sugli annunci pubblicitari (il dato varia molto, ma in media ora si è ampiamente sotto l’1 per cento).

La pubblicità su HotWired.com faceva parte di una campagna più ampia di AT&T, orientata soprattutto verso la televisione con una serie di spot su come sarebbe stato il futuro grazie a Internet. Molte delle previsioni azzardate oltre 20 anni fa si sono rivelate accurate, anche se AT&T aveva immaginato un futuro in cui avremmo fatto videochiamate dalle cabine telefoniche e non dagli smartphone.

Nello stesso periodo, HotWired.com mostrava a rotazione banner pubblicitari di altre aziende: il mercato della pubblicità offline, soprattutto sui giornali, stava ripetendo il suo modello tale e quale online, con gli stessi schemi e principi di funzionamento; ed è interessante che a distanza di due decenni non sia cambiato praticamente nulla nel modo in cui si fa pubblicità online.

Pochi mesi dopo il banner di AT&T, era già il 1995, Yahoo annunciò un primo accordo commerciale per mostrare pubblicità sulla sua homepage: all’epoca non c’erano ancora motori di ricerca veri e propri e Yahoo era una lista di siti, suddivisa per categorie e generi. Una specie di elenco telefonico del Web. La progressiva diffusione dei banner ebbe un notevole impatto sulla grafica e l’organizzazione dei contenuti nei siti: nacquero formati pubblicitari orizzontali, verticali e quadrati, coi quali i gestori dei siti dovevano fare i conti per mettere intorno i loro contenuti. In quegli anni banner e proprietari di siti crearono, senza esserne completamente consapevoli, il modo in cui siamo abituati a vedere e a consultare un sito.