Zerocalcare: «Chi mi legge pensa di conoscermi, ma non è così»

L'ha detto in una lunga intervista data a Repubblica, in mezzo a molte altre cose interessanti

(Daniela Parra Saiani/Pacific Press via ZUMA Wire)
(Daniela Parra Saiani/Pacific Press via ZUMA Wire)

L’edizione di oggi di Robinson, l’inserto domenicale di Repubblica, contiene una lunga e bella intervista a Zerocalcare, uno dei più famosi fumettisti italiani. Nell’intervista, realizzata da Antonio Gnoli, Zerocalcare ha parlato di un sacco di cose: del suo rapporto con Armadillo – l’animale che nei suoi fumetti interpreta la sua coscienza – di Kobane, il villaggio curdo sul quale ha scritto un apprezzato reportage, di infanzia, solitudine, lavoretti, e molto altro.

Basta che sia il tuo alter ego.
“È la voce principale. Poi ce ne sono altre. A volte mi ritrovo ospiti in casa. Gente che si accampa nel salone per una settimana. L’armadillo si allarma; entra in ansia; mi rimprovera; mi dice: che cazzo fai, non reagisci? Buttali fuori!”.

E tu?
“Provo a ignorarlo. Ma so che è la mia voce autentica. Però mi sforzo. Lascio che il flusso delle altre voci invada il mio spazio. Si lotta spesso per la vita o per la morte. Chi mi legge pensa di conoscermi, ma non è così. Per me è faticoso passare molto tempo con le persone. È faticoso andare in vacanza, anche in coppia”.

Faticoso perché?
“Mi costringe a indossare una deprimente maschera sociale. Dopo qualche ora ho nuovamente bisogno di stare solo”.

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