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  • Venerdì 7 aprile 2017

Da domani l’ETA sarà un gruppo disarmato

L'organizzazione ha deciso di consegnare le proprie armi, ma continua a rivendicare l'autonomia del popolo basco e alcune concessioni dai governi di Spagna e Francia

Bermeo nei Paesi Baschi, 30 marzo 2017 (ANDER GILLENEA/AFP/Getty Images)
Bermeo nei Paesi Baschi, 30 marzo 2017 (ANDER GILLENEA/AFP/Getty Images)

Nella notte tra giovedì 6 e venerdì 7 aprile il sito della BBC ha pubblicato una lettera dei separatisti baschi dell’ETA in cui si annuncia la volontà di disarmo «totale» del gruppo, dopo quarant’anni di lotta in cui sono morte più di 800 persone. Nella lettera, composta da soli cinque punti e datata 7 aprile, l’ETA ha assicurato che le armi e gli esplosivi che possedeva sono già «nelle mani della società civile basca» e dice che il processo di disarmo sarà completato sabato 8, cioè domani. L’ETA avverte anche che potrebbero verificarsi degli attacchi da parte «dei nemici della pace», di chi cioè è contrario a questa iniziativa. Il fatto che tra la fine della lotta armata (annunciata nel 2011) e l’annuncio del disarmo sia passato così tanto tempo è probabilmente un segno della contrarietà di molti membri dell’ETA a questa decisione.

lettera ETA

Euskadi Ta Askatasuna (in spagnolo País Vasco y Libertad, “Paese Basco e Libertà”) è considerata un’organizzazione terroristica dall’Unione Europea e da diversi stati, tra cui gli Stati Uniti d’America. Lo scopo dell’ETA è l’indipendenza politica dei baschi. In attività dalla fine degli anni Cinquanta, l’ETA si accostò alla lotta armata verso la metà degli anni Sessanta e, secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno spagnolo, è responsabile dell’uccisione di 825 persone. Per finanziare la propria attività l’ETA praticava una “tassa rivoluzionaria”, imposta sotto minaccia di morte a molti imprenditori e professionisti baschi. L’ETA ha abbandonato la lotta armata nell’ottobre del 2011, ma ha rifiutato il disarmo e lo scioglimento dell’organizzazione richieste dai governi di Madrid e Parigi, reclamando invece una negoziazione a favore dei suoi membri attualmente in carcere (sono 360 in totale: di questi 75 sono in Francia e un centinaio sono stati condannati a pene superiori ai dieci anni).

Nella lettera si dice che il «processo non è completato» e questo può fare riferimento al desiderio di ottenere in futuro delle concessioni, in particolare il trasferimento di molti dei detenuti in prigioni che si trovino più vicine alle famiglie. Negli ultimi anni ci sono state molte proteste nei Paesi Baschi contro il cosiddetto fenomeno della “dispersione”, la politica penitenziaria che manda i prigionieri lontano da casa: di quasi 400 persone che hanno avuto legami con l’ETA e che si trovano in carcere, solamente 5 stanno scontando la condanna in centri penitenziari che si trovano nel Paese Basco, più di 70 si trovano in carcere in Francia, mentre le altre si trovano in Spagna ma in posti molto lontani da casa. Il 90 per cento di loro – secondo uno studio dell’organizzazione Exterat e del giornale basco Gara – si trova a più di 400 chilometri di distanza dalle famiglie.

Nella lettera pubblicata da BBC, uscita in due versioni, una in inglese e una in spagnolo, si parla anche di «una strada dura e difficile» e si accusano i governi di Spagna e Francia che hanno continuato a scegliere un’opposizione poliziesca e a difendere la storia in base a uno schema di «vincitori e vinti». Il gruppo non fa comunque riferimento a un possibile scioglimento: «Abbiamo preso le armi per il popolo basco e ora le lasciamo nelle loro mani». L’obiettivo resta «raggiungere la pace e la libertà del nostro popolo». Alcune fonti del governo regionale basco citate da El País dicono che la soluzione migliore sarebbe uno scioglimento definitivo dell’ETA, piuttosto che una serie di singole azioni così lontane nel tempo. Con uno scioglimento formale potrebbe essere più facile convincere le autorità spagnole e francesi ad avvicinare i militanti incarcerati e potrebbe avere conseguenze positive anche sulle loro condizioni di detenzione. Una persona ritenuta molto importante nella decisione del disarmo è il leader della sinistra indipendentista basca, Arnaldo Otegi, che in passato ha scontato diverse pene detentive per i suoi legami con l’organizzazione.

La procura della Corte Suprema ha fatto sapere di avere intenzione di indagare l’effettiva consegna delle armi, che si svolgerà sabato 8 aprile a Bayonne, nel sud-ovest della Francia, attraverso un gruppo di intermediari appartenenti a un’associazione di volontari, i cosiddetti “artigiani della pace”. La procura intende verificare se con quelle armi siano stati commessi più di 300 omicidi che restano tuttora irrisolti.

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Il disarmo dell’ETA è atipico. Non può essere assimilabile a quello dell’IRA nell’Irlanda del Nord o a quello delle FARC in Colombia. La differenza fondamentale è che questi ultimi due processi sono stati il ​​risultato di negoziati e accordi di pace. Il disarmo dell’ETA è invece una decisione unilaterale. La seconda eccezionalità dell’azione del gruppo basco consiste nella modalità della consegna delle armi: offrendo le armi ai giudici francesi tramite intermediari (i depositi di armi si trovano in Francia) l’ETA si è impegnata per la legalità, ha scelto cioè di non distruggere le armi che potranno dunque essere analizzate per scoprire se con esse siano stati commessi eventuali reati. Le armi dell’IRA e delle FARC sono state invece distrutte, scrive El País. La terza differenza consiste nella gestione delle consegne. Il disarmo dell’ETA sarà completo, definitivo e avverrà attraverso un unico atto, ha fatto sapere il governo basco. La consegna dell’IRA è avvenuta in quattro momenti, le FARC hanno recentemente fatto la loro prima consegna. Si ipotizza che l’armamento dell’ETA consista in 200-300 elementi tra fucili, mitra e materiale esplosivo: si tratta dunque di una quantità ben al di sotto di quella a disposizione del gruppo irlandese e della guerriglia colombiana.

I Paesi Baschi sono un’entità geografico-culturale molto definita, ma politicamente divisa tra Francia e Spagna. Comprendono sette province: quelle nel sud ovest della Francia (Labourd, Bassa Navarra e Zuberoa che non hanno alcuna autonomia all’interno dello Stato francese); quelle spagnole di Biscaglia, Guipuzcoa e Alava (il cui capoluogo Vitoria è anche capitale della Comunità Autonoma Basca); infine, la comunità autonoma di Navarra che rappresenterebbe dal punto di vista geografico la parte più estesa dei Paesi Baschi. Uno dei fattori d’identità del popolo basco è la lingua, l’euskera, l’unica sopravvissuta in Europa dopo l’arrivo degli indoeuropei quattromila anni fa. Per dire che una persona è basca si dice che è euskaldun cioè “che parla il basco”. Anche l’espressione originaria per indicare i Paesi Baschi è Euskal Herria che significa “popolo della lingua basca” e indica dunque in un’unica parola il paese e il popolo. Un’espressione più recente per indicare i Paesi Baschi è Euskadi, coniata nel 1900 da Sabino Arana, padre del nazionalismo basco e fondatore (nel 1895) del Partito Nazionalista Basco (Pnv): Euskadi vorrebbe indicare l’unità politica (mai esistita in epoca moderna) delle sette province basche.