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  • Giovedì 6 aprile 2017

In Messico un quotidiano ha chiuso per i troppi giornalisti uccisi

Solo nell'ultimo mese sono stati tre: il direttore di un piccolo giornale locale ha deciso che non ne vale la pena

di Samantha Schmidt – The Washington Post

Un uomo regge un cartello con una foto di Miroslava Breach, una giornalista messicana uccisa il 23 marzo, durante una marcia a Messico City, il 25 marzo 2017 (AP Photo/Eduardo Verdugo)
Un uomo regge un cartello con una foto di Miroslava Breach, una giornalista messicana uccisa il 23 marzo, durante una marcia a Messico City, il 25 marzo 2017 (AP Photo/Eduardo Verdugo)

Prima c’è stato il giornalista freelance ucciso a un autolavaggio. Poi, l’editorialista a cui hanno sparato due volte mentre usciva da un ristorante con moglie e figlio. Infine, il 23 marzo, Miroslava Breach, una giornalista di 54 anni madre di tre figli, è stata uccisa con otto colpi di arma da fuoco fuori da casa, mentre era in auto con uno dei suoi figli. Sulla scena è stato lasciato un pezzo di cartone arrotolato, che forniva l’agghiacciante movente dell’omicidio: essere «una spiona». Il mese scorso in Messico sono stati uccisi tre giornalisti, nell’ambito di un’ondata «senza precedenti» di violenze contro la stampa. Fare il giornalista in Messico è diventato così pericoloso da spingere il proprietario di un giornale a decidere di non essere più disposto a correre il rischio. In una lettera pubblicata domenica in prima pagina – con il titolo «Adios!» scritto a caratteri cubitali – il proprietario di Norte, un quotidiano di Ciudad Juarez, una città al confine settentrionale del Messico, ha annunciato la chiusura della versione cartacea della pubblicazione per via delle violenze in corso contro i giornalisti, uccisioni che spesso rimangono impunite.

«Oggi, stimato lettore, mi rivolgo a lei per comunicarle che ho deciso di chiudere questo giornale per via del fatto che, tra le altre cose, non esistono né le garanzie né la sicurezza per svolgere un giornalismo critico e controbilanciato», ha scritto il proprietario di Norte, Oscar A. Cantú Murguía. In un’intervista con il Washington Post, Cantú ha detto che lunedì avrebbe annunciato anche la chiusura della versione online del giornale, durante una riunione con lo staff. Nonostante le crescenti difficoltà economiche del giornale, la decisione di cessare le attività è arrivata dopo l’uccisione di Breach, una corrispondente del giornale nazionale messicano La Jornada e collaboratrice di Norte, una collega a cui Cantú ha raccontato di essere molto vicino. «Nella vita tutto ha un inizio e una fine, e un prezzo da pagare», ha scritto Cantú nella lettera, che è stata pubblicata anche online, «e se questa è la vita, non sono pronto a fare pagare questo prezzo ad altri dei miei collaboratori, né a farlo in prima persona».

Cantú ha raccontato che la notizia della morte di Breach lo ha fatto sentire arrabbiato, stanco e «stufo». Nei 27 anni in cui è stato pubblicato il giornale, i giornalisti di Norte si sono trovati spesso «in linea di tiro», correndo numerosi rischi per via del loro lavoro, aumentati dalla prossimità del giornale al confine, ha raccontato Cantú. Con la morte di Breach, però, la realtà della loro professione li ha colpiti nel vivo come non era mai successo prima. «Per me una stampa libera è un pilastro della democrazia», ha detto Cantú, «se non posso più fare il genere di giornalismo che voglio fare… Non posso più accettarlo. Basta così». Cessare le attività cartacea e digitale del giornale porterà al taglio di circa 150 posti di lavoro, ha raccontato Cantú, che però spera di aiutare i suoi dipendenti a trovare lavoro in altre pubblicazioni o aziende. Chiudere il giornale è stata una decisione difficile, ha detto Cantú, che poi ha aggiunto: «Preferisco che perdano il lavoro piuttosto che la vita».

Cantú ha attribuito la decisione anche ai problemi finanziari del giornale, per i quali ha incolpato le autorità, parlando dell’«arroganza del rifiuto di pagare i debiti contratti per l’erogazione di servizi». In Messico la pubblicità del governo è un’importante fonte di ricavi per molte società di news, Norte compresa. Cantú, però, ha detto che i timori finanziari non sono niente rispetto ai pericoli a cui sono esposti i giornalisti. I rischi sono particolarmente alti per le piccole pubblicazioni che si concentrano sulle notizie locali come Norte, ha raccontato Cantú. Le uccisioni di giornalisti che lavorano per pubblicazioni nazionali come La Jornada, uno dei principali quotidiani messicani, sono relativamente inconsuete.

In generale, i giornalisti messicani sono spesso «trattati come il male della società», in modo analogo a quello in cui il presidente americano Trump li ha definiti «il nemico del popolo», ha detto Cantú. «È un atto di protesta», ha detto parlando della chiusura del giornale, «è il mio modo di protestare in silenzio». Norte, che circolava in circa 30mila copie durante la settimana e circa 35mila nel weekend, era uno dei cinque giornali locali di Juarez, una città di confine da 1,3 milioni di abitanti a sud di El Paso, in Texas.

Dal 1992 in Messico sono stati uccisi almeno 38 giornalisti per motivi legati al loro lavoro, stando al Committee to Protect Journalists (CPJ), un gruppo di pressione che si occupa di media e ha sede a New York. Nello stesso periodo sono stati uccisi altri 50 giornalisti per motivi non ancora chiariti. «Il Messico sta affrontando una profonda e totale crisi della libertà di espressione», ha detto ad Associated Press Carlos Lauria, coordinatore di programma per le Americhe di CPJ. «Colpisce i messicani, e non solo i giornalisti, perché la chiusura di un giornale priva le persone dell’informazione di cui hanno bisogno per decidere in modo informato», ha aggiunto. Lauria ha detto di non avere le prove che le tre uccisioni dei giornalisti del mese scorso fossero collegate, ma ad Associated Press ha definito la morte di Breach «molto preoccupante» e parte di uno schema di omicidi di giornalisti che rimangono impuniti nel paese. Breach era un’esperta giornalista molto rispettata che si occupava di criminalità, politica e altre questioni, secondo CPJ. La sua morte ha spinto molti giornalisti e sostenitori della libertà di espressione a protestare a Città del Messico.

Il 2 marzo Cecilio Pineda Birto, un giornalista freelance e fondatore di La Voz de Tierra Caliente, è stato ucciso in un autolavaggio a Ciudad Altamirano, nello stato di Guerrero. Il 19 marzo l’editorialista Ricardo Monlui è stato ucciso da due colpi di pistola nella città di Cordoba a Veracruz, uno stato sulla Costa del Golfo tormentato dalla guerra tra gruppi criminali rivali. L’anno scorso nello stato sono state uccise almeno 1258 persone, stando a ricostruzioni giornalistiche. Mercoledì 29 marzo l’esperto giornalista Armando Arrieta Granados, direttore editoriale del quotidiano di Veracruz La Opinión, è stato ferito gravemente da quattro proiettili mentre tornava a casa nella città di Poza Rica, stando a CPJ. Le condizioni di Arrieta, un giornalista di 51 anni con oltre vent’anni di esperienza, sono rimaste gravi anche dopo l’arrivo in ospedale.

Alla luce della chiusura di Norte molti lettori hanno espresso solidarietà nei confronti della decisione di Cantú, mentre alcuni giornalisti si sono lamentati per la perdita dei posti di lavoro e di una fonte vitale di giornalismo locale. Domenica Hérika Martinez, giornalista e fotografa di Norte, ha scritto su Twitter: «Oggi è morta una parte del giornalismo di Juarez».

Un lettore ha commentato l’annuncio della chiusura di Norte sul sito del giornale, scrivendo che i giornalisti locali «non meritano di perdere nessun altro nella battaglia contro chi vede la nostra città, il nostro stato e il nostro paese come un dono per la sua sete di ricchezza e potere». «Il ricordo della loro battaglia non sarà cancellato», ha scritto il lettore, «i cittadini saranno sempre grati per il loro impegno prezioso per rendere questo mondo un posto migliore per i nostri figli».

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