La rivolta dei migranti a Conetta

È cominciata ieri per la morte di una donna ivoriana in un centro di accoglienza in provincia di Venezia, 25 operatori sono rimasti bloccati per ore e si è risolta solo a tarda notte

Un'immagine del centro di accoglienza di Conetta.
Un'immagine del centro di accoglienza di Conetta.

Nella notte tra lunedì e martedì i carabinieri e la polizia sono intervenuti nel centro di prima accoglienza di Conetta, una frazione del comune di Cona, in provincia di Venezia, per fermare una rivolta che era cominciata diverse ore prima. Gli ospiti nel centro, circa un migliaio di richiedenti protezione internazionale, avevano iniziato a protestare dopo la morte di una donna ivoriana di 25 anni, Sandrine Bakayoko, arrivata a Cona quattro mesi prima a bordo di una delle tante imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo dalla Libia alle coste della Sicilia. I richiedenti protezione internazionale hanno occupato il centro, hanno spento tutte le luci e acceso dei roghi, e hanno rinchiuso 25 operatori della cooperativa Ecofficina nella struttura: la situazione si è risolta solo a tarda notte, quando gli operatori sono stati fatti uscire dal centro.

Il centro di prima accoglienza di Conetta, una frazione di 197 abitanti a metà strada tra Piove di Sacco e Cavarzere, ha aperto nel 2015 all’interno di una ex base missilistica di proprietà del ministero della Difesa ed è stato dato in gestione alla cooperativa Ecofficina. Da allora ospita i migranti che sono in attesa di sapere se la loro richiesta di protezione internazionale verrà approvata dalle varie commissioni territoriali presenti in Italia. Già prima della sua apertura, il sindaco Alberto Panfilio si era detto preoccupato che la struttura potesse diventare una specie di centro di prigionia, visto che si trova nel mezzo della campagna ed è priva di collegamenti e servizi. Nel corso dell’ultimo anno Ecofficina ha ricevuto molte critiche per la gestione del centro. Nel gennaio 2016 decine di migranti avevano organizzato una protesta per chiedere migliori condizioni di vita: si erano lamentati di avere freddo durante la notte, della mancanza di vestiti e di acqua calda per lavarsi, della scarsità di docce e servizi igienici, oltre che della carenza di medicine e assistenza medica. Diversi dubbi erano stati espressi anche da una delegazione di avvocati dell’associazione Giuristi democratici, che avevano visitato il centro qualche mese dopo.

Lunedì è cominciata l’ultima di una serie di rivolte organizzate dai migranti del centro. Il motivo è stato il ritrovamento del corpo di Sandrine Bakayoko in uno dei bagni della struttura. Il compagno della donna, intervistato dal Corriere della Sera, ha detto che Bakayoko si era sentita male già all’alba di lunedì ma lui l’ha trovata priva di coscienza solo intorno a mezzogiorno: «Ho sfondato la porta e l’ho trovata lì, distesa a terra. Stava male da giorni, tossiva, aveva la febbre. Questo non è un posto dove ospitare delle donne». I migranti ospitati nel centro hanno raccontato che i soccorsi ci hanno messo molto tempo ad arrivare, una ricostruzione però smentita dagli operatori del 118.

Nel pomeriggio è cominciata la rivolta. I migranti hanno occupato l’intera struttura e hanno rifiutato i tentativi di mediazione degli operatori di Ecofficina. Poi sono riusciti ad accedere ai locali dove si trova la centralina elettrica e hanno spento tutte le luci. Un operatore di Ecofficina ha raccontato al Corriere che per un po’ ha funzionato il sistema elettrico di emergenza ma poi i 25 dipendenti della cooperativa bloccati nella struttura sono rimasti al freddo e al buio per diverse ore. Nella notte sono intervenuti i carabinieri che hanno tentato di mediare con i migranti la liberazione degli operatori, accordata solo a tarda notte. A quel punto gli operatori sono stati fatti uscire con delle auto, che però sono state colpite da alcuni oggetti lanciati dagli stessi migranti. La procura di Venezia ha aperto un’indagine su quanto accaduto e oggi verrà fatta l’autopsia sulla donna ivoriana per chiarire le cause della morte.