Perché si parla della laurea di Valeria Fedeli

Qualcuno dice che la nuova ministra all'Istruzione abbia mentito sul suo curriculum, spacciando un diploma per una laurea: lei ha spiegato che è solo un'incomprensione

(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

È in corso una discussione sul titolo di studio di Valeria Fedeli, nominata lunedì ministra dell’Istruzione del governo Gentiloni: se ne parla oggi su diverse prime pagine di giornali critici con l’attuale governo, come il GiornaleLibero e il Fatto. Fedeli è accusata di aver mentito sulla sua laurea. L’accusa è stata tirata fuori per la prima volta da Mario Adinolfi, giornalista e attivista fondamentalista cattolico con un passato nel PD, che ha scritto su Facebook: «Fedeli mente sul proprio titolo di studio, niente male per un neoministro all’Istruzione. Dichiara di essere “laureata in Scienze Sociali”, in realtà ha solo ottenuto il diploma alla Scuola per Assistenti sociali Unsas di Milano».

Adinolfi si riferiva al sito ufficiale di Fedeli, nella cui sezione “Chi sono” c’era scritto: «Finite le scuole mi sono trasferita a Milano per iscrivermi dove ho conseguito il diploma di laurea in Scienze Sociali, presso UNSAS». Nella mattinata di mercoledì, il sito è stato aggiornato con la dicitura «dove ho conseguito il diploma in Scienze Sociali». Su un curriculum in formato PDF ancora disponibile sul sito di Fedeli, c’è però scritto: «Laureata in Servizi Sociali (attuale laurea in Scienze Sociali)». Fedeli è nata nel 1949 e Repubblica scrive oggi che ha finito di frequentare la scuola di Servizi Sociali nel 1971: come hanno fatto notare diversi giornali, però, il valore legale del diploma di Servizi Sociali è stato riconosciuto solo nel 1987 e i corsi di Laurea veri e propri nella materia sono stati istituiti solo alla fine degli anni Novanta. Fino al 1997, quando venne approvata la riforma del ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, non esistevano proprio le lauree triennali. Quando l’ha frequentata Fedeli, quindi, la scuola di Servizi Sociali non era un’università e non conferiva una laurea.

Il Mattino ha scritto di avere parlato con i collaboratori di Fedeli, che hanno riconosciuto che quella conseguita da Fedeli non era una laurea: hanno spiegato che la ministra non voleva mentire, ma che è stato un «problema lessicale» fatto «in buona fede». Il diploma di Fedeli sarebbe stato, una volta istituite le università in Servizi Sociali, qualcosa di simile all’attuale laurea triennale. Repubblica dice di aver parlato con “fonti vicine alla ministra”, che hanno detto che il certificato che si otteneva alla UNSAS (Unione nazionale assistenti sociali) quando la frequentò Fedeli si chiamava “Diploma di Laurea”. Fedeli, contattata dal Post, non è risultata immediatamente disponibile per un commento.

Anche dopo le spiegazioni dello staff di Fedeli, in molti sui giornali e sui social network hanno criticato la decisione di scegliere un ministro dell’Istruzione non laureato. Ad alimentare le critiche a Fedeli provenienti da destra, poi, c’è stato il fatto che Fedeli in passato ha promosso una legge per introdurre nelle scuole l’educazione alle differenze tra donna e uomo e lo sviluppo della libera espressione della personalità, la lotta al sessismo e all’omofobia, e in generale contenuti contro gli stereotipi di genere. Fedeli è sempre stata molto attiva nella lotta contro il sessismo e l’omofobia, e la legge (presentata come prima firmataria il 26 gennaio 2015) attirò su di lei le critiche degli estremisti cattolici e della destra, che fecero estese campagne contro l’insegnamento nelle scuole della cosiddetta “teoria del gender” (che non esiste).

Fedeli è nata a Treviglio (Bergamo) il 29 luglio del 1949, ed è vicepresidente del Senato: quando fu eletto Sergio Mattarella fu lei a presiedere la seduta insieme a Laura Boldrini, perché Piero Grasso era diventato presidente supplente dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano. Alla fine degli anni Settanta ricevette il primo incarico da sindacalista nella CGIL, a Milano, mentre nei primi Ottanta si trasferì a Roma dove si occupò di incarichi nelle segreterie sindacali del pubblico impiego e poi del settore tessile. Tra il 2000 e il 2010 è stata segretaria generale della Filtea, la categoria della CGIL che si occupa del settore tessile. Ha collaborato con Pier Luigi Bersani, quando era ministro dello Sviluppo Economico, a definire linee guida per la politica industriale del settore della moda italiano. Nel 2012 ha lasciato la CGIL ed è diventata vicepresidente nazionale di Federconsumatori. Fa parte del PD dalla sua fondazione ed è alla sua prima elezione in Parlamento.