La dura vita dei DJ

Sono sempre in tour, dormono poco e male, soffrono di ansia e si sentono soli: per questo alcuni – come Moby e Avicii – decidono di smettere

(Chelsea Lauren/Getty Images for PANDORA Media)
(Chelsea Lauren/Getty Images for PANDORA Media)

Vista da fuori la vita dei musicisti in tour è un insieme affascinante di adrenalina, divertimento e fan adoranti, ma ci sono anche molti aspetti negativi, come l’insonnia, l’ansia e problemi relazionali di vario genere. Un aspetto positivo è comunque che i concerti finiscono relativamente presto, poco dopo la mezzanotte: più o meno quando i DJ più famosi del mondo non hanno ancora iniziato a lavorare. I DJ insomma devono sopportare gli stessi svantaggi dei musicisti a cui si aggiunge l’ora molto più tarda in cui finiscono di esibirsi, come ha raccontato sul Guardian Ashley Zlatopolsky in un articolo intitolato “Farmaci, assenza di sonno e isolamento: gli svantaggi di essere un musicista dance“. Per scriverlo Zlatopolsky ha intervistato alcuni dei più famosi DJ al mondo: Moby, Steve Aoki e Tony McGuinness degli Above & Beyond.

Tony McGuinness ha 47 anni e fa parte degli Above & Beyond, un trio che fa musica elettronica – trance e progressive trance – dal 2000. Ha detto che «il jet lag e l’impossibilità di dormire quando si vorrebbe farlo sono i più grandi rischi del lavoro». Secondo McGuinness «la differenza [rispetto agli altri musicisti] è la velocità con cui un DJ va in tour. Hai un calendario completamente flessibile, cosa che non succede nel rock’n’roll, e ti capita spesso di esibirti nel mezzo della notte». I famosi DJ sono persone di trenta, quaranta o cinquant’anni che fanno – per settimane, spesso insieme a un altro lavoro – quello che alcuni 18enni fanno a Ibiza per dieci giorni, svegliandosi poi molto tardi. Curt Cameruci del duo trap Flosstradamus ha detto: «I DJ finiscono di esibirsi alle 3 di notte, o anche più tardi. Poi dobbiamo tornare in hotel e cercare di dormire un po’ prima di svegliarci per prendere un volo alle 8 del mattino, ma siamo così gasati dalla performance che è difficile “farsela scendere” e prendere sonno».

Alla lunga, scrive il Guardian, «la privazione di sonno può compromettere il sistema immunitario, può far diventare depressi e ansiosi, portare a problemi cognitivi e di memoria e, in casi estremi, a una dissociazione dalla realtà». McGuinness ha detto di esserci andato vicino un po’ di tempo fa quando, dopo molti giorni di tour, volò in Italia per il matrimonio di un amico. Aveva così sonno che mentre teneva un discorso per gli sposi si sentiva svenire e faceva molta fatica a parlare: «Mi resi conto che potevo fare senza problemi uno spettacolo all’Hollywood Bowl [un’importante sede di concerti a Los Angeles] ma facevo fatica a parlare al matrimonio del mio migliore amico».

Molti DJ dormono poco – «due ore di giorno e due di notte», ha detto Borgore, un israeliano di 28 anni che fa dubstep – molti altri dormono male: per esempio Steve Aoki, che ha 38 anni e fa soprattutto electro house, dorme quasi sempre in aereo. Moby – il famosissimo DJ statunitense di 50 anni che ha deciso di non fare più tour – ha detto: «Non mi è mai successo di andare in tour e non avere ansia, insonnia e depressione. All’inizio sembrava solo un piccolo prezzo da pagare. Ma a questo punto della mia vita non posso più davvero fare così del male al mio corpo e alla mia salute mentale solo perché sento di dover andare in tour».

Inoltre mentre i musicisti vanno di solito in concerto quando esce un nuovo disco, i DJ si esibiscono con molta più frequenza: per esempio è dal 2007 che Steve Aoki fa almeno 200 spettacoli all’anno. I DJ inoltre si spostano più facilmente dei musicisti, dato che non servono grandi palchi, luci e scenografie spettacolari, ma suonano spesso in discoteche o locali in cui è già tutto pronto.

I DJ intervistati dal Guardian si sono anche lamentati molto della solitudine: «Sei solo nella tua stanza d’albergo, poi sali su un’auto con il tuo tour manager e ti portano fino a dove devi suonare, magari fai qualche intervista, poi vedi qualcuno della casa discografica, e subito dopo sei lì che suoni davanti a 50mila persone, poi torni nel tuo camerino vuoto e da lì alla tua vuota stanza d’hotel», ha detto Moby. Un altro problema è, una volta finito il tour, tornare a casa ai ritmi normali: «Di solito ci vogliono almeno due o tre giorni per tornare umano», ha detto Cameruci: «Ma poi quattro giorni dopo dobbiamo ripartire di nuovo». «Torni a casa da un grande tour – ha spiegato McGuinness – e per un paio di giorni non hai nemmeno voglia di vedere i tuoi amici, perché ti senti distrutto».

Durante il concerto poi i DJ devono sembrare sempre vivaci e pieni di energia: nessuno di quelli intervistati dal Guardian ha parlato esplicitamente di farmaci o droghe, e ha citato invece metodi più innocui per reggere quei ritmi. Steve Aoki fa meditazione e sta attento a cosa mangia: frutta, verdura e proteine; Cameruci «sta a piedi nudi sull’erba» per stabilire una specie di legame con il posto in cui si trova; Moby fa un po’ di tutto: «Esercizi, yoga, meditazione, dieta e niente alcool».

Tra i DJ famosi che hanno rinunciato alla dura vita del tour c’è Avicii, pseudonimo di Tim Berlinger, che ha 26 anni, è svedese e da qualche anno è uno dei più apprezzati al mondo: fa soprattutto EDM (Electro Dance Music) e Wake Me Up – la sua canzone più famosa – la conoscono anche quelli che magari non sanno che è sua.

A marzo Avicii ha scritto una lettera ai suoi fan, spiegando che non ne poteva più dei tour: «Mi resta troppo poco per quella che è la vita della vera persona che c’è dietro l’artista».