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  • Martedì 31 maggio 2016

Da dove vengono gli aforismi

Nati come una raccolta sulla conoscenza medica al tempo dei Greci, sono diventati un genere letterario e una moda da social network

Una citazione di Virgilio al memoriale del World Trade Center, New York, maggio 2014
(STAN HONDA/AFP/Getty Images)
Una citazione di Virgilio al memoriale del World Trade Center, New York, maggio 2014 (STAN HONDA/AFP/Getty Images)

L’enciclopedia Treccani definisce la parola “aforisma” (o “aforismo”) come una “definizione che riassume il risultato di precedenti osservazioni”. Il vocabolario Treccani allarga il significato a “proposizione che riassume in brevi e sentenziose parole il risultato di precedenti osservazioni o che, più genericamente, afferma una verità, una regola o una massima di vita pratica”. Nei secoli però quello degli aforismi è diventato anche un genere letterario, come spiega un lungo articolo dello scrittore Ryan Ruby pubblicato sulla rivista di storia Lapham’s Quarterly, intitolato “La lunga storia di una forma breve”. La nascita ufficiale dell’aforisma viene fatta risalire alla pubblicazione di Aforismi, un’opera del medico greco Ippocrate (quello del giuramento), vissuto più o meno tra il 460 a.C. e il 377 a.C.: è una raccolta di brevi frasi che riassumono la conoscenza medica del tempo. La prima, che è anche la più nota, dice:

«La vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione è fugace, l’esperienza è fallace, il giudizio è difficile»

La popolarità degli aforismi continua ancora oggi – anche grazie a molte immagini condivise sui social network e alle loro parodie, come quelle della pagina Facebook Le più belle frasi di Osho – perché grazie alla loro forma incisiva possono essere interpretati in molti modi. Ad esempio, quando Ippocrate scriveva “la vita è breve, l’arte è lunga” intendeva che per imparare le tecniche della medicina c’è poco tempo; oggi le diamo un altro significato: ciò che un uomo fa in vita ha conseguenze che continuano anche dopo la sua morte.

Gli aforismi dall’antichità al Seicento

Ruby spiega che a differenza dei proverbi della Bibbia gli aforismi non nacquero come insegnamento religioso: il tema principale fu da subito la brevità della vita. Tra le raccolte di aforismi dell’antichità più famose – oltre a quella di di Ippocrate – ci sono il Manuale di Epitteto in cui lo storico Arriano scrisse i pensieri del suo maestro, il filosofo stoico Epitteto, e i Pensieri dell’imperatore romano Marco Aurelio, a sua volta seguace dello stoicismo. Gli aforismi di Ippocrate spiegavano alcuni rimedi medici per la salute del corpo, mentre quelli a tema filosofico sono “esercizi spirituali”, scritti per la salute dello spirito. Nei secoli successivi alla caduta dell’impero romano questa funzione terapeutica per l’anima fu assunta dai testi cristiani e dagli insegnamenti dei religiosi.

Un ritorno dell’aforisma come forma letteraria avvenne in Francia nel Seicento. I due massimi esponenti del genere, molto diversi tra loro, furono il matematico e fisico Blaise Pascal (1623-1662) – a lui si devono il Triangolo di Pascal, che in Italia è noto anche come Triangolo di Tartaglia, e il Principio di Pascal riguardo la pressione – e François de La Rochefoucauld (1613-1680), aristocratico e cortigiano. Pascal seguiva il movimento religioso del giansenismo che fu condannato come eresia dalla Chiesa cattolica nel 1641; i suoi Pensieri sono aforismi che cercano di coniugare ragione e fede. Probabilmente se avesse avuto più tempo Pascal avrebbe realizzato un libro meno frammentario per spiegare il suo pensiero, ma quando morì aveva scritto soltanto le brevi frasi dei Pensieri. Uno dei suoi aforismi più famosi è:

«Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce»

Le Massime di François de La Rochefoucauld invece sono laiche, prive di qualsiasi intento moralistico e spesso ciniche. La Rochefoucauld lavorò a lungo per rifinire i suoi aforismi e renderli il più possibile brillanti e piacevoli da ascoltare per come erano scritti; secondo Ryan Ruby è con la sua opera che l’aforisma si è trasformato da strumento dell’insegnamento filosofico a genere letterario vero e proprio. Un esempio degli aforismi di La Rochefoucauld è:

«Il più delle volte, le nostre virtù sono soltanto vizi camuffati»

Nietzsche e gli aforismi nel Novecento

Nell’Ottocento il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche scrisse opere filosofiche sotto forma di aforismi. Secondo Ruby le sue metafore sono marziali e terapeutiche insieme, come facevano gli stoici: Nietzsche però voleva curare un’intera cultura (che per lui preferiva la debolezza alla forza, il gregge all’individuo, la morte alla vita) e non solo le singole persone. In Il crepuscolo degli idoli, Nietzsche scrisse:

«L’aforisma, la sentenza, […] sono le forme dell'”eternità”; la mia ambizione è dire in dieci frasi quello che chiunque altro dice in un libro, – quello che chiunque altro non dice in un libro…»

Molti pensatori furono influenzati da Nietzsche e dai suoi aforismi, che erano considerati uno specchio della “frammentazione della modernità”. Ruby, che considera la prima metà del Novecento come “l’età dell’oro degli aforismi”, cita tra gli altri il Manuale del rivoluzionario di George Bernard Shaw, gli aforismi dell’autore satirico austriaco Karl Karus (quello di cui parla Jonathan Franzen in Il progetto Kraus), gli Aforismi di Zürau di Franz Kafka, Il libro dell’inquietudine di Fernando Pessoa, Al culmine della disperazione di Emil M. Cioran, Strada a senso unico di Walter Benjamin, L’ombra e la grazia di Simone Weil e Minima moralia di Theodor Adorno. Anche le Ricerche filosofiche del filosofo Ludwig Wittgenstein sono scritte come aforismi.

Gli aforismi oggi

Anche se non si può dire che vadano di moda, oggi gli aforismi non sono del tutto scomparsi come genere letterario. L’abitudine alla sintesi richiesta dai social network e dai 140 caratteri di Twitter ha però influenzato una rinascita degli aforismi e il diffondersi di citazione false e inventate attribuite di volta in volta ad autorevoli pensatori o scrittori come Oscar Wilde e Schopenhauer.

Ryan Ruby segnala in particolare tre autrici contemporanee legate in qualche modo all’uso degli aforismi. In Matches: A Light Book (2015) la filosofa e scrittrice canadese di origini polacche S.D. Chrostowska paragona gli aforismi a fiammiferi che bruciano in poco tempo lasciando solo cenere e un ricordo (in inglese “light” significa “leggero”, ma anche “luce”). Matches è un libro di critica al mondo accademico, al mondo dell’arte, dell’editoria, dei giornali, dell’economia politica e della cronaca.

Le altre due, Maggie Nelson e Valeria Luiselli, hanno sperimentato gli aforismi in campo più strettamente letterario che filosofico. Nelson ha scritto tutto Bluets (2009) e parte di The Argonauts (2015) sotto forma di aforismi: il primo è composto da una serie numerata di riflessioni sul colore blu, il secondo è un romanzo autobiografico sulla relazione dell’autrice con l’artista Harry Dodge, transgender e nato con un corpo femminile. Nella prima pagina del romanzo Nelson scrive che prima di incontrare Dodge pensava, come Wittgenstein, che tutto ciò che non può essere espresso sia contenuto in ciò che può esserlo, ma che l’esperienza della loro relazione ha cambiato il suo modo di considerare le parole. Valeria Luiselli, scrittrice italo-messicana, è invece l’autrice di Carte false (La Nuova Frontiera, 2013), un libro di viaggio da Città del Messico a New York e a Venezia.