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  • Mercoledì 18 maggio 2016

Cosa si dice del caso Feltri-Belpietro

Martedì il direttore di Libero è stato sostituito dall'ex direttore di Libero, sembra per problemi di linea editoriale troppo anti-Renzi

Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

Vittorio Feltri è stato scelto come nuovo direttore di Libero al posto di Maurizio Belpietro, che ha fatto sapere di essere stato «sollevato dall’incarico dall’editore» dopo sette anni. Feltri aveva fondato Libero nel 2000, ne era stato direttore ed editore per 9 anni, poi nel 2009 era passato al Giornale e un anno dopo era tornato a Libero come direttore editoriale, a fianco di Belpietro che era il direttore responsabile. Il 3 giugno del 2011 Feltri aveva nuovamente lasciato per il Giornale e lo scorso 3 maggio era tornato a Libero, scrivendo come primo articolo un editoriale in cui invitava Silvio Berlusconi a farsi da parte. L’editore di Libero è la famiglia Angelucci, che ha interessi soprattutto nel settore immobiliare e delle cliniche private; Antonio Angelucci è anche un deputato di Forza Italia.

Nel suo ultimo editoriale pubblicato oggi, mercoledì 17 maggio, Belpietro precisa che «l’editore ha deciso un avvicendamento alla guida del vostro quotidiano. Come in ogni giornale, l’editore è sovrano e io mi faccio da parte». L’editoriale si occupa del referendum sulla riforma costituzionale che si voterà il prossimo ottobre ed è scritto in forma di risposta a un lettore che chiede: «La posizione della direzione di Libero verso il referendum è per il sì o per il no?». Risponde Belpietro: «Non so cosa pensi la direzione di Libero, so che cosa pensa Maurizio Belpietro che fino a ieri sera di Libero era il direttore. Io sono per il No e per un motivo molto semplice: perché la riforma non è equilibrata ma pende tutta a favore di Renzi».

In un recente articolo, pubblicato sempre su Libero, Feltri ha invece consigliato a Silvio Berlusconi di votare Sì al referendum sulla Costituzione. Circolano anche notizie di un avvicinamento tra Antonio Angelucci, parlamentare di Forza Italia ed editore di Libero, al movimento Ala di Denis Verdini che sostiene il governo di Matteo Renzi (Angelucci e Verdini sono comunque legati da tempo). Diversi giornali e politici, commentando il cambio di direzione, parlano quindi di un cambio di linea editoriale proprio in vista del referendum costituzionale.

Lo Huffington Post scrive:

«Da un po’ di tempo Angelucci chiedeva al direttore, non tanto di cambiare linea, quanto di moderare certi suoi fondi. Soprattutto, viene raccontato, quelli che attaccavano più direttamente gli affari delle famiglie Renzi e Boschi. Il premier non avrebbe gradito e Denis Verdini, che con il suo partito “Ala” sostiene l’esecutivo, avrebbe fatto presente all’amico-editore».

Augusto Minzolini, ex giornalista e oggi parlamentare di Forza Italia, si chiede su Twitter: «Libero cambierà posizione sul referendum? Sarà attratto nell’area del Sì? Nell’era renziana può succedere anche questo». E Alessandro Di Battista, deputato del Movimento 5 Stelle, ha detto: «Sono partite le epurazioni renziane. Libero ha fatto molte inchieste su Banca Etruria, sul papà del ministro Boschi e sulla massoneria toscana e Belpietro ha detto che le riforme renziane sono pericolose per la democrazia. Mentre guarda caso Feltri è per il sì al referendum».

Alcuni giornali giustificano il cambio di direzione anche con il difficile rapporto tra Belpietro e Feltri. Huffingont Post nota come il primo editoriale di Feltri contro Berlusconi fosse stato semplicemente richiamato in prima pagina e, citando fonti interne alla redazione, dice che «nei giorni successivi, Belpietro abbia “boicottato” un altro editoriale con la scusa che era stato inviato ai vice-direttori invece che a lui». La situazione si sarebbe aggravata dopo una nota del comitato di redazione di Libero – l’organo di rappresentanza sindacale dei giornalisti – che chiedeva all’editore se il ritorno di Feltri fosse stato finanziato con gli stipendi dei giornalisti.

«Dal 2012 l’azienda ripete al comitato di redazione lo stesso discorso: per ripianare le perdite di bilancio occorre ridurre il costo del lavoro, bisogna tagliare gli stipendi dei giornalisti (…) Nulla da dire sul valore di Vittorio Feltri, ma perché non si riesce a sapere quale parte del taglio agli stipendi è servita per finanziare il suo ritorno? Ciò vuol dire che i conti vanno meglio e si può anche rinunciare agli ammortizzatori sociali?».

Huffington Post commenta: «Angelucci, che quel ritorno ha fortemente voluto, dietro quel comunicato ci aveva visto anche l’avallo dell’allora direttore».