Che cos’è Viv, il nuovo Siri

L'assistente personale ideato dagli stessi che fecero quello di Apple sembra più sveglio, capisce molte cose e vuole essere ovunque

(Noam Galai/Getty Images for TechCrunch)
(Noam Galai/Getty Images for TechCrunch)

Viv, il nuovo assistente personale automatico sviluppato dagli ideatori di Siri, è stato presentato ieri in anteprima per la prima volta a New York, nel corso di un evento organizzato dal sito di tecnologia TechCrunch in cui le startup possono mostrare le loro novità. La presentazione era molto attesa perché per mesi quelli di Viv hanno detto di essere al lavoro su un prodotto sorprendente, capace di fare molte più cose rispetto agli altri assistenti automatici (bot), che per ora non sono molto affidabili e – per i più scettici – piuttosto tonti. Viv ha in effetti sorpreso pubblico e osservatori, ma ci sono dubbi sul fatto che possa competere nella pratica con grandi aziende come Apple, Google, Facebook e Amazon che stanno investendo grandi quantità di denaro per perfezionare i loro assistenti personali.

Il CEO di Viv Labs, Dag Kittlaus, in venti minuti di presentazione ha mostrato alcune delle cose che sa fare il suo nuovo prodotto. Ha iniziato con qualcosa di semplice che fanno già Siri e gli altri, come rispondere a domande sulle previsioni del tempo. Poi ha chiesto a Viv qualcosa di molto più complesso, che nessun altro assistente personale automatico avrebbe capito: “Farà più caldo di 21 °C nelle vicinanze del Golden Gate Bridge alle cinque del pomeriggio di dopodomani?”. Viv ha interpretato correttamente la richiesta e in poco meno di un secondo ha dato la sua risposta, mostrando anche le previsioni del tempo per la settimana nei pressi del ponte.

Kittlaus ha chiesto diverse altre cose a Viv durante la dimostrazione. Con un’unica frase, ha detto all’assistente personale di inviare un pagamento di 20 dollari a un amico, attraverso l’integrazione del sistema con Venmo, un servizio per i piccoli pagamenti. Con la stessa facilità, e senza dovere mai accedere a un sito o a un’altra applicazione, Kittlaus è riuscito a prenotare un albergo, a ordinare l’invio di un mazzo di fiori e a prenotare un’auto attraverso il servizio Uber. Durante la presentazione non c’è stato nessun inciampo o imprevisto, anche perché il numero di esempi delle cose che può fare Viv è stato limitato a una decina di dimostrazioni.

I progettisti di Viv dicono che il loro assistente personale funziona in modo diverso e innovativo rispetto a quelli della concorrenza. La differenza più grande è data dal fatto che è aperto agli altri sviluppatori, che possono quindi integrare i loro servizi all’interno di Viv arricchendone le funzionalità. In questo il sistema ricorda la prima versione di Siri, prima che l’applicazione fosse acquisita da Apple per renderla parte integrante di iOS, ma mantenendola chiusa e quasi inaccessibile agli altri sviluppatori. Quelli di Viv dicono che il loro sistema più aperto permetterà a Viv di svilupparsi molto rapidamente, imparando a svolgere migliaia di compiti diversi, e integrabili tra loro.

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L’intelligenza di Viv si basa su due caratteristiche principali. La prima è una sorta di “universo delle capacità”, un ambiente nel quale gli sviluppatori inseriscono un’area tematica (che può essere il concetto alla base del loro servizio), intorno alla quale creano una rete di azioni che può svolgere Viv: un’azienda che invia fiori a domicilio, per esempio, può inserire la parola “fiori” e collegarla ad altri termini come “consegna”, “domicilio”, “tulipani”, “pagamento”, “carta di credito” che a loro volta possono essere in comune con altre aree tematiche. In questo modo Viv può mettere a confronto le parole che si sente dire con quelle nell’universo, andando a pescare le azioni che può svolgere e che sono richieste dall’utente.

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La seconda caratteristica di Viv, che secondo Kittlaus nessuno aveva ancora realizzato in questo modo, è la capacità di scriversi da solo il codice che gli permette di svolgere determinate azioni. Il sistema analizza ogni frase detta dall’utente in modo colloquiale, prova a interpretarla e a scomporla in un diagramma con i vari passaggi che dovrà seguire per soddisfare la richiesta. Il processo avviene in poche frazioni di secondo e ha il vantaggio di rendere molto più flessibile Viv, rispetto agli altri assistenti automatici.

Attualmente Siri, Google Now e compagnia hanno il difetto di essere molto limitati, perché basati su un numero ridotto di istruzioni, inserite dai programmatori. Se si prova a chiedere qualcosa di complesso, e non previsto dal programmatore, l’assistente non riesce a soddisfare la richiesta. Siri, per esempio, alle cose che non sa fare risponde con una banale ricerca sul Web, quasi sempre inutile e inconcludente. Con Viv è diverso perché i programmatori possono dialogare con l’assistente già in fase di programmazione, vedere quali diagrammi produce automaticamente per soddisfare le richieste in linguaggio naturale (cioè nel modo in cui parliamo normalmente con gli altri) e intervenire su questi, per insegnargli a fare le cose in modo diverso, se sta sbagliando. Kittlaus dice che in questo modo si possono estendere in modo rapido le capacità dell’assistente, senza dovere imparare complicate linee di codice per farlo.

Il futuro di Viv dipenderà molto dai servizi online, da quelli per accedere al conto corrente da casa a quelli per ordinare una pizza: se chi li gestisce deciderà di integrarli, l’assistente automatico saprà davvero fare migliaia di cose come auspica Kittlaus, diventando il centro delle nostre interazioni con vari tipi di dispositivi, e non necessariamente solo con gli smartphone o i computer. L’obiettivo, molto ambizioso forse troppo, della startup è di rendere il suo Viv un sistema diffuso e ubiquo sfruttando le potenzialità della cosiddetta “Internet delle cose”: avere tutti gli oggetti intorno a noi collegati tra loro e in rete, in modo che possano condividere informazioni di ogni tipo, dal latte finito da comprare al termostato di casa da regolare.

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Nel futuro che immaginano quelli di Viv, il simbolo del loro assistente – una V con un trattino sopra – sarà riconoscibile come quello del WiFi o dei dispositivi Bluetooth: le persone lo vedranno su un oggetto e sapranno che quello potrà interagire con Viv sul loro smartphone, offrendo servizi personalizzati. Compreremo uno stereo, lo porteremo a casa, lo accenderemo e ci saluterà chiamandoci per nome, perché intanto si sarà collegato a Viv per avere informazioni sul nostro conto e impostarsi automaticamente, ha detto Kittlaus, immaginando che scenari di questo tipo saranno possibili in massimo cinque anni.

Per ora Viv deve comunque fare i conti con la realtà: l’assistente è in fase di sviluppo, le collaborazioni con i gestori dei vari servizi online sono in fase di avvio e l’applicazione mostrata sul palco risponde solo testualmente, perché la sua voce non è ancora pronta. Kittlaus ha spiegato che entro fine anno Viv sarà comunque pronto per un primo lancio, cui seguirà la fase di apertura agli sviluppatori per arricchirne le sue funzionalità o per inserire l’assistente in oggetti diversi da computer, smartphone e tablet.

Benché a Viv manchino ancora dei pezzi, investitori e grandi aziende hanno mostrato un particolare interesse, soprattutto per l’innovativo sistema di programmazione dell’assistente personale. Secondo il Washington Post, la startup ha ricevuto proposte per un’acquisizione sia da parte di Facebook sia da parte di Google. L’anno scorso ha inoltre ricevuto un investimento da 12,5 milioni di dollari da Iconiq Capital, che ha tra i suoi finanziatori il CEO di Facebook Mark Zuckerberg e quello di Twitter, Jack Dorsey. Kittlaus non ha smentito di avere ricevuto proposte, ma non ha dato ulteriori dettagli. La vendita di Siri a Apple nel 2010 valse circa 200 milioni di dollari, ma non è chiaro se la nuova startup sia interessata a ripetere uno schema che di fatto impedì il pieno sviluppo delle idee che aveva messo dietro Siri.