La sonda Cassini ha annusato la polvere interstellare

Per la prima volta sono stati analizzati 36 granelli prodotti da altre stelle all'esterno del Sistema solare, quando ancora non esistevamo

La sonda Cassini nei pressi di Saturno poco prima di essere colpita da alcuni granelli di polvere interstellare, in un’elaborazione grafica (NASA)
La sonda Cassini nei pressi di Saturno poco prima di essere colpita da alcuni granelli di polvere interstellare, in un’elaborazione grafica (NASA)

La sonda Cassini della NASA ha rilevato per la prima volta la presenza di polveri provenienti dall’esterno del nostro Sistema solare con uno dei suoi sensori. Cassini, che è stata realizzata con la collaborazione dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e di quella europea (ESA), si trova in orbita intorno a Saturno dal 2004 e ha come compito principale studiare le caratteristiche del pianeta, della sua famosa serie di anelli e delle sue numerose lune.

La sonda – che si chiama così in onore dell’astronomo italiano Gian Domenico Cassini tra i primi studiosi di Saturno a fine Seicento – è grande più o meno quanto un minibus ed è tra le più grandi mai lanciate nella storia delle esplorazioni spaziali: la scoperta di polvere interstellare è importante, perché Cassini ha potuto analizzarne le caratteristiche grazie ai suoi strumenti, offrendo nuovi indizi su come sono fatte le polveri all’esterno del Sistema solare, un luogo così lontano da essere per ora precluso alle nostre esplorazioni spaziali.

Cosmic Dust AnalyzerLa scoperta è stata resa possibile dal Cosmic Dust Analyzer (CDA), uno degli strumenti a bordo di Cassini progettato per essere bombardato dai minuscoli granelli di polvere spaziale, dei quali può analizzare composizione, massa e velocità di impatto sulla sua superficie. In oltre dieci anni di missione, contro il CDA si sono scontrati milioni di particelle di polveri, per lo più costituite da silicati e ghiaccio, provenienti dalle lune intorno a Saturno. Analizzando i dati inviati verso la Terra dalla sonda, i ricercatori si sono accorti che 36 granelli raccolti negli anni avevano caratteristiche diverse da tutti gli altri e hanno concluso che provengono da sistemi solari diversi dal nostro e che sono stati prodotti da altre stelle, diverse dal Sole.

Arrivare a questa conclusione non è stato semplice e ha richiesto di procedere per esclusione. Come spiegano su Science i ricercatori per lo più europei che si sono occupati delle polveri raccolte da Cassini, i detriti cosmici si sono fatti notare perché sono andati a sbattere contro il CDA a una velocità molto più alta e insolita rispetto alle altre polveri spaziali. L’impatto è avvenuto a circa 72mila chilometri orari, una velocità molto superiore a quella cui viaggiano solitamente i detriti intorno a Saturno prodotti dalle sue lune. I ricercatori hanno inoltre notato che la direzione di provenienza dei 36 granelli era diversa dal solito e orientata verso la Nube Interstellare Locale, il gigantesco ammasso di polveri e gas che si estende per 30 anni luce e che il nostro Sistema solare sta attraversando da qualche decina di migliaia di anni.

Semplificando: il Sole, che si tira dietro tutti i pianeti che gli orbitano intorno (Terra compresa), compie una propria orbita intorno alla Via Lattea (la nostra galassia) e si stima che impieghi circa 240 milioni di anni per compiere un giro completo, muovendosi alla velocità di 200 chilometri al secondo. Naturalmente il nostro Sistema solare non è l’unico a farlo, ci sono miliardi di altri oggetti celesti che orbitano intorno alla galassia, comprese le nubi interstellari. Ognuno ha una propria orbita e velocità, quindi di continuo gli oggetti incrociano le loro orbite, come sta avvenendo da migliaia di anni per il Sole finito nella Nube Interstellare Locale. Relativamente alla loro posizione, i due si muovono in direzioni diverse e proprio basandosi su queste informazioni i ricercatori hanno concluso che i 36 granelli di polvere provengono dalla nube e sono quindi il prodotto di stelle diverse dalla nostra.

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Il CDA ha anche analizzato questi granelli, scoprendo che sono costituiti principalmente da magnesio, silicio, calcio e ferro, mentre è ridotta la presenza di carbonio e zolfo. Un’altra cosa che ha sorpreso i ricercatori è che i 36 granelli sono molto simili tra loro, invece di essere diversi come ci si sarebbe aspettato considerata la loro provenienza da migliaia di anni luce di distanza. Un’ipotesi è che nel loro viaggio abbiano incontrato condizioni simili, passando vicino a onde generate da esplosioni stellari che ne hanno modificato la struttura.

Il CDA di Cassini è un importante passo avanti per studiare le polveri interstellari, ma non è l’unico compiuto in questo settore negli ultimi decenni. Negli anni Novanta, per esempio, la missione Ulysses organizzata da ESA e NASA per studiare il Sole osservò per la prima volta polveri di questo tipo, ricevendo in seguito conferme sulla loro provenienza fuori dal Sistema solare grazie alla missione spaziale Galileo. Le conferme furono però indirette, mentre Cassini per la prima volta ha dato la possibilità di analizzare direttamente le polveri per studiare la loro composizione.

I granelli che hanno colpito velocissimi Cassini si sono formati milioni, forse miliardi, di anni fa a decine di migliaia di anni luce dalla nostra piccola e relativamente meno turbolenta Terra. Hanno attraversato la Via Lattea all’interno della grande nube interstellare che li contiene e alla fine si sono incrociati con il nostro Sistema solare e con un affare grande quanto un pulmino, costruito da esseri viventi che esistono da una frazione minuscola di tempo per l’Universo, che ha infine fermato la loro corsa mandandoci i dati sulle loro caratteristiche.