Che cos’è il FOIA

È un acronimo, sta per "Freedom of Information Act", cioè una legge sulla trasparenza della pubblica amministrazione: ma il testo presentato dal governo è molto criticato

(Matteo Bazzi/Ansa)
(Matteo Bazzi/Ansa)

Negli ultimi giorni in Italia diversi quotidiani nazionali si sono occupati di un tema che finora era stato oggetto di discussione quasi esclusivamente degli esperti di informazione e degli specialisti nel settore dei diritti del cittadino: il cosiddetto FOIA, acronimo che sta per Freedom Of Information Act. Il FOIA è in sintesi una legge – viene chiamata così per via della sua omologa statunitense – che permette ai cittadini di accedere liberamente alle informazioni e ai dati raccolti dalla pubblica amministrazione, ed è oggetto di un decreto legislativo approvato in fase preliminare dal Consiglio dei ministri lo scorso 20 gennaio.

Ora la legge – contenuta in un più ampio testo che si occupa di «prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza» – dovrà essere approvata dal Parlamento. Se e quando sarà approvato, il decreto introdurrebbe per la prima volta in Italia una legge ispirata al FOIA statunitense, soddisfacendo così una richiesta che attivisti ed esperti fanno da anni. Ciononostante, il testo in questione è stato molto criticato da chi si intende di legislazioni del genere. Massimo Mantellini, esperto di tecnologia dei media, sul suo blog sul Post ha elencato alcune delle obiezioni principali mosse al testo. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha risposto su Twitter a Mantellini, promettendo di prendere in considerazione le critiche.

Cos’è un FOIA?
Esiste una versione del Freedom of Information Act in oltre 90 paesi del mondo, secondo il sito Foia4Italy, curato da alcuni esperti che da anni chiedono l’introduzione di una legge simile anche in Italia. Il più famoso FOIA è quello in vigore negli Stati Uniti, introdotto nel 1966 sotto la presidenza del Democratico Lyndon B. Johnson, un presidente ricordato per il suo impegno sui temi dei diritti civili. In breve, il FOIA obbliga tutte le agenzie del governo statunitense a consentire ai cittadini il libero accesso a tutti i tipi di informazioni possedute: dati, comunicazioni interne, fotografie, circolari, bilanci, delibere, eccetera. Le agenzie possono rifiutarsi di farlo solo se le informazioni rientrano in uno dei nove casi previsti per legge perché vengano mantenute segrete. Oltre a questo, le agenzie sono tenute a pubblicare online i dati riguardo le proprie attività e certe informazioni.

Tra le eccezioni previste dal FOIA americano c’è il caso in cui le informazioni siano sensibili per quanto riguarda la politica estera o la sicurezza nazionale. Le agenzie possono rifiutarsi di condividere le proprie informazioni anche nel caso in cui queste riguardino regole e prassi del personale interno all’agenzia, o nel caso in cui si trattino di particolari note e comunicazioni tra un’agenzia e l’altra. Non vengono poi rilasciate informazioni su segreti commerciali, industriali o finanziari, né dati personali – per esempio sanitari – la cui diffusione rappresenterebbe una violazione della privacy.

Tra le altre eccezioni, non vengono poi comunicate ai cittadini informazioni che potrebbero ostacolare lo svolgimento di un processo o di un’indagine o che potrebbero mettere a rischio l’incolumità di una persona. Il FOIA è stato uno dei punti centrali della discussione sul caso delle email di Hillary Clinton: dal momento che Clinton aveva usato un account personale di posta elettronica, il dipartimento di Stato americano non avrebbe potuto soddisfare le richieste di cittadini e giornalisti di pubblicare le email in base al FOIA (le email – quelle non top secret – stanno comunque venendo pubblicate interamente). In Francia esiste un FOIA dal 1978, in Germania dal 2005, nel Regno Unito dal 2000.

E in Italia?
Come spiega Foia4Italy, «in Italia non esiste ancora un Freedom of Information Act: l’accesso agli atti amministrativi è disciplinato da una delle norme più restrittive d’Europa, la Legge n. 241/1990, che prevede che l’accesso possa essere richiesto solo da chi vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti”». Questo significa che per accedere alle informazioni della pubblica amministrazione non basta un interesse personale, ma occorre che il cittadino abbia, almeno potenzialmente, una base giuridica per farne richiesta (per esempio: può chiedere documenti della pubblica amministrazione se sospetta di essere stato escluso ingiustamente da una gara d’appalto).

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha promesso più volte l’approvazione di una nuova legge e aveva parlato del Freedom of Information Act durante il suo discorso di insediamento al Senato, nel febbraio del 2014, quando aveva detto:

Questa, però, è una sfida di buon senso, che nell’arco di quattro anni può essere vinta e affrontata se partiamo subito e se abbiamo anche il coraggio – lasciatemelo dire – di far emergere in modo netto, chiaro ed evidente che ogni centesimo speso dalla pubblica amministrazione debba essere visibile on line da parte di tutti. Questo significa non semplicemente il Freedom of Information Act, ma un meccanismo di rivoluzione nel rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione tale per cui il cittadino può verificare giorno dopo giorno ogni gesto che fa il proprio rappresentante.

Il FOIA è entrato per la prima volta in un documento governativo italiano in occasione del DEF, il Documento di Economia e Finanza, del 2015: allora però era semplicemente citato, e non erano previsti impegni concreti per la sua realizzazione. Nella riforma della pubblica amministrazione approvata dal governo lo scorso agosto, però, c’era un articolo che assegnava al governo la delega per approvare un testo per la libertà di accesso all’informazione, cioè un FOIA, per l’inizio di marzo 2016. Quando però lo scorso gennaio è stato diffuso lo schema di decreto legislativo per il FOIA approvato dal Consiglio dei ministri, molti esperti hanno fatto notare diversi problemi e si sono detti delusi di come il governo avesse preparato la legge. Il testo ora è in audizione alle commissioni Affari costituzionali riunite di Camera e Senato.

Cosa c’è che non va?
Le critiche principali al testo del FOIA sono queste:

– contiene un elenco troppo lungo e vago di eccezioni che permettono alle autorità di rifiutarsi di condividere le informazioni con chi ne fa richiesta;

– prevede l’obbligo per chi chiede informazioni di definire con precisione il documento che si vuole ottenere. Spiega Foia4Italy: «è un controsenso per dati e documenti che – per definizione – non sono stati divulgati, con il rischio grottesco (e assai burocratico) di un diniego motivato da una imprecisa definizione dell’oggetto della richiesta»;

– non obbliga le amministrazioni a spiegare l’eventuale motivo per il quale una richiesta è stata rifiutata. Spiega Mantellini: «Se dopo 30 giorni nessuno si è fatto vivo la richiesta andrà considerata respinta»;

– permette una discrezionalità considerata eccessiva per le amministrazioni di stabilire un costo per le informazioni richieste, che finora erano gratuite, «con il rischio che diventi uno strumento per scoraggiare i cittadini»;

– non sono previste sanzioni per le amministrazioni che non rispettano il FOIA: fare ricorso da parte del cittadino sarà costoso, perché bisognerà passare per il TAR.

Oltre ad apportare queste correzioni, Foia4Italy ha poi suggerito che venga istituito una specie di organismo che supervisioni l’applicazione del FOIA e che i dipendenti che dovranno occuparsi della legge vengano formati adeguatamente con corsi speciali.

Mantellini, che ha definito il testo di legge «imbarazzante», ha scritto:

Non esiste nemmeno la scusa dell’iter parlamentare, dove tipicamente i soggetti coinvolti sono talmente tanti da potersi rimpallare adeguatamente le responsabilità. No, il FOIA è stato scritto dal Ministero e l’onere politico (soprattutto quello di avere sprezzantemente ignorato ogni standard internazionale e tutto il lavoro preparatorio fatto dalle associazioni negli ultimi 18 mesi) è esclusivamente del Ministro e di conseguenza del Governo.

Guido Romeo, uno dei principali esperti dietro il progetto Foia4Italy, ha scritto:

È un testo che sembra disegnato apposta per scoraggiare la pubblicazione e penalizzare l’accesso, con il rischio di creare non pochi problemi anche alle amministrazioni che vorranno effettivamente favorire la trasparenza esponendole al rischio di ricorsi e cause. Si rischia, infatti, di rendere maggiormente gravoso il lavoro delle amministrazioni pubbliche, che dovranno utilizzare un ampio potere discrezionale, e può generarsi l’effetto distorsivo di diminuire il grado di trasparenza del Paese e la possibilità di accesso ai dati.