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  • Lunedì 28 marzo 2016

Dentro una miniera illegale del Sudafrica

La crisi sta portando molte persone a rischiare la vita tentando di recuperare qualcosa dalle vecchie miniere d'oro del paese, ormai chiuse

di Kevin Sieff – Washington Post

Il minatore irregolare Andile Jeremiah entra illegalmente in una miniera abbandonata — a Roodepoort (Graeme Williams/For The Washington Post)
Il minatore irregolare Andile Jeremiah entra illegalmente in una miniera abbandonata — a Roodepoort (Graeme Williams/For The Washington Post)

A Roodepoort, una città nell’area metropolitana di Johannesburg, in Sudafrica, appena fuori l’autostrada e dietro un’officina gialla di riparazioni per auto, Andile Jeremiah si cala all’interno di un buco nel terreno e si infila in una centenaria miniera abbandonata che ha contribuito ad arricchire il suo paese. In passato il Sudafrica era il più grande produttore di oro al mondo, e nel 1970 deteneva il 75 delle riserve mondiali. Il settore minerario divenne un simbolo del paese, produsse ricchezza, attirò immigrati da tutto il mondo, finanziò la costruzione di strade e ferrovie e rese l’economia del Sudafrica la più grande del continente. Oggi le macerie del settore minerario sudafricano sono diventate simbolo di qualcos’altro: di disperazione.

La crescita economica sudafricana è ferma. Il rand, la moneta nazionale, negli ultimi due anni ha perso il 30 per cento rispetto al dollaro. La domanda di minerali dalla Cina, una volta molto forte, è crollata. Le miniere che avevano arricchito così tante persone sono state costrette a chiudere, dopo che le riserve si sono esaurite più velocemente del previsto. Oggi una generazione di sudafricani e migranti poveri entra illegalmente nelle miniere alla ricerca di qualsiasi cosa sia rimasto. Niël Pretorius, CEO di DRDGOLD, la società produttrice di oro che ha chiuso la miniera in cui Jeremiah si intrufola ogni giorno, l’ha definita «una seconda febbre dell’oro».

La miniera si chiama Durban Deep, è stata fondata nel 1896 ed è soprannominata la “Grande Signora”. Era una delle miniere più redditizie del mondo: prima della chiusura nel 2001 produceva oro per un valore di 20 miliardi di dollari l’anno, arrivando a dare lavoro a 18mila persone. Elton John le dedicò una canzone che diceva «Scendendo per due miglia nel cuore di Durban Deep». Le riserve della miniera iniziarono poi a diminuire. L’oro rimasto era così inaccessibile da rendere la sua estrazione troppo costosa e pericolosa, anche per una società importante. La miniera fu chiusa e i suoi tunnel furono sigillati con il cemento. Ora per entrare a Durban Deep bisogna trovare una piccola apertura in superficie, di solito è creata con un’esplosione di dinamite improvvisata. Anche nel periodo in cui la miniera era formalmente attiva, sorvegliata attentamente e messa in sicurezza, la discesa al suo interno era pericolosa. Oggi però il rischio di morire o ferirsi è molto più alto: non viene fatta manutenzione, non esistono attrezzature di sicurezza e non c’è accesso all’ossigeno o controllo da parte delle società minerarie. Nel 2014 in un giorno solo sono morti 21 minatori irregolari. Secondo i minatori ogni settimana a Durban Deep muore almeno una persona, ma non esistono cifre ufficiali.

Tra il 2004 e il 2015 un terzo delle 180mila persone che lavoravano nel settore minerario sudafricano sono state licenziate. Molte sono tornate alle miniere da sole, illegalmente. «Quando chiudi una miniera lasci i minatori senza lavoro: sono le persone che conoscono la miniera, e sanno come entrarci», ha detto Lerato Legong, capo dell’ufficio legale della Camera delle Miniere sudafricana, l’organizzazione che riunisce le società minerarie del paese.

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(Un minatore illegale in una miniera di Roodepoort)

La grande discesa

Recentemente, mentre si addentrava strisciando nelle profondità del sottosuolo, Jeremiah ha trovato un pezzo di una lunga canna che veniva usata per trasportare l’ossigeno dentro la miniera, una reliquia dei giorni fortunati. «L’hanno lasciata i bianchi», ha detto continuando a strisciare.

Jeremiah ha 31 anni ed è orginario dello Zimbabwe; arrivò in Sudafrica nel 2005, quando l’economia del suo paese aveva inziato a contrarsi. Lavorò per un po’ come idraulico a Johannesburg, ma quando trovare lavoro diventò troppo difficile iniziò a cercare opportunità legali nel settore minerario, che però non c’erano più. Ora, insieme ad altri minatori, è il primo contatto di un’ampia rete illegale. Dopo aver passato 24 ore sottoterra, Jeremiah raccoglie tutte le rocce e i mucchi di polvere promettenti per portarli in un quartiere vicino, dove vengono raffinati in tinozze di mercurio e poi rimescolati in vecchie bombolette a gas di metallo. Ci vogliono ore prima di capire esattamente cosa abbia recuperato. A volte una giornata di lavoro frutta a Jeremiah tre dollari, altre volte cinquanta.

Al livello successivo della rete ci sono intermediari come John Mhofu, un uomo magro che viene dal nord del Sudafrica, che monitorano il processo di raffinazione vicino a una strada principale, poco nascosta dalla vista dei passanti. Mhofu, che in passato ha lavorato al muletto in un magazzino, vende poi l’oro a un altro uomo, che a sua volta lo rivende, facendolo arrivare nel mercato dell’oro legale che viene venduto in tutto il mondo. Teoricamente la polizia dovrebbe combattere le attività illegali di estrazione e raffinazione, ma secondo Mhofu per continuare a lavorare basta corrompere il poliziotto giusto. Mentre un giornalista del Washington Post aspettava Mhofu un’auto della polizia si è fermata a qualche metro di distanza da dove era in corso il processo di raffinazione. Gli agenti non hanno detto niente agli uomini che trafficavano con l’oro, nonostante fosse evidente che l’attività era irregolare. Nel frattempo il governo sudafricano sta formando una squadra di agenti in grado di inseguire i minatori clandestini sottoterra, ha raccontato Legong.

miniere 5(Mhofu mostra una pepita d’oro dopo il processo di raffinazione)

L’industria legale dell’oro sudafricana continua a generare 4 miliardi di dollari in entrate ogni anno. Insieme al platino, al carbone e ai minerali ferrosi rappresenta una fetta importante dell’economia. Ma con il rallentamento della crescita della Cina nel settore edile, anche i prezzi delle materie prime stanno scendendo. L’economia del Sudafrica è in difficoltà, peraltro, non solo per colpa del calo dei prezzi delle materie prime, che rappresentano circa l’otto per cento del PIL del paese. L’industria manifatturiera sudafricana è stata ostacolata dalla carenza di elettricità, mentre il settore agricolo è stato colpito da una siccità di proporzioni storiche. Nonostante l’oro sia un bene tipicamente anti-ciclico (il suo valore cresce in periodi di incertezza economica), le riserve auree sudafricane non sono abbastanza per controbilanciare il calo del prezzo delle altre materie prime. Secondo le statistiche del governo sudafricano la produzione nazionale d’oro è scesa di circa l’85 per cento dal 1980. Il Sudafrica oggi produce solo il 6 per cento dell’oro globale: le esplorazioni recenti hanno reso poco, mentre paesi come il Brasile e la Mongolia hanno trovato nuovi giacimenti. «Le scoperte di giacimenti significativi in Sudafrica impallidiscono di fronte a molti altri paesi: le miniere del paese sono molto vecchie e molto profonde», ha detto Mark Ferguson, un analista della società di servizi finanziari SNL Financial.

Il Sudafrica non si trovava alla prese con una crisi economica di questa portata dall’epoca dell’apartheid, quando le sanzioni internazionali minacciavano l’economia del paese. Gli investitori internazionali criticano da tempo l’operato in campo economico del presidente Jacob Zuma, e sottolineano le storture del paese come la corruzione endemica e la crescita anomala di occupazione nel settore pubblico. I mercati finanziari sono rimasti particolarmente scossi quando lo scorso dicembre Zuma ha sostituito il suo ministro delle Finanze con un politico poco conosciuto, trovandosi poi costretto a fare marcia indietro e nominare Pravin Gordhan, che aveva ricoperto l’incarico nel 2014. Il danno però era già stato fatto.

Secondo la maggior parte degli economisti il debito contratto dal Sudafrica con investitori stranieri sarà presto declassato a livello “spazzatura” dalle agenzie di rating. «I venti contrari stanno ancora soffiando», ha detto Michael Keenan, un economista che lavora per la banca Barclays a Johannesburg. «Credo che la politica abbia una grande influenza sull’andamento delle risorse e sul modo in cui le persone considerano l’economia nel medio e lungo periodo».

Jeremiah conosce solo vagamente questi problemi. Deve concentrarsi sulla sua sfida: cercare le venature sotterranee leggermente scolorite che potrebbero preannunciare una grande scoperta. È la stessa ricerca che ha portato in Sudafrica intere generazioni dall’Africa meridionale. Questa volta però le condizioni sono decisamente più pericolose e l’obiettivo non è la ricchezza, ma la sussistenza.

© 2016 – Washington Post