• Moda
  • Venerdì 25 marzo 2016

Abiti che sembrano biancheria intima, e viceversa

Gli stilisti lo fanno sempre più spesso: è una moda nata negli anni Settanta come sensuale e provocatoria, oggi è soltanto un modo per stare più comodi

di Enrico Matzeu – @enricomatzeu

Una modella sfila con un abito di Céline, Parigi, 4 ottobre 2015. 
(AP Photo/Francois Mori)
Una modella sfila con un abito di Céline, Parigi, 4 ottobre 2015. (AP Photo/Francois Mori)

Molti vestiti disegnati ultimamente dagli stilisti sono sempre più simili alla biancheria intima, soprattutto quelli per la primavera/estate 2016 che stanno arrivando adesso nei negozi. Johanna Thomas-Corr spiega sul Financial Times perché sempre più stilisti propongono la biancheria intima come abiti da giorno, com’è nata questa moda e come si è evoluta nel tempo.

La tendenza non è di ostentare mutande e reggiseno, ma di trasformarli in vestiti e rendere le camicie da notte, abiti da giorno. Lo hanno proposto molti marchi alle sfilate di settembre 2015, che presentavano la collezione della stagione primavera/estate che sta per iniziare. Calvin Klein, ad esempio, ha fatto sfilare lunghi vestiti in raso chiaro che ricordavano le sottovesti, Céline ha presentato abitini blu con dettagli in pizzo sul petto e sul fondo. Ci sono elementi che ricordano l’intimo anche nei vestiti bianchi disegnati da Alexander Wang nella sua ultima collezione per Balenciaga.

In passato l’evoluzione della moda e del costume ha già trasformato alcuni indumenti intimi in vestiti, come per esempio le t-shirt e gli hot pants, i pantaloncini molto corti che si usano soprattutto d’estate, che prima erano indumenti intimi ma che oggi sono indossati come normali capi d’abbigliamento. Negli anni Ottanta la moda, ispirandosi allo stile punk, ha trasformato l’intimo in un feticcio: la stilista Vivienne Westwood creò per esempio con Malcolm McLaren – discografico e fondatore della band Sex Pistols – versioni in pelle di pezzi di biancheria intima. È poi famosissimo il reggiseno con le coppe a punta disegnato dallo stilista francese Jean Paul Gaultier per Madonna negli anni Novanta.

Madonna
Madonna con il reggiseno disegnato per lei da Jean Paul Gaultier, in concerto a Philadelphia, nel 1990. (AP Photo/Sean Kardon, file)

La tendenza a uniformare l’intimo all’abbigliamento era già iniziata negli anni Settanta, come scriveva all’epoca New York Times – ma le donne che indossavano la biancheria in vista o al posto dei vestiti erano malviste e considerate eccessivamente provocanti. Edwina Ehrman – curatrice della mostra “Undressed: A Brief History of Underwear”, dal 16 aprile 2016 al 12 marzo 2017 al Victoria and Albert Museum di Londra – ha spiegato al Financial Times che oggi chi disegna e chi indossa questi capi lo fa non tanto per ostentare sensualità ma per vestire più comodo e informale.

È della stessa idea Francisco Costa, direttore creativo di Calvin Klein, che per la primavera ha proposto abiti-sottoveste in seta che, oltre a essere ispirati a quelli – sempre di Calvin Klein – indossati da Kate Moss nel 1994, cercano di far stare la donna a proprio a proprio agio, permettendole la mattina appena svegliata di uscire indossando un cappotto sopra la sottoveste. Spesso la donna in biancheria intima viene vista come un oggetto di desiderio sessuale al servizio dell’uomo: Phoebe Philo, direttrice creativa di Céline, ha spiegato che per contrastare quest’idea ha fatto indossare scarponcini bianchi alle sue modelle che sfilavano con abiti simili a sottovesti, così da dare un’idea di forza e indipendenza.

Per gli stilisti di oggi lasciar intravedere o mettere in mostra la biancheria intima non è più un gesto provocatorio come lo è stato in passato e non è nemmeno una rivoluzione estetica: è un modo per assecondare le esigenze delle donne di oggi, che chiedono prima di tutto di essere comode, eliminando le differenze tra i capi confortevoli che si portano a casa e quelli più informali che si indossano per uscire.