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  • Lunedì 21 marzo 2016

La storia terribile del “Grim Sleeper”

È iniziato a Los Angeles il processo contro Lonnie Franklin Jr., accusato di essere il serial killer che uccise almeno dieci donne nere tra il 1985 e il 2007

Lonnie Franklin Jr. durante un'udienza nel febbraio del 2015. (AP Photo/Nick Ut)
Lonnie Franklin Jr. durante un'udienza nel febbraio del 2015. (AP Photo/Nick Ut)

Da circa un mese negli Stati Uniti è in corso il processo contro Lonnie Franklin Jr., un uomo afroamericano di 63 anni, accusato di aver ucciso almeno 10 donne nel sud di Los Angeles tra il 1985 e il 2007. Il processo contro Franklin sta ricevendo molte attenzioni dalla stampa, perché arriva dopo anni di indagini inconcludenti e di rinvii giudiziari su quello che è uno dei casi di cronaca nera più famosi della storia recente degli Stati Uniti, sul quale la tv via cavo HBO realizzò anche un documentario. La persona responsabile degli omicidi fu soprannominata “Grim Sleeper” (letteralmente feroce dormitore), per via del fatto che smise di uccidere tra il 1988 e il 2002: secondo alcuni, perché la vittima di una sua aggressione riuscì a sopravvivere.

Il primo omicidio del Grim Sleeper avvenne nell’agosto del 1985: in quegli anni Los Angeles era una città violenta e complicata, con interi quartieri controllati da gang criminali che periodicamente si scontravano tra di loro. Il tasso di omicidi era di circa 800 all’anno, e uno dei motivi principali era la cosiddetta “epidemia del crack”: un brusco aumento nel consumo della droga – assieme ad altre sostanze simili, come la fenciclidina – che ebbe come effetto un picco nei crimini violenti. La zona sud di Los Angeles, quella dei quartieri di Compton e di South Los Angeles, era l’epicentro della violenza della città. Il 10 agosto 1985 Debra Jackson, una cameriera nera di 29 anni, fu trovata in un vicolo vicino a Vermont Square, uccisa da tre colpi di pistola al petto. Un anno dopo, a poche centinaia di metri di distanza, Henrietta Wright, un’altra donna nera di 35 anni, fu trovata morta in un altro vicolo, sotto un vecchio materasso, anche lei uccisa da dei colpi di pistola. La polizia non collegò i due omicidi, che rimasero tra i molti irrisolti di quegli anni.

Nei due anni seguenti, altre sette donne furono uccise dal Grim Sleeper: tutte nere, tra i 18 e i 26 anni. Le indagini della polizia però furono lente e poco efficaci: in quegli anni a Los Angeles c’erano diversi serial killer che uccidevano donne nere e gli investigatori non riuscirono subito a distinguere tra di loro i responsabili, che vennero uniti in una sorta di profilo mitico identificato con il nome di “Southside Slayer” (letteralmente, “l’assassino della zona sud”). Sbrigativamente, gli omicidi del Grim Sleeper vennero considerati come “omicidi di prostitute”, anche se non tutte le sue vittime lo erano. Vennero identificati alcuni sospettati, anche grazie alle testimonianze di qualche testimone che aveva visto un uomo abbandonare i cadaveri di alcune delle vittime nei vicoli, ma la polizia non riuscì a trovare il colpevole. Nel 1986 alcuni residenti dei quartieri dove erano avvenuti gli omicidi crearono la “Black Coalition Fighting Black Serial Murders”, un’organizzazione con lo scopo di mettere pressione sulla polizia e sui media affinché si occupassero degli omicidi delle donne nere. Nel 1987 la polizia di Los Angeles mise insieme una squadra speciale per trovare il responsabile o i responsabili degli omicidi: la squadra scoprì un anno dopo che otto delle vittime erano state uccise con la stessa pistola, una calibro .25.

Il 20 novembre 1988 Enietra Washington, una donna che allora aveva 30 anni, fu avvicinata da una Ford Pinto arancione mentre stava andando a piedi a casa di amici, vicino a Gramercy Park. Un uomo alla guida iniziò a parlarle, insistendo molto per darle un passaggio. Washington dopo qualche rifiuto accettò: appena salita sull’auto, l’uomo cominciò a guidare nella direzione opposta a quella verso la quale doveva andare Washington, spiegando che doveva passare a casa di suo zio a prendere dei soldi. L’uomo guidò fino a una casa, scese dall’auto per tornare qualche minuto dopo. Disse qualcosa che Washington non riuscì a capire, e per questo la donna si sporse verso di lui. La donna, che ha testimoniato nel processo in corso contro Franklin, ha raccontato che all’improvviso non sentì niente e poi vide del sangue scorrerle sul petto. Provò a uscire aprendo la portiera, ma l’uomo minacciò di spararle di nuovo se avesse provato a scappare. «Mi hai sparato? Perché?», gli chiese Washington, che non aveva capito di aver ricevuto un colpo di pistola. L’uomo disse che lei gli aveva mancato di rispetto, poi cominciò a dire cose senza senso e a chiamarla con un altro nome. Si rifiutò di portarla in ospedale e abusò sessualmente di lei. Washington provò a difendersi ma continuava a svenire: si svegliò per un momento e capì che l’uomo le stava scattando delle fotografie. Provò nuovamente a scappare, l’uomo la spinse fuori e scappò, abbandonandola sulla strada. Washington riuscì comunque ad arrivare fino alla casa dei suoi amici, che chiamarono un’ambulanza: fu curata e riuscì a sopravvivere.

La descrizione dell’uomo e dell’auto che fece Washington alla polizia, insieme alle analisi del proiettile che l’aveva colpita, combaciavano con gli altri sette omicidi. Nel 1989 un detective della polizia di Los Angeles, Rickey Ross, fu arrestato quando fu scoperto a consumare cocaina con una prostituta. Ross fu accusato dell’omicidio di tre prostitute, ma fu rilasciato dopo che si scoprì che i test balistici a supporto dell’accusa erano stati falsificati dalla polizia. Ross fu comunque licenziato e provò a fare causa per un risarcimento, prima di morire nel 2003. Rich Haro, un detective in pensione che fu tra i principali investigatori della vicenda del Grim Sleeper, si convinse che il serial killer fosse davvero Ross, anche dopo la sua morte, perché da quando era stato arrestato nel 1989 gli omicidi si erano fermati. In quegli anni però la polizia di Los Angeles avviò un vasto progetto per riaprire crimini irrisolti del passato utilizzando le nuove tecnologie sulla comparazione del DNA: si scoprì che la saliva trovata sul corpo di Mary Lowe, una donna uccisa dal Grim Sleeper nel 1987, coincideva con il DNA trovato sui cadaveri di altre due ragazze uccise nel 2002 e nel 2003, l’ultima dopo la morte di Ross. La prima delle vittime, Princess Berthomieux, era una ragazza di 14 anni, ritrovata all’inizio del 2002, quattro mesi dopo la sua scomparsa in un vicolo di Inglewood.

Nonostante la scoperta che uno dei più pericolosi assassini della storia di Los Angeles fosse ancora in circolazione, le indagini della polizia furono ancora una volta scarse e superficiali: le autorità non erano interessate a impegnarsi troppo per una serie di omicidi avvenuti in alcuni dei quartieri più poveri della città. Il settimanale di Los Angeles LA Weekly fu uno dei pochi giornali a occuparsi della vicenda, e nel 2008 pubblicò una lunga inchiesta nella quale accusò diversi politici e dirigenti della polizia di Los Angeles – tra i quali il sindaco Democratico Antonio Ramon Villaraigosa e il capo della polizia William J. Bratton – di aver deliberatamente ignorato la vicenda del Grim Sleeper, sottovalutandone la pericolosità: secondo il giornale, non vennero prese precauzioni efficaci né vennero condotte indagini serie nemmeno dopo la scoperta che l’assassino era ancora in libertà. LA Weekly rivelò che il primo gennaio 2007 era stato ritrovato in un vicolo il corpo di Janicia Peters, una donna nera di 25 anni, e che il suo omicidio era stato collegato dalle autorità agli altri compiuti dal Grim Sleeper. Solo allora, spiegò il giornale, dopo che per quattro anni era stata a conoscenza del fatto che l’assassino era ancora in libertà, la polizia di Los Angeles istituì una nuova squadra speciale di detective per trovare il serial killer.

La prima dichiarazione ufficiale di Bratton arrivò solo nel 2009, quando parlò del caso riferendosi al serial killer con il nome di Grim Sleeper, inventato proprio da LA Weekly. Dopo tre anni di ricerche, nel 2010 la polizia di Los Angeles trovò una corrispondenza parziale del DNA del serial killer in una ricerca tra i detenuti delle prigioni californiane: la trovò in Christopher Franklin, un giovane detenuto per possesso illegale di armi da fuoco. La polizia risalì alla famiglia di Franklin per verificare se ci fosse un profilo compatibile per età e residenza a quello del Grim Sleeper: scoprì che Lonnie Franklin Jr., il padre di Christopher, corrispondeva perfettamente. La polizia cominciò a seguire Franklin, finché venne organizzata un’operazione per prelevare un campione del suo DNA: un agente si camuffò da cameriere di una pizzeria dove Franklin avrebbe partecipato a un compleanno, e raccolse le posate usate da Franklin e un trancio di pizza morsicato. Il DNA era corrispondente, e Franklin venne arrestato nel luglio del 2010. Franklin aveva 57 anni e negli anni Ottanta era stato il custode di un parcheggio della polizia di Los Angeles: negli anni degli omicidi lavorava come spazzino. Era stato già condannato quattro volte per reati minori, ma il suo DNA non era mai stato raccolto per alcuni inghippi nel sistema di raccolta e catalogazione.

A casa di Franklin furono trovate le foto delle sue vittime scattate durante gli omicidi, insieme a quelle di decine di altre donne, per un totale di 180. Qualche mese dopo l’arresto la polizia di Los Angeles diffuse online le foto, perché non era riuscita a identificare tutte le vittime. Ancora oggi, 35 donne non sono state identificate, e un’ipotesi è che tra di esse possano esserci altre vittime di cui non si sa niente. La polizia infatti sospetta che Franklin abbia commesso almeno altri sei omicidi, ma ha deciso di non accusarlo formalmente per evitare di ritardare ulteriormente il processo. Franklin si è dichiarato non colpevole nel processo a suo carico che si sta tenendo a Los Angeles: lunedì 21 marzo Seymour Amster, l’avvocato di Franklin, comincerà la difesa, che a quanto ha detto si baserà sulla tesi che il DNA trovato sulle vittime non corrisponde a quello dell’accusato.