• Libri
  • Venerdì 18 marzo 2016

Le cose che dice Frédéric Martel sugli scrittori

Che devono farsi pagare per partecipare a eventi e festival, e ottenere una revisione dei modelli di ricavo, al tempo del digitale

Il sociologo francese Frédéric Martel (Twitter)
Il sociologo francese Frédéric Martel (Twitter)

In un’intervista su Repubblica nel giorno in cui è a Milano per una lezione pubblica, il sociologo francese Frédéric Martel, è tornato a spiegare i risultati di un suo studio sulla condizione sociale ed economica dello scrittore nel mondo contemporaneo. Lo studio è stato commissionato dal Ministero della Cultura francese e s’intitola Lo scrittore sociale. La condizione dello scrittore nell’era digitale, è stato pubblicato nel settembre del 2015 e si può leggere gratuitamente in francese su Scribd: ha generato molto interesse anche in Italia e non è la prima volta che i giornali ne scrivono, intervistando Martel, perché affronta un tema centrale nel mondo dell’editoria, ovvero quello della ricostruzione di nuovi modelli di business nel settore, soprattutto per gli scrittori. Di conseguenza Martel è diventato un esperto molto seguito e richiesto nel settore. Secondo Martel – che si è occupato a lungo del ruolo della rete e delle forme di intrattenimento e d’informazione digitali, ad esempio nei saggi Mainstream (Feltrinelli, 2010) e Smart (Felatrinelli, 2015) – anche nel mondo dei libri si svilupperanno sempre di più nuove forme di fruizione, come l’abbonamento illimitato a piattaforme con migliaia di testi, come Kindle Unlimited, o Netflix per serie televisive e film.

Il cambiamento nel modello di accesso ai libri ovviamente avrà delle conseguenze sulla vita degli scrittori, che difficilmente riusciranno a guadagnare abbastanza dalla pubblicazione delle loro opere, fatta eccezione per gli autori di bestseller internazionali: sicuramente meno di quello a cui erano abituati quando il business era più florido e più facilmente governato. Secondo Martel servono metodi alternativi per finanziare la produzione di opere letterarie e scongiurare un “ritorno al XIX secolo”: prima che l’editoria si trasformasse in un’industria – per quanto molto particolare – gli autori riuscivano a scrivere e a mantenersi economicamente solo perché provenivano da famiglie benestanti e possedevano delle rendite, oppure perché erano sostenuti da mecenati, ruolo che oggi potrebbe essere assunto da istituzioni o università. Martel ritiene che gli stati e i membri dell’industria culturale dovrebbero pensare un modello economico alternativo che permetta allo scrittore di diventare “un piccolo imprenditore di se stesso”. Gli autori cercano di fare un po’ come i musicisti che dopo la crisi delle vendite dei dischi vivono di concerti: partecipando ai festival, alle fiere, agli incontri e alle letture nelle librerie, avendo un’intensa attività sui social network, e questo ha bisogno di tradursi più efficacemente in ricavi economici. Il meccanismo che tiene in piedi oggi – e rende persino remunerativi – molti festival ed eventi, quello della partecipazione gratuita da parte degli autori in cambio solo di pubblicità e visibilità, dovrebbe essere rivisto e gli scrittori ottenere di essere pagati, cosa al momento richiesta solo da pochissimi importanti.

Nello studio Martel dice anche che gli editori dovrebbero aumentare il compenso agli scrittori, le loro royalties, cioè le percentuali che percepiscono sulla vendita dei libri: in genere i diritti d’autore sono compresi tra il 7 e il 18 per cento, ma per Martel dovrebbero crescere almeno fino al 25 per cento. Lo studio contiene 25 proposte di questo genere per sostenere la produzione letteraria, che però riguardano anche altri attori del mondo dei libri: i critici e i buoni siti di recensioni, gli editori, le librerie e le biblioteche.

A dicembre, in un’intervista alla Lettura, il settimanale culturale del Corriere della Sera, Martel aveva parlato dell’eccesso di libri pubblicati in Francia e del breve tempo in cui restano sugli scaffali delle librerie. Anche il costante aumento della produzione e la riduzione delle tirature diminuiscono la possibilità degli autori di vivere di scrittura: «Pubblichiamo tra 70 mila e 80 mila libri all’anno, una quantità enorme, la metà novità, le altre riedizioni. Il che significa comunque dieci libri all’ora (…) il numero degli esemplari venduti è stabile, e la tiratura media si è abbassata del 50 per cento. Vuol dire concretamente che se hai un aumento del numero dei titoli e il dimezzamento della tiratura, per definizione il singolo autore guadagna meno. Molti titoli oggi si fermano intorno ai 600-700 esemplari, libri che non portano soldi agli autori e che in più sono generalmente invisibili alla critica».