Chi è Roberto Giachetti, candidato del PD a sindaco di Roma

Breve storia del deputato che domenica ha vinto le primarie, dai Radicali alla Margherita, dagli scioperi della fame alle canne

Roberto Giachetti dopo la vittoria delle primarie del PD per la scelta del candidato sindaco di Roma, 6 marzo 2016 (Fabio Cimaglia / LaPresse)
Roberto Giachetti dopo la vittoria delle primarie del PD per la scelta del candidato sindaco di Roma, 6 marzo 2016 (Fabio Cimaglia / LaPresse)

Roberto Giachetti ha vinto con un’ampia maggioranza, circa il 64 per cento, le primarie del PD di domenica 6 marzo per la scelta del candidato sindaco di Roma. Giachetti era considerato il candidato di Matteo Renzi, ma era sostenuto anche da parte della minoranza del PD e aveva l’appoggio di Nicola Zingaretti, influente presidente del Lazio.

Giachetti compirà 55 anni il prossimo 24 aprile, è nato a Roma, è divorziato, ha due figli e dal marzo del 2013 è vicepresidente della Camera dei deputati. Ha cominciato a fare politica nei movimenti studenteschi e poi a 18 anni nel Partito Radicale, fino al 1989. Ha aderito ai Verdi ed è stato anche eletto consigliere circoscrizionale a Roma. Dal 1993 al 2001 è stato a capo della segreteria e capo di gabinetto dell’allora sindaco di Roma Francesco Rutelli.

Giachetti è tra i fondatori della Margherita e nel 2001 è stato eletto per la prima volta alla Camera dei deputati, confermato alle elezioni politiche del 2006 nelle liste dell’Ulivo di Romano Prodi e alle elezioni del 2008 con il Partito Democratico. Nelle ultime due legislature è stato segretario d’aula ed è considerato un profondo conoscitore dei regolamenti parlamentari. Giachetti è stato nuovamente eletto parlamentare nel 2013 e il 21 marzo dello stesso anno è stato eletto vicepresidente della Camera dei Deputati per il PD con 253 preferenze. Nel dicembre del 2015 ha lasciato l’incarico alla Comunicazione della Camera dei Deputati in dissenso con la presidente Laura Boldrini sulla procedura per le nomine dell’ufficio stampa della Camera.

Del Partito Radicale Giachetti ha conservato certi strumenti di battaglia politica. Nel suo sito, parlando di sé, scrive:

«La mia formazione personale e politica mi ha portato a concentrarmi “naturalmente” sull’universo dei diritti umani e civili, sulla condizione dei reclusi e delle strutture carcerarie (ogni anno passo il Natale e l’ultimo dell’anno con i detenuti), sulla tutela dell’ambiente ed ai relativi programmi di sviluppo sostenibile (sono socio sostenitore di Legambiente da molti anni); inoltre mi sono fatto promotore di iniziative volte a garantire il rispetto delle regole istituzionali.

L’esperienza della non violenza fa parte integrante del mio percorso umano e per buona parte della mia vita politica l’ho adottata consapevolmente per sposare cause che ritenevo giuste e meritevoli di attenzione, come quando nel 2002 ho affiancato Marco Pannella nello sciopero della sete per sollecitare il Parlamento a ripristinare il plenum della Corte Costituzionale attraverso l’elezione dei due giudici mancanti; o quando nel 2004 ho digiunato per un mese per ottenere la calendarizzazione, a distanza di anni, del ddl Frattini sul conflitto di interessi (a dispetto delle promesse elettorali che lo volevano risolto in 100 giorni), o quando ancora mi sono battuto contro la paralisi di quattro mesi in cui si è trovato il Parlamento, ancora una volta, nell’elezione di due membri della Consulta».

Giachetti ha fatto ricorso diverse altre volte allo sciopero della fame: nell’ottobre 2013, dopo la bocciatura del suo stesso partito della cosiddetta “mozione Giachetti” con la quale si chiedeva l’abolizione del Porcellum e un ritorno immediato al Mattarellum, e di nuovo nel 2015 per richiedere il plenum della Corte Costituzionale nel 2015. Nel 2014, in dissenso dal Partito Democratico, ha votato a favore della responsabilità civile dei magistrati.

Dal 2013 Giachetti racconta con dei video settimanali su YouTube l’attività in Aula in una specie di rubrica chiamata “Pillole da Montecitorio”.

Nel 2006, in un’intervista al quotidiano Libero, aveva dichiarato di essere un consumatore saltuario di cannabis:

Consumo medio?
«Quando capita. Non è che compro il fumo e mi faccio le canne da solo in casa. Me le faccio nelle occasioni speciali».

Per esempio?
«Adesso io non voglio inguaiare i miei amici, anche perché non tutti i miei amici se le fanno. Ma quando sto insieme con qualcuno di loro, una canna può scapparci».

A quando rìsale l’ultima?
«Un mese fa, a una cena».

Da chi compra il “fumo”?
«No, questo non me lo può chiedere, anche perché non l’ho mai comprato».

E come fa a procurarselo?
«Di volta in volta, c’è chi ce l’ha».

A quando risale la sua prima canna?
«Alla seconda liceo. Io frequentavo l’istituto pubblico romano “Kennedy” e facevo parte del movimento studentesco: c’era l’occupazione giorno e notte, si suonava la chitarra, e poi una cosa tirava l’altra…».

Cosa le piace fumare adesso?
«L’erba mi fa proprio schifo. Invece l’hashish è buona».

Un parlamentare dovrebbe rappresentare lo Stato. Lei lo rappresenta fumandosi le canne?
«No, no. Un parlamentare non rappresenta lo Stato, ma il popolo. Se io dovessi rappresentare tutti quelli che in Italia si fanno una canna, potrei fare il Presidente della Repubblica. Io devo essere giudicato in ragione della mia moralità e onestà. Poi, quello che faccio nel mio privato, fin quando non mi sveglio dopo una canna e dico che voglio reintrodurre il codice militare di guerra, non capisco al popolo che cosa gliene possa fregare. Io che sono per la depenalizzazione delle droghe devo nascondermi perché consumo l’hashish? Per me non è una droga, e voglio che la gente mi giudichi anche per questa mia posizione».