• Mondo
  • Mercoledì 17 febbraio 2016

La grande esplosione ad Ankara

Il primo ministro turco ha detto che il responsabile dell'attentato che ha ucciso almeno 28 persone con un'autobomba è un curdo siriano

Ankara, Turchia (STRINGER/AFP/Getty Images)
Ankara, Turchia (STRINGER/AFP/Getty Images)

Mercoledì 17 febbraio è esplosa un’autobomba ad Ankara, la capitale della Turchia, uccidendo almeno 28 persone e ferendone altre 61, secondo le prime stime delle autorità locali. L’attentato è stato compiuto a poca distanza dalla sede del Parlamento e della sede centrale dell’esercito e in prossimità di un incrocio dove stavano passando alcuni autobus con a bordo personale dell’esercito turco: sono morti soprattutto soldati e alcuni civili. Nella mattina di giovedì il primo ministro turco ha detto che il responsabile dell’attentato è un curdo siriano membro dell’YPG, un gruppo armato che combatte l’ISIS in Siria, con l’aiuto del PKK, il partito indipendentista curdo che è alleato dei curdi siriani. I curdi siriani hanno smentito di essere dietro l’attacco, il presidente Recep Tayyip Erdoğan intanto ha annunciato l’arresto di 14 persone.

Erdoğan ha annullato un viaggio in programma nell’Azerbaigian e ha condannato l’attacco di Ankara, dicendo che “supera qualsiasi limite morale e umano”. Ha poi aggiunto che la Turchia combatterà con determinazione contro le “forze” dietro l’attacco. Il viceprimo ministro Bekir Bozdag ha detto che si è trattato di un “atto di terrorismo”, ma per ora non ci sono state rivendicazioni. Le autorità turche hanno isolato l’area e sono state imposte restrizioni sulle notizie che possono essere diffuse dai media locali sull’esplosione.

Negli ultimi mesi in Turchia ci sono stati diversi altri attacchi esplosivi e si parlava da tempo della possibilità di un nuovo attacco. A gennaio 10 persone sono morte a Istanbul a causa di un attentato esplosivo, forse organizzato da miliziani dello Stato Islamico (o ISIS). A ottobre del 2015 più di cento persone sono morte in un doppio attacco suicida ad Ankara durante una manifestazione per la pace organizzata dai curdi. A luglio dello stesso anno altre 30 persone erano morte a causa di un attacco suicida a Suruc, nei pressi del confine con la Siria, forse organizzato dall’ISIS.