La scomparsa di migliaia di pinguini in Antartide

Un gigantesco iceberg arenato nella Baia del Commonwealth ha reso molto complicata la vita dei pinguini della zona: ce ne sono 150mila in meno

(Kyodo News via AP)
(Kyodo News via AP)

Capo Denison, il promontorio roccioso all’inizio della Baia del Commonwealth in Antartide, è uno dei posti più inospitali al mondo. Le sue coste sono battute da venti con raffiche che raggiungono regolarmente i 240 chilometri orari: è ritenuto il luogo più ventoso della Terra. Il Capo fu esplorato per la prima volta tra il 1912 e il 1913 durante la storica spedizione Aurora, organizzata dal britannico Douglas Mawson nell’ambito di una serie di iniziative per la conquista e lo studio dell’Antartide. All’epoca fu stimato, con qualche approssimazione, che nella Baia del Commonwealth vivessero circa 200mila pinguini di Adelia (Pygoscelis adeliae), la specie di pinguino più diffusa nel continente Antartico, mentre ora la popolazione della colonia è più che decimata con la scomparsa di oltre 150mila esemplari in pochi anni in parte a causa di un gigantesco iceberg, che impedisce ai pinguini di raggiungere il mare. Probabilmente parte della popolazione di pinguini è migrata in aree più adatte a deporre le uova.

Un gruppo di ricercatori della University of New South Wales, Australia, ha di recente pubblicato uno studio sulla scomparsa dei pinguini di Adelia nel quale ipotizza che entro vent’anni l’intera colonia di pinguini potrebbe sparire dalla Baia del Commonwealth, in particolar modo da Capo Denison. Un tempo fiorente e molto popolata, la colonia ha iniziato ad avere problemi di sopravvivenza nel 2010 in seguito all’arrivo sulle coste del Capo di un grande iceberg, chiamato B09B, con un’area di circa 100 chilometri quadrati. La grande massa di ghiaccio si è arenata nel mezzo della Baia del Commonwealth e, in poco tempo, ha portato alla formazione di uno strato ghiacciato nel tratto di mare compreso tra la costa e il margine dell’icerberg, allungando di chilometri il viaggio che i pinguini devono compiere per raggiungere l’acqua, dove pescano il cibo per nutrirsi e per provvedere alle loro nidiate.

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I pinguini di Adelia hanno bisogno di avere un accesso all’acqua entro 2-3 chilometri dal punto in cui si trova la loro colonia: se il viaggio diventa più lungo aumenta il consumo di calorie, condizionando le possibilità di sopravvivenza. A causa dell’iceberg B09B, negli ultimi anni i pinguini sono stati costretti a camminare per quasi 60 chilometri prima di arrivare a un accesso al mare: molti uccelli non ce la fanno a sostenere un viaggio di questo tipo, con conseguenze anche per la prole che resta nei nidi in attesa di cibo che non arriverà mai.

Le stime effettuate dai ricercatori australiani sono piuttosto impressionanti. A inizio Novecento le colonie nella Baia del Commonwealth erano costituite da circa 200mila pinguini di Adelia, numero che rimase più o meno stabile nei decenni successivi. Le cose sono cambiate sensibilmente a partire dal 2010 con un progressivo declino nel numero di esemplari, dovuto soprattutto al minor numero di uova deposte e al tasso più alto di mortalità. Dallo studio delle immagini satellitari e sulla base delle rilevazioni sul campo, i ricercatori hanno concluso che nella zona ci sono quasi 150mila pinguini in meno. È probabile che alcuni siano morti e che parte della colonia si sia trasferita in altri punti, ma la riduzione è comunque di grandi proporzioni e dimostra quali possano essere gli effetti di un repentino cambiamento dell’habitat di questi animali.

Nello studio i ricercatori scrivono che la popolazione di pinguini “a Capo Denison potrebbe essere eliminata entro 20 anni, a meno che l’icerberg B09B non si sposti o che si rompa lo strato di ghiaccio che si è formato lungo la Baia”. Lo studio non esclude che ci possano essere state altre cause nella riduzione del numero di pinguini, ma spiega comunque che una colonia situata 8 chilometri a est della Baia – dove l’accesso al mare non è precluso dall’iceberg – sta prosperando, con un numero stabile di nuove nascite.