Il voto finale sull’Italicum, in streaming

Alla Camera si discute e si vota per l'ultima volta – senza fiducia – la riforma elettorale: la diretta dei lavori

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
Roma 28-04-2015
Politica
Camera dei Deputati. Discussione sulla riforma della legge elettorale
Nella foto la Camera dei Deputati

Photo Fabio Cimaglia / LaPresse
Rome 28-04-2015
Politic
Chamber of Deputies. Discussion on electoral law
In the photo the Chamber of Deputies
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse Roma 28-04-2015 Politica Camera dei Deputati. Discussione sulla riforma della legge elettorale Nella foto la Camera dei Deputati Photo Fabio Cimaglia / LaPresse Rome 28-04-2015 Politic Chamber of Deputies. Discussion on electoral law In the photo the Chamber of Deputies

Da mezzogiorno l’aula della Camera sta esaminando gli ordini del giorno sulla riforma della legge elettorale, il cosiddetto Italicum. Il voto finale è previsto in serata. La legge vale solo per la Camera, in vista delle riforme costituzionali che porteranno il Senato a non essere più direttamente elettivo: per avere il tempo di approvare quest’ultima riforma, nell’Italicum è stata inserita una clausola che ne prevede l’entrata in vigore, qualora approvato, dal primo luglio del 2016.

Lo scorso 27 gennaio il Senato aveva approvato l’Italicum, apportando delle modifiche rispetto al testo che era stato già votato alla Camera nel marzo del 2014. La scorsa settimana, per evitare che il disegno di legge venisse modificato di nuovo e dovesse dunque tornare al Senato dove il PD non avrebbe avuto un sostanzioso vantaggio di voti, il governo aveva ottenuto attraverso tre voti di fiducia l’approvazione degli articoli 1, 2 e 4 della legge. L’articolo 3, invece, era stato già approvato nella stessa forma da Camera e Senato.

Non tutte le opposizioni hanno deciso cosa fare oggi, in occasione del voto finale: potrebbero uscire dall’aula e non partecipare (come dichiarato per esempio da Renato Brunetta per quanto riguarda il suo partito, Forza Italia) o potrebbero votare contro. Anche il gruppo dei dissidenti del Partito Democratico (37 dopo l‘abbandono di Guglielmo Vaccaro al partito) non ha ancora deciso la sua strategia: Alfredo D’Attorre ha però anticipato che il dissenso «potrebbe allargarsi».