• Mondo
  • Domenica 29 marzo 2015

La legge sull’obiezione religiosa in Indiana

È stata approvata giovedì e secondo i critici potrebbe legalizzare le discriminazioni nei confronti degli omosessuali: ci sono state proteste in tutti gli Stati Uniti

Questa settimana il governatore dell’Indiana, il repubblicano Mike Pence, ha approvato una legge che impedisce allo stato di limitare i principi religiosi dei propri cittadini. Il fatto notevole è che è formulata in un modo per cui prevede che «il governo può limitare l’esercizio della religione di un proprio cittadino solo quando viola gli interessi del governo»: secondo gli stessi sostenitori della legge, significa che i negozianti cristiani potranno rifiutarsi di servire i propri clienti omosessuali senza per questo essere accusati di fare discriminazione. Comprensibilmente, la legge ha causato moltissime proteste in tutto lo stato e nel resto del paese, ed è accusata di avere praticamente legalizzato la discriminazione nei confronti degli omosessuali.

Negli Stati Uniti il tema è molto sentito, principalmente perché negli anni diversi politici repubblicani hanno cercato di opporsi alle numerose sentenze delle corti locali che hanno legalizzato il matrimonio gay, sulla base della storica sentenza della Corte Suprema dell’ottobre del 2013 che legalizzava i matrimoni gay a livello federale. Leggi simili a quella approvata in Indiana sono state presentate in stati storicamente repubblicani come l’Arkansas e la Georgia. Un report di marzo di Human Rights Campaign, un’associazione per i diritti LGBT, ha detto che in almeno 26 stati americani sono state presentate leggi che limitano i diritti degli omosessuali. Fra le altre cose, per giugno è attesa una sentenza della Corte Suprema che deciderà se ogni matrimonio gay dovrà essere riconosciuto da ciascun governo statale (per ora è valido “solo” a livello federale).

In numerosi locali in tutto l’Indiana sono comparsi in questi giorni adesivi con la scritta: «Noi serviamo chiunque», mentre nella capitale dello stato, Indianapolis, ci sono state manifestazioni di attivisti per i diritti omosessuali. Anche la squadra di basket di Indianapolis, i “Pacers”, ha diffuso un comunicato per criticare la legge. Ma la legge è stata molto criticata anche fuori dall’Indiana.

Nel giro di pochi giorni moltissime società che hanno interessi in Indiana hanno criticato la legge e annunciato misure di “rappresaglia”. Due importanti convention che avrebbero dovuto tenersi ad Indianapolis sono già state rimandate, causando potenzialmente una grossa perdita all’economia della città (il business dei convegni vale più di 4 miliardi di euro l’anno solo per Indianapolis, e dà lavoro a 75 mila persone). Marc Benioff, l’amministratore delegato di Salesforce, una società di cloud-computing che vale circa 40 miliardi di dollari, ha detto che ridurrà gli investimenti in Indiana al punto da limitare i viaggi dei suoi impiegati nello stato. Con una serie di tweet, Benioff ha anche invitato i suoi colleghi amministratori delegati a fare altrettanto. Tim Cook, amministratore delegato di Apple, ha criticato la legge e, prima della firma, aveva chiesto al governatore che ponesse il veto.

 

La camera di commercio di Indianapolis, un’organizzazione che raccoglie alcune delle principali società della città, aveva già scoraggiato il governatore dal firmare la legge, citando proprio le preoccupazioni sull’influsso che questa avrebbe avuto sul turismo e sugli investimenti in città. Il governatore si era difeso nelle scorso settimane sostenendo che la legge non avrebbe mai potuto permettere le discriminazioni di cui parlavano i suoi critici.

Almeno in parte sembra che Pence avesse ragione. Leggi simili a quella approvata in Indiana esistono da anni in circa una decina di altri stati e non hanno quasi mai portato a polemiche e proteste simili a quelle di questi giorni. Daniel Conkle, ad esempio, un professore di legge all’Università dell’Indiana che si definisce un’attivista dei diritti LGBT, ha detto che non conosce un singolo caso di discriminazione in tutti gli Stati Uniti in cui i giudici si siano schierati con chi sosteneva di averlo fatto per un’obiezione di coscienza religiosa.

Domenica 29 marzo, tre giorni dopo aver firmato la legge, il governatore Pence è stato costretto a fare un mezzo passo indietro e ha detto che sta considerando l’idea di «trovare un modo per chiarire lo scopo della legge».