Dieci canzoni di Madonna

E un bel po' di foto, per chi vuole ripassare la sua storia

LONDON, ENGLAND - JANUARY 11: Madonna arrives at the UK premiere of W.E., which releases in theatres on Jan 20th at ODEON Kensington on January 11, 2012 in London, England. (Photo by Chris Jackson/Getty Images for Freud)
LONDON, ENGLAND - JANUARY 11: Madonna arrives at the UK premiere of W.E., which releases in theatres on Jan 20th at ODEON Kensington on January 11, 2012 in London, England. (Photo by Chris Jackson/Getty Images for Freud)

L’8 marzo durante la puntata di “Che tempo che fa” verrà trasmessa l’intervista a Madonna, registrata qualche settimana fa. Per i profani e per quelli che vogliono fare un ripasso della sua storia musicale prima di vederla chiacchierare con Fabio Fazio, abbiamo messo insieme una playlist essenziale, con le dieci canzoni scelte dal peraltro direttore Luca Sofri per il suo libro Playlist, la musica è cambiata.

Madonna (1958, Bay City, Michigan)
Madonna non è una questione di musica: è un fenomeno socioculturale che racconta gli ultimi tre decenni dell’Occidente. Straordinariamente sottovalutata o sopravvalutata, da un certo punto in poi è diventato un cliché sostenere che fosse un genio: troppa grazia. Ma a differenza di altre figure leggendarie della storia della musica e del mondo, non è lei che ha cambiato i tempi, ma i tempi che hanno cambiato lei: e intorno mille altre cercavano di imitarla. Nessuna sua canzone è durata più dello spazio di una stagione, ma in ognuna di quelle stagioni ha fatto il bello e il cattivo tempo.

Dress you up
(Like a virgin, 1984)
Arrangiamento ballerino che farebbe sbadigliare gli storditi che affollano le discoteche odierne, con tanto di pretesa di assolo di chitarra. Lui è un elegantone, e gli fanno i vestiti su misura a Londra: ma lei lo vestirà del suo amore. “Dalla testa ai piedi”. Quando Tipper Gore, moglie dell’allora vicepresidente degli Stati Uniti, la sentì tra i dischi di sua figlia, ritenne ci fossero dei doppi sensi sessuali e piantò un casino di genitori scandalizzati: che poi portò alla creazione di quelle etichette “parental advisory” sui dischi il cui contenuto qualcuno ritiene inadeguato alle orecchie più ingenue.

Into the groove
(Like a virgin, 1984)
“And you can dance…”. La canzone definitiva della prima Madonna: gran ritmo e strofetta appiccicosa. Stava nella colonna sonora di Cercasi Susan disperatamente e dapprima era solo un bside di “Angel”. Poi uscì come singolo e fu attaccato ad alcune ristampe di “Like a virgin”. Andò ad aggiungersi alle altre sue canzoni che in quel periodo gremivano le classifiche di mezzo mondo.

Crazy for you
(Vision quest, 1985)
Lentone sdolcinato, non male per i tempi: fu inciso per la colonna sonora di un filmetto da teen-agers – Vision quest – in cui Madonna aveva anche una parte, e che fu scavalcato largamente in successo e notorietà dalla canzone (tanto che il film in Europa si chiamò Crazy for you).

True blue
(True blue, 1986)
Umpa-umpa-umpa… Era ancora giovane e spensierata: poi sarebbe diventata vecchia e spensierata. Ma la spensieratezza senile assume altre forme che non questo umpaumpa-umpa estivo. Il controcanto finale è puro Abba.

Ray of light
(Ray of light, 1998)
Forse la migliore cosa che Madonna abbia mai messo su un disco è il giro di chitarra con cui attacca “Ray of light”. Sono solo ventidue secondi, e non è lei, naturalmente (si chiama Marc Moreau). Il pezzo – l’intero disco – fu prodotto e inventato da William Orbit, principe della produzione techno di quegli anni, e si sente. Poi arriva lei, dice “ok, adesso spostatevi”, e fa tutto il resto.

Nothing really matters
(Ray of light, 1998)
Ce n’è un formidabile remix di due leggendari deejay austriaci – Kruder e Dorfmeister – che praticamente lavora per undici minuti solo sul passaggio che qui è un semplice bridge, quello che fa “nothing takes the past away, like the future”.

I deserve it
(Music , 2000)
Al disco successivo tirarono dentro anche il mago dell’elettronica francese Mirvais, e Talvin Singh, creativo musicista anglo-britannico. Insieme a Orbit, sembravano l’Inter di Moratti, imbottita di numeri uno: “Music” però stravinse in tutto il mondo. Questa è una ballata che replica la formula vincente elettronica-più-chitarra.

Hung up
(Confessions on a dancefloor, 2005)
“Time-goes-by, so-slowly-lowly”. Tutto il resto è grande maniera dance (che risente molto di “Nothing really matters”, di cui riprende anche la riflessione sul tempo che passa: là era “nothing takes the past away like the future”) sostenuta da un riff elettronico da circo (preso agli Abba). Ma l’invenzione è tutta in quel telegrafico ritornello scandito: “time-goes-by, so-slowly-lowly” (“time goes by so slowly” era già cantato nella sua vecchia “Love song”).

Sorry
(Confessions on a dancefloor, 2005)
“Sono spiacente”: la canzone si apre con un’enumerazione di traduzioni dell’espressione “sorry”. Quella italiana è piuttosto formale: avete mai detto al vostro amato o amata “sono spiacente”? Allora tanto vale dire “mi rincresce”, che suona elegantemente ottocentesco. Grande pezzo dance, vecchio e nuovo. Bisogna che tutto cambi, perché tutto resti uguale, diceva quello.

Girl gone wild
(MDNA, 2012)
Direte voi, “ma è la stessa canzone di prima?”. E ha delle somiglianze vistosissime con “Sorry”, è vero: come ricominciare da lì, dopo il disco che c’era stato nel mezzo, “Hard candy”. Proprio per questo funziona benissimo.