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Il librone su J.D. Salinger

Lo sbarco in Normandia del soldato Salinger, un estratto dalla voluminosa e discussa biografia tradotta e pubblicata ora anche in Italia

PAUL FITZGERALD (compagno di Salinger nei Corpi di controspionaggio; estratto da una poesia inedita): Non c’era fascino, non c’era spavalderia in tutto questo. La spiaggia era proprio di fronte a noi. Galleggiava nella marea, la vidi: la mia prima vittima.

JOHN KEENAN: Le corazzate facevano fuoco contro la costa, mirando alle casematte [strutture di cemento fortificate da cui i soldati tedeschi sparavano con le mitragliatrici].

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STEPHEN E. AMBROSE (studioso della Seconda guerra mondiale): Le onde sballottavano le lance da sbarco, scavalcavano i parapetti e schiaffeggiavano le truppe in pieno volto; la situazione era così insostenibile che molti soldati pregavano di arrivare il prima possibile.

SOLDATO SEMPLICE RALPH DELLA-VOLPE: Le imbarcazioni si accalcavano come insetti, quasi facessero a gara a chi arrivava prima. Io avevo fatto una colazione molto molto abbondante, sperando che mi avrebbe aiutato, ma vomitai tutto.

STEPHEN E. AMBROSE: Capitò a molti. Il marinaio Marvin Perrett, un guardacoste diciottenne di New Orleans, era timoniere su una Higgins fabbricata a New Orleans. Stava trasportando a riva trenta membri del Dodicesimo reggimento della Quarta divisione, che si erano voltati verso di lui per evitare gli schizzi delle onde. Il ragazzo vedeva la paura e la preoccupazione sui loro volti. Proprio di fronte a lui c’era un cappellano. Perrett era impegnato a mantenere la sua posizione lungo la linea di avanzamento. Il cappellano rigurgitò la colazione a favore di vento, e Perrett (come tutti gli altri sulla barca) si ritrovò coperto di uova mal digerite, caffè e pezzi di bacon.

SERGENTE MAGGIORE DAVID RODERICK: La spiaggia di Utah Beach era leggermente in salita. Cogliemmo di sorpresa i tedeschi sbarcando con la bassa marea, quando gli ostacoli erano in secca. Certo, in questo modo i nostri soldati si trovarono a dover percorrere più di 100 metri di spiaggia trovandosi completamente esposti al fuoco nemico, in aggiunta ai precedenti 100 metri di mare. Le truppe della Quarta divisione fanteria sbarcarono in un’acqua profonda da 1 a 2 metri e dovettero avanzare per circa 200 metri, fino alla barriera costiera. La barriera era alta da 1 a 2,5 metri, e alle sue spalle si alzavano dune di sabbia alte fino a 3 metri. Le fortificazioni lungo la costa tenevano sotto tiro quest’area con armi di piccolo calibro, mitragliatrici e artiglieria.
Io credo che Salinger, al pari di tutti noi, avesse in testa una sola domanda: «Ce la farò? Riuscirò ad arrivare alla spiaggia?». Io ero particolarmente preoccupato, perché non sapevo nuotare molto bene. Ti davano solo un salvagente, una specie di larga fascia da metterti intorno alla vita, ma dovevi anche portare tutto quel pesantissimo equipaggiamento sulle spalle. Se non facevi attenzione, cadendo in acqua e gonfiando quell’affare rischiavi di ribaltarti a testa in giù e annegare.

SOLDATO SEMPLICE ALBERT SOHL: «Tutti pronti!» gridò il timoniere tentando di farsi sentire sopra il rombo del motore. Manovrò con abilità la nostra lancia attraverso il viavai di imbarcazioni. Di tanto in tanto, un’esplosione dell’artiglieria di terra marciava sul pelo dell’acqua con invisibili stivali delle sette leghe. Il mio cuore martellava sempre più forte, ma sulla riva non riuscivo ancora a scorgere nessuno che assomigliasse al nemico. A circa 50 metri dalla costa, il nostro pilota invertì la rotazione delle eliche; mentre la barca stallava, spalancò di colpo la rampa anteriore. Le armi rumoreggiavano in lontananza. Gli aeroplani ci sfrecciavano sopra la testa. Schegge irregolari di fumo nero si levavano dai rapidi cacciatorpediniere e aleggiavano su tutto quel caos. «Siamo arrivati!» gridò il pilota al di sopra del frastuono. «Muovete il culo, devo tornare a prendere altri passeggeri!»

COLONNELLO GERDEN F. JOHNSON: Gli uomini sentirono i muscoli irrigidirsi quando qualcuno sussurrò che la spiaggia era in vista. Mentre correvano verso la riva, il capitano gridò che servivano altre coperte. Questo significava che sulla spiaggia c’erano feriti, e la loro vista avrebbe terrorizzato chiunque. Ciascun uomo ebbe vivido in mente il suo problema più immediato. Tutti compresero che se volevano sopravvivere a quella giornata, per prima cosa avrebbero dovuto sopravvivere a quella corsa verso la spiaggia. In quel momento nient’altro importava. Era la sola e unica questione di cui preoccuparsi. Per riuscirci, avrebbero dovuto restare vivi per quella che sembrava un’eternità, arrancando nell’acqua, dalla rampa della lancia fino alla spiaggia, frenati dal pesante equipaggiamento portato in spalla, un’eternità in cui si sarebbero sentiti inermi, nudi, esposti al fuoco assassino di un nemico che stava al di là dalla spiaggia.

GENERALE MATTHEW RIDGWAY: Per la prima volta vidi il più solitario e funesto di tutti i paesaggi, un campo di battaglia. E per la prima volta provai quella strana frenesia che attanaglia un uomo quando sa che da qualche parte, in lontananza, occhi ostili lo stanno guardando, e che da un momento all’altro, senza farsi sentire, una pallottola potrebbe colpirlo, sparata da un nemico invisibile.

CAPITANO GEORGE MAYBERRY: Mai in vita mia avevo desiderato con tanta forza di poter correre, ma non riuscivo che ad arrancare lentamente. La riva era distante un centinaio di metri e mi ci vollero due minuti a raggiungere l’acqua bassa. Furono due minuti estremamente lunghi. Neppure sulla spiaggia riuscii a correre: la mia uniforme era fradicia e appesantita, le mie gambe intorpidite e scosse dai crampi.
Le granate iniziarono a esplodere sulla spiaggia, e dall’entroterra arrivavano sporadici colpi di mortaio. Proprio di fronte a me, un soldato fu colpito in pieno e fatto a pezzi. In quello stesso istante, un piccolo oggetto mi colpì sul petto: era il pollice di quel ragazzo.

SERGENTE MAGGIORE DAVID RODERICK: Sul pelo dell’acqua vidi galleggiare equipaggiamenti, salvagenti e pezzi di legno: erano i resti di un’imbarcazione che aveva urtato una mina. A duecento metri di distanza si sentì una forte esplosione: la Batteria B, dell’artiglieria, aveva urtato una mina, e la lancia da sbarco era esplosa. Una deflagrazione terribile. Nella lancia c’erano quattro pezzi d’artiglieria e sessanta uomini. Guardammo terrorizzati i corpi e i pezzi di metallo scagliati in aria: trentanove dei sessanta soldati rimasero uccisi.

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