L’estradizione negata di Hayle Abdi Badre

La storia del tribunale inglese che ha rifiutato di autorizzare il trasferimento in Italia di un cittadino somalo sotto accusa a Firenze, per via dello stato delle nostre carceri

The Royal Courts of Justice in London where radical preacher Mustafa Kamel Mustafa, Babar Ahmad, Khaled Al-Fawwaz and Adel Abdul Bary are appealing against extradition to the United States on terror charges, Wednesday, Oct. 3, 2012. Last week a European court backed successive British judges in ruling that Mustafa Kamel Mustafa, Babar Ahmad, Khaled Al-Fawwaz and Adel Abdul Bary could be sent to the U.S. to face charges. The four terrorist suspects are going to Britain's High Court in a last-ditch bid to avoid extradition to the United States. (AP Photo/Sang Tan)
The Royal Courts of Justice in London where radical preacher Mustafa Kamel Mustafa, Babar Ahmad, Khaled Al-Fawwaz and Adel Abdul Bary are appealing against extradition to the United States on terror charges, Wednesday, Oct. 3, 2012. Last week a European court backed successive British judges in ruling that Mustafa Kamel Mustafa, Babar Ahmad, Khaled Al-Fawwaz and Adel Abdul Bary could be sent to the U.S. to face charges. The four terrorist suspects are going to Britain's High Court in a last-ditch bid to avoid extradition to the United States. (AP Photo/Sang Tan)

Qualche giorno fa la Royal Courts of Justice di Londra ha deciso di negare all’Italia l’estradizione di Hayle Abdi Badre, un cittadino somalo che vive in Inghilterra accusato a Firenze di violazione della direttiva europea sui servizi finanziari, a causa dello stato delle carceri italiane. David Allegranti ha raccontato la storia sul Corriere Fiorentino, parlando anche del carcere di Sollicciano, dove sarebbe stato probabilmente rinchiuso Badre, che «ha quasi il doppio dei detenuti che è in grado di ospitare (ha una capienza di 480 prigionieri, di solito sono intorno al migliaio)».

Una decisione che già fissa, nel giro di pochi giorni, un precedente. L’11 marzo le Royal Courts of Justice di Londra hanno negato l’estradizione di Hayle Abdi Badre, cittadino somalo accusato dalla Procura di Firenze di violazione della direttiva europea sui servizi finanziari e che si trova in Inghilterra, perché è là che vive parte della sua larghissima famiglia.

La Giustizia italiana non ha offerto adeguate garanzie sul trattamento che Badre – la cui attività era radicata anche a Firenze – avrebbe ricevuto nelle nostre prigioni. Le Royal Courts of Justice citano, fra le argomentazioni, la celebre sentenza pilota Torreggiani, con cui la Corte europea dei diritti umani l’anno scorso ha condannato lo Stato italiano per violazione della Convenzione europea dei diritti umani. Il caso riguardava trattamenti inumani o degradanti subiti dai ricorrenti, sette persone detenute per molti mesi nelle carceri di Busto Arsizio e di Piacenza, in celle triple e con meno di quattro metri quadrati a testa a disposizione.

Il gip del Tribunale di Firenze David Monti il 5 luglio 2013 ha inviato una lettera al magistrato britannico di collegamento in Italia Sally Cullen in cui in poche righe liquidava il rischio maltrattamenti, dicendo che Badre, se tradotto in Italia, non sarebbe stato collocato negli istituti di Busto Arsizio e Piacenza, “dato che l’Italia può offrire una ampia gamma e scelta di istituti penitenziari”. Peccato che il problema sia strutturale e infatti la giustificazione non ha convinto i giudici inglesi.

Badre forse sarebbe finito a Sollicciano, le cui pietose condizioni sono state raccontate e documentate anche da un reportage del Corriere Fiorentino il 15 dicembre 2013; Sollicciano ha quasi il doppio dei detenuti che è in grado di ospitare (ha una capienza di 480 prigionieri, di solito sono intorno al migliaio). L’Italia ha fino al 27 maggio per trovare una soluzione al problema strutturale del sovraffollamento nelle carceri.

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Foto: La facciata delle Royal Courts of Justice di Londra (AP Photo/Sang Tan)