La cannabis terapeutica in Italia

Come funziona nel nostro paese e che cosa è successo in Abruzzo (tranquilli: la legalizzazione per tutti è ancora molto lontana)

Venerdì 7 marzo il Consiglio dei Ministri ha deciso di non impugnare davanti alla Corte Costituzionale la legge della regione Abruzzo (qui potete leggere il testo) che disciplina l’uso terapeutico della cannabis. Si tratta in parte di una “non-notizia”, come ha dichiarato il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin: l’uso terapeutico della cannabis in Italia è già consentito per alcune patologie, anche se ci sono molti ostacoli concreti e bisogna seguire un iter burocratico piuttosto lungo.

È già accaduto che singole regioni abbia disciplinato l’utilizzo della cannabis per uso terapeutico: l’Abruzzo è la settima regione a farlo (dopo Puglia, Toscana, Liguria, Veneto, Lombardia e Piemonte). Ma c’è un altro motivo per cui la non impugnazione è importante. Nel passato recente, per ben due volte il governo Monti ha impugnato leggi simili (senza ottenere alcun risultato).

Cosa prevede la legge in Abruzzo
Come vedremo tra poco, la nuova legge approvata dalla regione Abruzzo non cambia molto le cose rispetto al passato: quindi nessuno scenario californiano, con medici che prescrivono marijuana per nausee e mal di testa. La legge risale al 4 gennaio 2014 e prevede che medici specialisti e medici di base possano prescrivere medicinali a base di cannabis. I farmaci potranno essere utilizzati in ospedale, ma le cure potranno proseguire a domicilio.

L’acquisto dei farmaci sarà a carico del sistema sanitario regionale, che li acquisterà all’estero tramite il ministero della Sanità. La legge autorizza anche la regione a fare accordi con “centri o istituti” autorizzati per produrre farmaci, in modo da non doverli importare all’estero, ma questa parte della legge probabilmente non produrrà alcun effetto visto che in Italia non si può coltivare cannabis per scopi terapeutici (ma soltanto di ricerca). Resta comunque un limite piuttosto oscuro imposto dalla legislazione nazionale: i farmaci a base di cannabis potranno essere prescritti soltanto «quando altri farmaci disponibili si siano dimostrati inefficaci o inadeguati al bisogno terapeutico del paziente».

Cosa prevede la legge in Italia
L’utilizzo della cannabis per uso terapeutico in Italia è una materia molto complessa e piuttosto confusa: tanto che, scrivono diversi esperti, non tutti i medici sono a conoscenza della possibilità e delle modalità da utilizzare per prescrivere medicinali a base di cannabis. Le norme principali sono contenute nel Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.

In questo documento dell’Associazione Luca Coscioni trovate una breve storia dell’utilizzo terapeutico della cannabis in Italia. In sostanza, in varie fasi a partire dal 2007 l’uso terapeutico del principio attivo della cannabis (il THC) è stato inserito nelle tabelle del ministero della Sanità, fino ad arrivare a quelle che indicano le sostanze – naturali e artificiali – che possono essere utilizzate per uso terapeutico.

Nonostante tutto, sono rimasti numerosi problemi. Uno dei principali è la complicata procedura burocratica per ottenere i farmaci a base di THC. Si parte dal medico che deve fare la ricetta, per poi passare all’ASL regionale che deve deciderne l’acquisto e infine si arriva al ministero della Sanità, che importa i farmaci in Italia. L’acquisto, poi, potrebbe essere bloccato in una qualsiasi delle sue fasi, se venisse giudicato che gli altri farmaci non a base di cannabis sono altrettanto efficaci. Il costo del farmaco è a carico del paziente, a meno che non sia specificato diversamente dalla legge regionale.

I sistemi sanitari regionali, infatti, godono di una certa autonomia, quindi nel rispetto delle norme contenute nel Testo Unico è possibile per le regioni fare leggi per regolamentare con maggior dettaglio l’utilizzo della cannabis per uso terapeutico nel sistema sanitario regionale. Le regioni possono decidere le modalità di somministrazione, se concedere il rimborso dei farmaci e altri dettagli (tenendo presente che la legge nazionale ricorda che si possono usare farmaci a base di cannabis soltanto quando gli altri farmaci sono inefficaci). Un’eccezione a questa regola è quella della sclerosi multipla. Nel 2010 il tribunale di Avezzano ha stabilito che è “doveroso” per i pazienti affetti da sclerosi multipla ricevere medicine a base di cannabis e che queste vengano rimborsate dal servizio sanitario nazionale.