La fine del decreto “Salva Roma”

Il governo l'ha ritirato, dopo le molte polemiche dei giorni scorsi e le valutazioni negative di Giorgio Napolitano

Martedì 24 dicembre il governo guidato da Enrico Letta ha annunciato che il cosiddetto decreto “Salva Roma”, in scadenza il 30 dicembre e approvato pochi giorni fa dalla Camera, non continuerà il suo percorso parlamentare al Senato e non sarà quindi convertito in legge. Il governo ha spiegato che la decisione è arrivata dopo un incontro tra Enrico Letta e Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica si è mostrato contrario ai molto numerosi e vari emendamenti che il Parlamento ha introdotto nel decreto, e che non c’entravano più nulla con lo scopo originale del provvedimento: rimettere in sesto il bilancio di Roma Capitale (cioè il comune).

La conversione in legge del decreto “Salva Roma” è stata il principale tema di scontro alla Camera lo scorso 22 dicembre. Il decreto, varato tempo fa dal governo per sistemare i debiti del comune di Roma arrivati a 864 milioni di euro, era stato usato in precedenza da molti parlamentari per ottenere il finanziamento per diverse cose, in molte città d’Italia. Come ha spiegato pochi giorni fa Sergio Rizzo sul Corriere, si trattava dei provvedimenti più disparati, tra i quali:

«Venti milioni per tappare i buchi del trasporto pubblico calabrese. Ventitré per i treni valdostani. Mezzo milione per il Comune di Pietrelcina, paese di Padre Pio. Uno per le scuole di Marsciano, in Umbria. Un altro per il restauro del palazzo municipale di Sciacca. Ancora mezzo per la torre anticorsara di Porto Palo. Un milione a Frosinone, tre a Pescara, 25 addirittura a Brindisi. Quindi norme per il Teatro San Carlo di Napoli e la Fenice di Venezia, una minisanatoria per i chioschi sulle spiagge, disposizioni sulle slot machine, sulle isole minori, sulla Croce Rossa, sul terremoto dell’Emilia-Romagna, sui beni sequestrati alla criminalità organizzata. E perfino l’istituzione di una sezione operativa della Direzione investigativa antimafia all’aeroporto di Milano Malpensa per prevenire le infiltrazioni mafiose nell’Expo 2015.»

Nella discussione alla Camera di lunedì 23 dicembre il governo Letta aveva chiesto – e ottenuto – la fiducia posta proprio sul decreto “Salva Roma”, che era stato approvato con 340 voti favorevoli e 155 contrari. La questione di fiducia era stata posta per evitare l’ostruzionismo a oltranza annunciato dalla Lega Nord e dal Movimento 5 Stelle per un’altra questione, quella dei cosiddetti “affitti d’oro”, cioè gli affitti pagati dallo stato a prezzi spesso fuori mercato per avere a disposizione immobili in cui ospitare, per esempio, gli uffici dei parlamentari. M5S e Lega Nord si erano accorti che l’applicazione dell’emendamento inserito nel decreto “Salva Roma” per reintrodurre la norma sugli “affitti d’oro” era impedita da un altro emendamento, inserito nel testo della Legge di Stabilità, che era anch’essa in via di approvazione in Parlamento.

Diverse critiche al decreto erano arrivate però anche da alcuni parlamentari dei partiti di maggioranza, tra cui Partito Democratico e Scelta Civica. Per questa ragione dopo l’annuncio del governo di ritirare il decreto è iniziata la gara per attribuirsi la vittoria politica del ritiro del decreto. Stefania Giannini, segretario di Scelta Civica, ha detto: «Apprendiamo con soddisfazione della decisione del governo di rinunciare alla conversione del decreto salva Roma». Massimo Bitonci, capogruppo al Senato della Lega Nord, ha detto: «Abbiamo costretto il governo a ritirare una delle peggiori marchette della storia. Una nostra vittoria». Carlo Sibilia, portavoce del M5S alla Camera, ha scritto, riferendosi al ritiro del decreto: «Ultima vittoria sotto l’albero del M5S a poche ore dal Natale».

La discussione sulla conversione del decreto in legge era in programma al Senato per il 27 dicembre. Nell’annunciare il ritiro del decreto, il governo ha specificato che le situazioni «indifferibili, a cominciare dalle norme sulla base delle quali il Comune di Roma ha approvato il proprio bilancio» verranno sistemate con il decreto “milleproroghe” – il decreto che il governo vara tradizionalmente a fine anno per gli aggiustamenti alla sua legge di bilancio. Nel decreto “milleproroghe”, che verrà approvato il 27 dicembre dal Consiglio dei ministri, sarà inserita anche la correzione della norma sugli “affitti d’oro”.