La crisi del Newseum

Il grande museo sul giornalismo di Washington DC è in perdita e cerca di attrarre nuovi visitatori con una criticata esposizione ispirata a una commedia

Visitors tour the September 11, 2001 gallery, including a piece of the radio tower from the top of the North Tower of the World Trade Center and front-pages of newspapers from around the world at the Newseum, a 250,000 square-foot museum dedicated to news, on its opening day in Washington, DC, on April 11, 2008. AFP PHOTO/SAUL LOEB (Photo credit should read SAUL LOEB/AFP/Getty Images)
Visitors tour the September 11, 2001 gallery, including a piece of the radio tower from the top of the North Tower of the World Trade Center and front-pages of newspapers from around the world at the Newseum, a 250,000 square-foot museum dedicated to news, on its opening day in Washington, DC, on April 11, 2008. AFP PHOTO/SAUL LOEB (Photo credit should read SAUL LOEB/AFP/Getty Images)

Giovedì 14 novembre il Newseum di Washington DC, un grandissimo museo dedicato alla storia del giornalismo, ha inaugurato un’esposizione temporanea sulla commedia Anchorman – La leggenda di Ron Burgundy, diretta nel 2004 da Adam McKay e con protagonista Will Ferrell. Il film racconta il sessismo nel mondo del giornalismo degli anni Settanta attraverso la storia di un famoso conduttore televisivo del Texas, alle prese con l’arrivo di una collega. Il fatto che il museo dedicasse una mostra a un blockbuster hollywoodiano ha fatto discutere e molti hanno criticato il Newseum per aver abbassato i propri standard, che di solito prevedono mostre più canoniche: le battaglie per i diritti civili, la lotta al terrorismo, la presidenza di John Fitzgerald Kennedy.

Secondo altri, scrive il Washington Post, si tratta di un tentativo di attirare nuovo pubblico, in vista del seguito del film che uscirà a dicembre, allo scopo di arginare in qualche modo la crisi finanziaria e l’enorme deficit economico del Newseum. La situazione si è fatta ancora più critica nell’ultimo anno: a gennaio il museo ha licenziato 32 dei suoi 152 impiegati a tempo pieno e circa 80 lavoratori part time, un quarto dei quali però è stato poi ri-assunto a tempo pieno. Il museo è stato inaugurato soltanto nel 2008, è ricchissimo di materiali ed è molto apprezzato dai visitatori, ma il suo modello imprenditoriale sembra decisamente inadeguato: almeno la metà delle sue entrate deriva dal Freedom Forum, una fondazione che si occupa di libertà di stampa, responsabile di diversi enti tra cui lo stesso Newseum.

Nonostante le visite e le sottoscrizioni siano in aumento, da anni al Newseum le spese superano le entrate: nel 2011 il budget era di 7,6 milioni di dollari, aumentati di 8,3 nel 2012, ma nel 2013 le spese sono arrivate a 68 milioni di dollari. I costi di manutenzione dell’edificio e dei materiali sono altissimi e gli introiti non bastano: lo sbilancio risente anche degli stipendi che vengono pagati ai membri del Consiglio di amministrazione (cosa che non accade più con i nuovi membri), una pratica molto rara nelle fondazioni no profit, che dimostra ancora una volta l’inadeguato modello economico del progetto. Secondo il Washington Post però probabilmente anche l’esposizione temporanea non potrà fare molto per i conti del museo.

Il portavoce del Newseum, Jonathan Thompson, ha spiegato che la scelta di organizzare una mostra pop è un modo per avvicinare persone che altrimenti non visiterebbero il museo: «Vogliamo istruire i visitatori sul Primo Emendamento, sul giornalismo e la libertà di stampa, e abbiamo molte mostre che raccontano la Storia. Anchorman è leggera e divertente. Vuole portare occhi nuovi ad alcune mostre serie, è uno zuccherino per trascinare dentro le persone». Non è la prima volta che il museo organizza un’esposizione meno formale del solito, come quella dedicata a Elvis Presley nel 2010. Anchorman espone circa 60 oggetti di scena, per lo più kitsch, insieme a informazioni sull’arrivo delle conduttrici donne in tv, che nel 1972 negli studi televisivi locali erano solo l’11 per cento.

Il Newseum fu aperto una prima volta ad Arlington, in Virginia, nel 1997: nel giro di pochi anni i fondatori decisero di ingrandirlo e spostarne la sede. Nel 2002 il museo originale fu chiuso e iniziarono i lavori per la nuova sede, a Washington DC in Pennsylvania Avenue (la stessa strada della Casa Bianca). L’edificio è stato progettato dagli architetti Ralph Appelbaum e James Stewart Polshek, è vasto 23 mila metri quadrati e i lavori di costruzione sono costati 450 milioni di dollari. Jerry Frieheim, il primo direttore esecutivo, ha detto di averne inventato il nome. Sulla facciata c’è un pannello in pietra alto quattro piani sui cui sono scolpite 45 parole tratte dal Primo emendamento della Costituzione americana, su cui si fonda negli Stati Uniti il principio della libertà di stampa e di espressione. Il museo ospita esposizioni permanenti che raccontano la storia del giornalismo e alcuni dei più importanti fatti storici statunitensi; due studi televisivi, teatri e redazioni interattive. Conserva la più larga sezione del muro di Berlino al di fuori della Germania, una grande raccolta di prime pagine con gli accadimenti più importanti degli ultimi due secoli e un memoriale di vetro su cui sono scolpiti i nomi dei giornalisti morti in servizio, aggiornato ogni anno. C’è anche una grande sezione dedicata agli attentati dell’11 settembre 2001, mentre ogni giorno vengono esposte davanti alla sede del museo le prime pagine di circa 80 quotidiani internazionali.