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  • Mercoledì 25 settembre 2013

«A noi il passato non ce basta»

Il derby vinto dalla Roma nel racconto di Diego Bianchi e Simone Conte, cioè Kansas City 1927 (occhio: molte lacrime)

during the Serie A match between AS Roma and SS Lazio at Stadio Olimpico on September 22, 2013 in Rome, Italy.
during the Serie A match between AS Roma and SS Lazio at Stadio Olimpico on September 22, 2013 in Rome, Italy.

Sono riprese le cronache di Kansas City 1927, lo pseudonimo con cui Simone Conte e Diego Bianchi (in arte Zoro) raccontano le partite della Roma su Facebook: nonostante recentemente abbiano detto che diminuiranno la frequenza con la quale viene aggiornata la pagina, stamattina è stato pubblicato un lungo pezzo su Roma-Lazio, giocata domenica 22 settembre. La partita era molto attesa dai tifosi romanisti: si trattava infatti del primo derby dopo quello giocato nella finale dell’ultima edizione della Coppa Italia, il 26 maggio 2013, che la Roma perse 1-0. Stavolta la Roma ha vinto.

C’è il sole, fa caldo, è estate. Dovemo vince. Dovemo vince perché se ricomincia dala fine, perché dovemo giocà er derby come prima partita vera ao ssadio, subito, mo, perché così ha deciso un arido ma crudele algoritmo forgia calendari, e se da na parte s’attaccamo a ogni fior di zucca incontrato per la via pur de ritardà l’arivo in Sud, dall’altra semo consapevoli che pe esorcizzà quella cosa brutta accaduta de maggio, er modo miore è rigiocalla subito sta partita.

Allo stadio ce se ariva così, co poche certezze e ancora meno alternative. Oggi c’è un risultato solo. Se qualcuno te chiede “Perché?” evidentemente nell’ultimi 4 mesi non è stato a Roma. Noi ce semo stati. All’inizio è stata na tragedia. Poi è stato brutto. Poi è stato un ricordo bruttarello, sgradevole assai. Pensavamo che nce se potesse convive co sta cosa, che il 27 maggio sarebbe durato tutta la vita. E invece no. Piano piano, e soprattutto nelle ultime 3 settimane, se semo pure ricordati come se sorride, amo tirato fori la voce. Oggi, restando nel campo delle estrazioni e dell’abusato machismo da spogliatoio, sarebbe er caso de tirà fori le palle. Da sto punto de vista, da quello che s’è visto fino a mo, c’arivamo co la squadra giusta, co gli splendidi trentenni incazzati, coi giovani sotto schiaffo de quelli de cui sopra, co quelli na via de mezzo che a turno piano o danno gli schiaffi. Ce se ariva uniti. Ce se ariva primi. Ce se ariva carichi. Ce se ariva co nallenatore.

Eh, ma basterà? Non è che l’altre volte stavamo scarichi. Noi nce dormimo, nce magnamo, nce parlamo, noi semo quelli tra ssadio e realtà e poi abbiamo casse di cardioaspirina per pettinarci le coronarie. Ma loro, so loro che ce devono arivà carichi er giusto, né troppo né troppo poco. Già, loro, va a sapé come stanno.

Stanno come De Sanctis che imbocca pe primo a fa riscaldamento per il primo derby dela vita sua e je manca solo il microfono pe urlà “Siete caldi? Anchio!” e dici: ok, uno ce sta, è pronto. Poi li vedi tutti, e dici, dai ce stanno tutti, me pare che ce stanno no? Che dici, che te pare a te, chiedi a sconosciuti che però in quel momento so amici de na vita. Ce pare ce pare, ce pare a tutti. Mancano 10 minuti e stai nel pieno de un testa a testa de tabagismo hardcore co Sabatini, salivazione azzerata dalle sigarette e dal caldo e bibitaro troppo lontano, ma va bene, va bene tutto, nun bevemo così dopo non ce scappa la pipì.

(Continua a leggere sulla pagina Facebook di Kansas City 1927)