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I Balcani e l’Unione Europea

Si sta creando una divisione netta tra i paesi che fanno parte dell'Unione (o stanno per entrare) e quelli che sono rimasti fermi, con conseguenze delicate

I Balcani e l’UE
Il primo paese dei Balcani – o, meglio, che storicamente viene considerato tale, pur non essendo mai stato dominato dai turchi – che è entrato a far parte dell’Unione europea è la Slovenia (2004), seguita nel 2007 da Bulgaria e Romania. Per quanto riguarda i Balcani occidentali il processo è stato e continua a essere più complicato: a parte la Croazia, che è entrata il primo luglio dopo otto anni di negoziati, tre paesi hanno ottenuto lo status di candidato (Macedonia, Montenegro e Serbia) e i restanti tre (Albania, Kosovo e Bosnia-Erzegovina) rimangono ancora nelle fasi iniziali del processo di integrazione.

La Serbia dovrebbe ricevere a giorni una data per l’inizio dei negoziati. La Macedonia si trova formalmente nella stessa posizione della Serbia, ma aspetta la comunicazione di una data dal dicembre del 2005. Il Montenegro ha avviato i negoziati nel giugno del 2012. La candidatura dell’Albania è stata rifiutata dall’UE nel 2010 poiché il paese non aveva raggiunto il criterio politico di Copenhagen: l’esito dell’inizio del processo di integrazione dipenderà molto da come andranno le cose dopo il voto che si è tenuto domenica 23 giugno. La posizione della Bosnia-Erzegovina non è sicuramente migliore, a causa di una serie di tensioni etniche. Il Kosovo non ha ancora raggiunto un “Accordo di stabilizzazione e associazione”, il primo passo verso l’integrazione, che consiste nella firma di una serie di accordi bilaterali che riguardano questioni politiche, economiche, commerciali e anche relative ai diritti umani. Diversi paesi europei, peraltro, devono ancora riconoscere il Kosovo come paese indipendente: tra questi la Spagna, la Grecia e la Romania.

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Perché l’Europa ha rallentato
Dopo la caduta del muro di Berlino, furono gli Stati Uniti a svolgere un ruolo di “guida” nei Balcani, con i contestati accordi di Dayton, che nel 1995 misero fine ufficialmente alla guerra civile in Jugoslavia, e con il successivo intervento militare in Kosovo. Dalla fine degli anni Novanta, però, agli Stati Uniti è subentrata sempre di più l’Unione Europea: nel 2003, con la dichiarazione di Salonicco, fu addirittura delineata una specifica strategia per l’inclusione nell’Unione Europea dei paesi dei Balcani occidentali.

A partire dal 2008, però, con l’inizio della crisi economica e finanziaria, è stata la stessa UE a rallentare il processo di adesione e a non considerare più una priorità la questione dei Balcani occidentali. Queste nazioni hanno una popolazione complessiva di 15 milioni di persone, le cui condizioni economiche sono piuttosto precarie: secondo alcuni il loro ingresso rischierebbe di aumentare la situazione di “paralisi istituzionale” in cui già si trova l’Europa. La Grecia, sotto la cui presidenza semestrale dell’Unione si tenne il vertice di Salonicco del 2003, ha più volte prospettato l’idea di una Salonicco II, che si dovrebbe svolgere durante il prossimo semestre di presidenza europeo della Grecia, nella prima metà del 2014.

Le conseguenze
Nonostante i diversi problemi politici interni, i conflitti e le crisi sociali, l’obiettivo dell’integrazione non viene comunque messo in discussione da nessun governo della regione, almeno verbalmente. L’entusiasmo iniziale e la fiducia nell’intero processo sono però sensibilmente diminuiti, come dimostra il referendum che si è svolto in Croazia nel 2012 e a cui ha partecipato solo il 47 per cento degli aventi diritto al voto.

D’altra parte, senza l’incentivo deciso di una futura integrazione esiste il rischio che questi paesi non facciano le necessarie riforme per modernizzare le loro amministrazioni, trovare una stabilità politica, aprire le loro economie, ridurre la corruzione, diventando sempre più marginali sia economicamente che politicamente. Con la possibilità di una rinascita dei nazionalismi, delle proteste e delle rivolte.

foto: la festa per l’entrata nell’UE della Croazia. (STR/AFP/Getty Images)

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