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  • Mercoledì 26 giugno 2013

Hanno vinto i matrimoni gay

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha abrogato una contestata legge degli anni Novanta (ma occhio: non è una legalizzazione dei matrimoni in tutti gli stati)

di Francesco Costa– @francescocosta

American University students Sharon Burk, left, and Molly Wagner, embrace outside the Supreme Court in Washington, Wednesday, June 26, 2013, after the court cleared the way for same-sex marriage in California by holding that defenders of California's gay marriage ban did not have the right to appeal lower court rulings striking down the ban. (AP Photo/Charles Dharapak)
American University students Sharon Burk, left, and Molly Wagner, embrace outside the Supreme Court in Washington, Wednesday, June 26, 2013, after the court cleared the way for same-sex marriage in California by holding that defenders of California's gay marriage ban did not have the right to appeal lower court rulings striking down the ban. (AP Photo/Charles Dharapak)

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che i matrimoni gay contratti negli stati americani in cui sono permessi, per il governo federale hanno valore in tutti gli stati americani, anche in quelli in cui non sono previsti dalle leggi. La Corte lo ha fatto giudicando incostituzionale – incompatibile col Quinto emendamento – una legge federale molto discussa e contestata, il Defense of Marriage Act (DOMA). Cinque giudici hanno votato a favore, quattro hanno votato contro: il giudice Anthony Kennedy, di orientamento conservatore, ha votato insieme ai quattro giudici di orientamento progressista.

La Corte ha poi deciso di dare validità alle sentenze statali che in California avevano bocciato un divieto ai matrimoni gay (divieto a sua volta introdotto con un referendum), rifiutando di esprimersi sul ricorso dei contrari. Secondo la Corte i ricorsi contro la sentenza californiana non erano legittimi, quindi i matrimoni gay in California sono di nuovo legali.

(Le sentenze della Corte Suprema sulle homepage dei principali siti di news americani)

La sentenza sul DOMA
La legge, a cui spesso si fa riferimento con l’acronimo DOMA, fu approvata nel 1996, anno di una complicata campagna presidenziale, e sostenuta dall’allora presidente Bill Clinton: fu votata dal Congresso a larghissima maggioranza, sia dai democratici che dai repubblicani. Stabiliva che nel caso dei matrimoni gay venisse meno il vincolo di reciprocità che lega gli stati americani: cioè il meccanismo che fa sì che ogni stato riconosca i titoli di studio, i documenti d’identità, i benefit fiscali e pensionistici, i procedimenti giudiziari e lo status legale di tutti i cittadini, anche quelli degli altri stati. Occhio: si parla solo di cose che hanno a che fare con il governo federale – qui la lista di tutti 1049 benefit – non con quello dei singoli stati.

Per capirci: se oggi un matrimonio eterosessuale stipulato in Alaska viene riconosciuto a New York, con tutto quello che questo comporta in termini di accesso al welfare e altri diritti, a causa del DOMA questo principio non valeva per i matrimoni gay. La legge, inoltre, conteneva una definizione di matrimonio limitata alle unioni tra uomini e donne: il governo centrale, quindi, poteva parlare di matrimonio negli atti ufficiali riferendosi solo a quello eterosessuale. Ora non più.

(La dichiarazione di Obama sulle sentenze della Corte Suprema)

La legge era parsa subito avere una dubbia costituzionalità e negli anni, mentre vari stati americani legalizzavano il matrimonio omosessuale, molte coppie hanno fatto causa agli stati che non riconoscevano i loro diritti: i giudici federali a volte hanno accolto le loro richieste, a volte no, finché la storia non è arrivata alla Corte Suprema. Per molti anni in tutte le cause del genere l’avvocatura dello stato ha sempre difeso la legge in questione. L’amministrazione Obama nel febbraio del 2011 ha deciso di interrompere questa pratica e di considerare la legge ingiusta e incostituzionale, schierandosi di fatto dalla parte di chi ha fatto ricorso.

La sentenza sulla Proposition 8
La Corte Suprema doveva esprimersi oggi anche su un secondo caso relativo ai matrimoni gay. A maggio del 2008 la Corte Suprema della California ha stabilito che il divieto per gli omosessuali di unirsi in matrimonio non rispetta la Costituzione della California, legalizzando di fatto per via giudiziaria il matrimonio gay in tutto lo Stato. Circa sei mesi dopo si è tenuto un referendum sul matrimonio gay, promosso dai contrari alla sentenza della Corte Suprema – la cosiddetta “Proposition 8″ – e hanno vinto i Sì, cioè proprio i contrari. Il Congresso della California, recependo la volontà popolare, ha approvato quindi una legge che vieta i matrimoni gay, contraddicendo quanto aveva stabilito la Corte Suprema statale. Le domande poste alla Corte erano: la volontà popolare può contraddire la volontà della Corte Suprema statale? Il divieto dei matrimoni gay è effettivamente incostituzionale?

La Corte Suprema ha annunciato oggi che l’ultima parola su questo caso è quella dei tribunali statali californiani, che negli ultimi mesi hanno considerato invalida la legge frutto della Proposition 8: come ha dichiarato anche il governatore Edmund G. Brown Jr. dopo la decisione, in California i matrimoni gay tornano a essere legali.

foto: Mark Wilson/Getty Images