Il referendum sull’austerità

L'Irlanda vota il 31 maggio sul Fiscal Compact, che nel frattempo potrebbe cambiare: secondo i sondaggi i "sì" sono in vantaggio ma ci sono un sacco di indecisi

(AP Photo/Shawn Pogatchnik)
(AP Photo/Shawn Pogatchnik)

L’Irlanda è l’unico paese dell’Unione Europea che sottoporrà a referendum popolare il cosiddetto Fiscal Compact, ossia il Patto di Bilancio europeo approvato a inizio anno che fissa nuove norme e limiti ai bilanci e alle economie dei singoli stati. Il referendum si terrà il prossimo 31 maggio e questa data ieri è stata confermata dal vicepremier e ministro degli Esteri irlandese Eamon Gilmore, nonostante il nuovo presidente francese François Hollande abbia ripetuto più volte di voler rinegoziare il trattato. Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha già detto che il Fiscal Compact “non è negoziabile”, ma l’Irlanda corre comunque il rischio di tenere alla fine del mese un referendum su una versione dell’accordo destinata potenzialmente a cambiare. Hollande vedrà Merkel il 16 maggio, il giorno dopo il suo insediamento all’Eliseo.

In Irlanda i partiti di governo, ossia il Fine Gael del premier Enda Kenny e i laburisti di Gilmore, stanno facendo campagna per il “sì” al trattato, anche se proprio ieri Kenny ha detto di “sostenere fermamente Hollande nelle sue richieste per la crescita”. Secondo Kenny la crescita per l’Europa dovrà essere garantita da un nuovo trattato che andrebbe ad affiancare il Fiscal Compact già esistente. Un ultimo sondaggio vede il “sì” al Fiscal Compact in vantaggio con il 47 per cento delle preferenze di voto. Il “no” sarebbe al 35 per cento, ma la percentuale di indecisi (18 per cento) è molto alta e preoccupa il governo. Anche perché nel 2008 l’elettorato irlandese ha già detto di no a un altro trattato europeo, quello di Lisbona, poi ratificato grazie a un secondo referendum.

Uno dei partiti schierati decisamente per il “no” è l’ex braccio politico dell’IRA (Irish Republican Army), il Sinn Féin di Gerry Adams, che con il suo miscuglio di nazionalismo, socialismo e populismo sta cavalcando da tempo il sentimento popolare contrario alle misure di austerità. Secondo gli ultimi sondaggi Sinn Féin, che non si definisce antieuropeista anche se finora si è opposto a tutti i referendum su trattati europei, ora sarebbe il secondo partito d’Irlanda con il 21 per cento delle preferenze di voto. Negli ultimi tempi Sinn Féin si è opposto duramente ai nuovi tagli e tasse del governo Kenny, così come ha combattuto duramente la Household tax, una tassa sugli immobili, che a quanto pare quest’anno verrà boicottata da circa 500mila irlandesi.

Dopo il prestito internazionale del 2010 di 67,5 miliardi di euro che ha salvato il paese dalla bancarotta e dure misure di austerità, oggi l’economia irlandese sembra in leggera ripresa. Dopo una lunga recessione, nel 2011 il PIL irlandese è cresciuto dello 0,7 per cento (nei precedenti tre anni l’economia aveva subito una contrazione complessiva del 10,4 per cento), mentre quest’anno dovrebbe crescere ancora dell’1 per cento. Sta crescendo anche la fiducia dei consumatori. In estate l’Irlanda tornerà sui mercati, per finanziarsi di nuovo autonomamente dalla seconda parte del 2012 in poi. In quel momento sarà necessario aver già approvato il Fiscal Compact che, tra le altre cose, garantisce l’accesso all’European Stability Mechanism (ESM), ossia il nuovo fondo europeo di sostegno alle economie in crisi che sostituirà il vecchio EFSF (European Financial Stabilisation Mechanism). Con la protezione dell’ESM, infatti, l’Irlanda dovrebbe ottenere prestiti dagli investitori a interessi decisamente più bassi.

nella foto, un manifesto a Dublino invita a votare no al referendum (AP/Shawn Pogatchnik)