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  • Venerdì 13 gennaio 2012

Di nuovo massacri in Sudan del Sud

La riconciliazione del nuovo stato è già finita, e le violenze etniche riprese con villaggi distrutti e migliaia di morti

In this photo taken Saturday, Jan. 7, 2012 and released by the United Nations Mission in South Sudan (UNMISS), the burned village of Fertait is seen from the air, in Jonglei State, eastern South Sudan. Members of South Sudanese tribe the Merle, who were themselves targeted in massive cattle raiding attacks late last month that sent tens of thousands of villagers fleeing for their lives, have killed 22 people and burned down three villages of opposing tribe the Lou Nuer in new attacks, a state governor said Monday, Jan. 9, 2012. (AP Photo/UNMISS, Isaac Billy) EDITORIAL USE ONLY, NO SALES
In this photo taken Saturday, Jan. 7, 2012 and released by the United Nations Mission in South Sudan (UNMISS), the burned village of Fertait is seen from the air, in Jonglei State, eastern South Sudan. Members of South Sudanese tribe the Merle, who were themselves targeted in massive cattle raiding attacks late last month that sent tens of thousands of villagers fleeing for their lives, have killed 22 people and burned down three villages of opposing tribe the Lou Nuer in new attacks, a state governor said Monday, Jan. 9, 2012. (AP Photo/UNMISS, Isaac Billy) EDITORIAL USE ONLY, NO SALES

Solo sei mesi dopo la costituzione del nuovo stato del Sud Sudan, avvenuta dopo referendum democratico e che sembrava sancire un nuovo percorso pacifico in quella parte dell’Africa, la situazione è diventata di nuovo drammatica e sanguinosa. Gli scontri etnici sono ripresi con una serie di massacri e vendette che “né il governo appoggiato dagli Stati Uniti né le Nazioni Unite hanno potuto fermare”, spiega il New York Times. Piccoli eserciti e milizie attaccano i villaggi e le città impunemente, “a volte con chiari intenti genocidi”.

(Le foto della nascita del Sud Sudan)

La cittadina di Pibor è stata attaccata da ottomila combattenti, racconta l’articolo, che hanno lasciato centinaia di morti (forse migliaia) per le strade e dispersi nei dintorni dopo aver distrutto e saccheggiato. L’attacco era stato annunciato e le Nazioni Unite, che hanno tremila soldati nel Sud Sudan, ne avevano dislocati 400 nella zona: ma non sono intervenuti dichiarando il proprio numero insufficiente ad evitare il rischio di venire massacrati anche loro.

Un rappresentante dei combattenti Nuer, che hanno attaccato il popolo rivale dei Murle, ha dichiarato dagli Stati Uniti dove vive che “Li uccideremo tutti. Siamo stanchi”, precisando successivamente che si riferiva solo ai combattenti e non ai civili.

(Facce e storie del Sud Sudan)

Le violenze, interrotte dal referendum e dalle prospettive che sembrava portare, sono riprese subito dopo soprattutto vicino al confine col Sudan, dove i Murle hanno ucciso ad agosto 600 Nuer in un villaggio e avrebbero rapito molti bambini, scatenando le reazioni successive. Il governo del paese è in grande difficoltà nell’intervenire, a causa della sua composizione etnicamente frammentata che ha il sostegno dei diversi popoli coinvolti nelle violenze: il rilascio dei bambini è stato al centro di una rottura delle trattative avviate dal governo alla fine dell’anno passato.

La descrizione dell’inviato del New York Times dei corpi massacrati e feriti a Pibor è terribile: il conto dei morti è impossibile, ma può essere di migliaia. Gli osservatori dell’ONU hanno assistito ai roghi e alle vendette, con gli abitanti rintracciati e uccisi dai Nuer nella savana dove avevano cercato nascondigli e salvezza. Hilde F. Johnson, capo della missione ONU, ha spiegato che la protezione dei civili sarebbe stat possibile solo con “una capacità militare significativamente maggiore”. E si aspettano nuove aggressioni e vendette.